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Sequestro di persona e violenza a Napoli: quattro arresti per estorsione e lesioni

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Un episodio di estrema violenza scuote Napoli, con un sequestro di persona durato trenta ore che ha portato all’arresto di quattro persone. La vicenda ha avuto origine da una compravendita di cellulari andata male, sfociando in un caso di violenza e sevizie. La Squadra Mobile di Napoli, insieme alla Procura, ha indagato sull’accaduto, che rappresenta uno dei volti più cruenti della criminalità organizzata in città.

La vicenda

La vittima, un cittadino extracomunitario, è stata rapita e sottoposta a ripetuti pestaggi dopo aver venduto un lotto di cellulari non funzionanti. La risposta degli acquirenti è stata brutale: l’uomo è stato picchiato selvaggiamente, colpito con piastrelle sulla testa e sottoposto a bruciature con sigarette su arti e orecchie. Gli aguzzini sono arrivati persino a cavargli alcuni denti, in un’escalation di violenza degna dei peggiori film horror.

Il ricatto e l’intervento della polizia

Non vedendo rientrare la vittima a casa, i familiari hanno denunciato la sua scomparsa alla polizia, spiegando il contesto della vendita dei cellulari e fornendo dettagli cruciali. I sequestratori hanno poi contattato i parenti, richiedendo la restituzione del denaro in cambio del rilascio dell’uomo. Per dimostrare la loro serietà, hanno inviato foto della vittima, sanguinante e gravemente ferita, tramite WhatsApp.

Grazie a tecnologie all’avanguardia e alla collaborazione del Servizio Centrale Operativo, gli agenti sono riusciti a rintracciare il luogo del sequestro, un appartamento nel quartiere Mercato, zona “Case Nuove”. Qui hanno trovato uno dei sequestratori, un cittadino marocchino, mentre la vittima è stata liberata.

Un secondo sequestro

La vicenda non finisce qui. Le indagini hanno portato alla luce un secondo episodio di sequestro avvenuto pochi giorni prima, il 27 settembre, sempre nel quartiere “Case Nuove”. Questa volta, la vittima è stata imprigionata per circa dodici ore, torturata e abbandonata all’esterno dell’ospedale Fatebenefratelli, in fin di vita.

Anche in questo caso, il motivo del sequestro era legato a un’estorsione, con un debito che si aggirava intorno ai 300mila euro. Gli investigatori hanno collegato il caso al clan Contini, uno dei principali gruppi criminali della città, rivale dei Mazzarella. Per questo sequestro, sono stati arrestati tre soggetti, ma altri tre indagati, tra cui Nicola Rullo, reggente del clan Contini, risultano ancora latitanti.

Questi episodi di violenza mettono in luce la ferocia crescente della criminalità organizzata a Napoli. La polizia, con l’aiuto della Procura, continua a lavorare per fermare questa spirale di violenza, con l’obiettivo di riportare sicurezza e giustizia in una città che si trova a fronteggiare sfide sempre più difficili.

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Sequestrati ristorante e sushi-bar del boss nel Napoletano

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Hanno un valore commerciale pari a 600mila euro i due ristoranti riconducibili a Francesco Ferrara, elemento di spicco del clan Ferrara-Cacciapuoti, arrestato lo scorso anno e attualmente detenuto a Vicenza, sequestrati a Villaricca, in provincia di Napoli, dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli. I finanzieri hanno notificato un decreto emesso dal gip di Napoli su richiesta della Dda (pm Maria Sepe e Simona Rossi) nell’ambito di indagini che hanno già consentito di contestare a Ferrara, già rinviato a giudizio, il reato di associazione mafiosa.

I ristoranti i questione si chiamano “Pacos novantapuntoventi” (che ha una media di 400 coperti a sera nel weekend e circa 120 nei restanti giorni della settimana) e il ristorante di cucina giapponese “1Q84”. Ad eseguire gli accertamenti patrimoniali sono stati gli investigatori del Gico secondo i quali le società che gestiscono ristorante, sushi-bar e pizzeria, intestate a prestanome, sarebbero state acquistate con i proventi delle attività illecite del clan.

Le quote, i complessi aziendali e i patrimoni sociali delle imprese sono stati sequestrati e affidati ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla procura antimafia partenopea il clan Ferrara-Cacciapuoti è un gruppo malavitoso “bicefalo”: la famiglia Ferrara è ritenuta la frangia “a vocazione spiccatamente imprenditoriale, in particolare nel settore dell’edilizia, della ristorazione, degli idrocarburi e della commercializzazione di generi alimentari”.

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Orsa, treno Circum si guasta e passeggeri picchiano capotreno

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Il capotreno ed il macchinista di un treno della Circumvesuviana sono stati aggrediti ieri pomeriggio dai passeggeri che in seguito ad un guasto sono stati costretti a scendere dal mezzo e a camminare lungo i binari. E’ quanto rende noto il sindacato Or.s.a che annuncia per domani quattro ore di sciopero. “Ieri alle ore 17:30 circa il treno 1166, partito da Sorrento alle ore 16:38, si è bloccato dopo la fermata di Villa Regina, sulla tratta Pompei scavi-Torre Annunziata della linea ferroviaria Napoli-Sorrento – spiega il sindacato – Premesso che questo treno aveva già, prima della partenza da Sorrento, dei problemi tecnici seri ad uno dei due elettrotreni in composizione ed è partito solo perché il funzionario preposto alle manutenzioni, da Napoli, ha garantito al capotreno ed al macchinista che, con la metà dei motori funzionanti, non avrebbero avuto grossi problemi. Ovviamente sulla tratta dove c’era il maggiore stress per la “macchina”, anche un altro motore ha ceduto ed il convoglio è rimasto bloccato in piena linea”.

“Non staremo a raccontare le scene di panico e la penosa, ennesima, ‘processione’ dei viaggiatori a piedi sui binari, i social ne sono pieni. Stavolta però è successo qualcosa molto più pericoloso ed allarmante che vogliamo denunciare – aggiunge – Il capotreno ed il macchinista sono stati aggrediti e colpiti con calci e pugni da chi scendeva dal treno per allontanarsi sui binari. Solo il capotreno ha deciso di ricorrere alle cure ospedaliere, mentre il macchinista ha rinunciato, benché tra i due avesse avuto la peggio. Il treno è stato anche vandalizzato. Nulla è stato fatto, nessuna iniziativa è stata messa in campo dall’azienda, ed allora per protestare contro quanto è accaduto ieri con quella vile aggressione ai nostri colleghi, per portare all’attenzione di tutti abbiamo proclamato 4 ore di sciopero per domani 23.10.2024 dalle 8.20 alle 12.20”.

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Voto di scambio e clan, anche pressioni su vigile urbano solerte

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“Si rivolse a me con toni irriguardosi e alterati, invitandomi ad andare a fare le contravvenzioni da un’altra parte e non dare fastidio alle persone che stavano lavorando”. Figurano anche “anomale pressioni esercitate dal sindaco e dal vicesindaco” nei confronti di un vigile urbano “troppo solerte” negli atti dell’inchiesta dei carabinieri di Torre Annunziata e della Dda di Napoli sul voto di scambio politico-mafioso a Poggiomarino (Salerno) che ieri hanno portato ai domiciliari il sindaco Maurizio Falanga, il suo vice, Luigi Belcuore e l’imprenditore-faccendiere Franco Carillo, per gli inquirenti punto di contatto tra la politica e la camorra.

Il vigile troppo scrupoloso, nell’ottobre del 2022, sarebbe stato preso “in malo modo” da Falanga e da Belcuore durante i lavori di scavo per la metanizzazione, uno degli appalti finiti sotto la lente di ingrandimento della Dda: in sostanza il pubblico ufficiale, recatosi sul posto dove erano in corso le attività, rimase insospettivo dal fatto che per ripristinare il manto si stava asfaltando tutta la strada (150 metri di lunghezza e 6 di larghezza) invece che solo lo scavo laterale, “come invece era prassi”. Va sottolineato che nella strada in questione, peraltro, abitava un parente del vice sindaco. Il vice sindaco e assessore erano anche interessati alla gestione dei rifiuti a Poggiomarino che la precedente amministrazione, secondo quanto emerso da altre indagini, assicurava “previo pagamento di una tangente da 300mila euro”. A capo del clan che, sempre secondo gli investigatori, teneva sotto controllo l’amministrazione, era Rosario Giugliano, poi diventato collaboratore di giustizia, su cui pendeva un cumulo di pena pari a 227 anni, 7 mesi e 28 giorni di reclusione ma che, grazie alla cosiddetta dissociazione dalla vita mafiosa pregressa, ha ottenuto una condanna a 30 anni.

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