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Scoppia il ‘caso Degni’, il centrodestra attacca e la Corte dei Conti avvia una verifica

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Avvio del nuovo anno all’insegna delle polemiche. Non trascorrono neanche 24 ore dalla bufera scatenata dalla notizia del proiettile che ha ferito una persona, sparato dalla pistola di proprieta’ del deputato di FdI Emanuele Pozzolo la sera del veglione del 31 dicembre, che il dibattito politico torna a surriscaldarsi. Questa volta, pero’, a ‘parti invertite’, e ad insorgere e’ la maggioranza: nell’occhio del ciclone finisce il consigliere della Corte dei Conti Marcello Degni, ‘reo’ di aver scritto un post su X, la sera del 30 dicembre, dopo il via libera definitivo alla manovra, in cui criticava l’atteggiamento delle opposizioni che, a suo dire, hanno lasciato campo libero alla maggioranza.

Esperto di finanza pubblica e di procedure di bilancio, Degni sul suo profilo social si definisce ‘economista, di sinistra, disilluso dei partiti italiani’: e’ consigliere della Corte dei Conti dal 2017, su proposta dell’allora premier Paolo Gentiloni. Nel post incriminato Degni, chiamando direttamente in causa la segretaria del Pd Schlein, scrive: “Occasione persa. C’erano le condizioni per l’ostruzionismo e l’esercizio provvisorio. Potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata e gli abbiamo invece fatto recitare Marinetti”. E il centrodestra insorge. Bufera che costringe la stessa Corte dei Conti ad intervenire: “In merito a talune dichiarazioni rese da un magistrato – espresse su social media al di fuori di canali istituzionali e che non rappresentano in alcun modo posizioni dell’Istituto – informa che la questione verra’ esaminata in via di urgenza nella prossima adunanza del Consiglio di presidenza per le valutazioni di competenza”, spiega una nota della magistratura contabile.

“E’ inquietante che Marcello Degni, titolare del delicato ruolo di consigliere della Corte dei Conti, prenda posizioni estreme palesemente contrarie agli interessi dell’Italia, al punto che nessuno in Parlamento ha osato sostenerle”, afferma il capogruppo di FdI al Senato Lucio Malan. “Le affermazioni del consigliere Degni costituiscono una grave violazione del principio di terzieta’. La sua invasione del campo politico rappresenta un fatto gravissimo e dovrebbe indurlo a dimissioni immediate”, tuona il presidente dei deputati fratellisti, Tommaso Foti che auspica vengano assunte dalla Corte dei Conti “adeguate e perentorie iniziative”.

Netta presa di posizione anche da parte della Lega, che chiede le “immediate dimissioni” di Degni e una “presa di distanza del Pd”: “E’ un consigliere della Corte dei Conti super partes o un facinoroso esponente del Pd che auspica l’esercizio provvisorio per far schiumare di rabbia la maggioranza che invece ha lavorato nell’interesse del Paese? A giudicare da quanto emerso dai media, Degni preferisce mettere in ginocchio l’Italia pur di fare becera opposizione a questo governo. Complimenti”, scrivono in una nota congiunta i capigruppo leghisti Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari.

Degni “si dimetta e lasci il posto ad un collega che non faccia l’ultra’ del Pd. Schlein e compagni cosa dicono?”, rincara il vicesegretario della Lega Andrea Crippa. Marco Lisei, capogruppo FdI in Commissione Affari Costituzionali a Palazzo Madama, annuncia la richiesta di audizione di Degni. Sulla vicenda interviene anche Forza Italia e i toni non sono certo piu’ teneri: l’auspicio e’ che le parole di Degni “siano un fake, o un falso, realizzato abusando della sua identita’ elettronica. Non e’ infatti possibile che un consigliere della Corte dei Conti, peraltro su mezzi pubblici, dia luogo ad affermazioni cosi’ offensive nei confronti del governo e quindi di organi costituzionali”, scandisce il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri.

“Le parole” di Degni “sono incompatibili con la funzione che esercita e ledono il buon nome dell’istituzione che e’ chiamato a rappresentare. Complimenti al Pd per averlo scelto. Ora auspico che vengano presi al piu’ presto i provvedimenti necessari affinche’ sia rimosso dal proprio ruolo”, scandisce Chiara Tenerini, responsabile del dipartimento Lavoro di Forza Italia.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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