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Scontro Erdogan-Netanyahu a colpi di Saddam e Hitler

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Israele vede nel futuro del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, il baratro dove è caduto il rais di Baghdad, Saddam Hussein, mentre per la Turchia il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, farà la fine di Adolf Hitler. Si inaspriscono ulteriormente i toni tra Ankara e Tel Aviv mentre la crisi tra i due Paesi è diventata ancora più profonda dopo che Erdogan ha evocato la possibilità di invadere lo Stato ebraico. “Come è finito il genocida Hitler, allo stesso modo finirà il genocida Netanyahu. Come i nazisti sono stati ritenuti responsabili, anche coloro che distruggono i palestinesi saranno ritenuti responsabili”, ha dichiarato il ministero degli Esteri di Ankara rispondendo al capo della diplomazia israeliana, Israel Katz, secondo il quale, minacciando di attaccare Israele, Erdogan stava seguendo le orme di Saddam Hussein. “Lasciategli solo ricordare cosa è successo lì e come è finita”, ha scritto il ministro degli Esteri di Netanyahu mentre il leader dell’opposizione nella Knesset, Yair Lapid, ha affermato che “Israele non accetterà minacce da un aspirante dittatore”.

La nuova rottura tra Turchia e Israele, che si trovano in crisi a partire dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, arriva dopo che Erdogan si è spinto dove mai era arrivato prima, minacciando l’invasione dello Stato ebraico. “Come siamo entrati nel Karabakh e in Libia, potremmo fare lo stesso con loro. Niente è impossibile. Dobbiamo essere forti per fare tali passi”, ha dichiarato il leader turco, citando l’invio delle truppe di Ankara in Libia a partire dal 2020 e il sostegno militare offerto all’Azerbaigian, nello stesso anno, durante il conflitto con l’Armenia nella regione disputata del Nagorno-Karabakh. Mentre non ci sono state reazioni da parte degli Alleati della Turchia nella Nato, dall’Unione europea o dagli Stati Uniti, le dichiarazioni del Sultano non sono passate inosservate e hanno ricevuto l’attenzione della stampa internazionale, sebbene non siano state rilasciate a reti unificate ma durante una riunione della sezione provinciale del partito Akp del leader turco a Rize, la città sul Mar Nero di cui la famiglia di Erdogan è originaria. Molti analisti turchi non ritengono comunque che le parole del presidente siano da prendere alla lettera.

“Se avesse voluto dare un annuncio così critico non sarebbe stato ad un incontro provinciale dell’Akp a Rize ma dopo una riunione di gabinetto o un incontro del Consiglio di Sicurezza”, ha affermato Yusuf Erim, direttore di Trt World, canale in lingua inglese della tv di Stato turca e noto per le sue posizioni fortemente filo governative. Le frasi di Erdogan sono in linea con la retorica che ha tenuto dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e che è stata inasprita in seguito alla sconfitta alle amministrative di marzo in Turchia. Dopo avere perso varie città a favore di un partito di opposizione di area islamista e molto critico contro Israele, lo Yeniden Refah Partisi, il presidente turco non solo ha accentuato le sue invettive contro Netanyahu, per cercare di recuperare consenso in patria, ma ha anche dichiarato in maggio la fine del commercio con Israele, che finora resta il passo concreto più netto da parte di Ankara contro lo Stato ebraico.

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Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

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Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

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Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

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Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

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New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

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Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

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