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Scontri fra milizie a Tripoli insidiata da Haftar

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Nell’intermittente caos della Libia, spaccata ormai da un decennio, c’è stata una una nuova fiammata di sanguinosa violenza – con quasi dieci morti e numerosi sfollati – causata da scontri tra due milizie che appoggiano il Governo di unità nazionale del premier libico Abdelhamid Dbeibah insediato a Tripoli. Anche se i combattimenti all’estrema periferia est della capitale libica sono stati fermati attraverso un accordo, il Paese nordafricano a 500 km dalla Sicilia ha dato un ulteriore segnale di instabilità.

Questo proprio mentre il generale Khalifa Haftar – l’uomo forte dell’est della Libia e signore della guerra anche per procura della Russia – conduce da giovedì una campagna nel sud-ovest del Paese, considerata da analisti citati da Le Monde come “preludio” a un suo nuovo assalto a Tripoli dopo quello fallito quattro anni fa. Insomma una terza guerra civile libica dopo quelle del 2011 e del 2014-2020. Gli scontri nell’area di Tagiura, città a circa 25 km dal centro di Tripoli, erano scoppiati venerdì a metà giornata tra la brigate “Rahbat al-Dourou” e la “Shouhada Sabriya” con una breve ripresa sabato mattina. Il bilancio di sangue è di nove morti ed è stato necessario evacuare 72 famiglie dalle zone di combattimento.

Per precauzione l’Università di Tripoli ha sospeso esami e lezioni. Un bilancio tutto sommato contenuto rispetto alle almeno 55 vittime e ai circa 160 feriti dei due giorni di scontri fra la 444/a Brigata e la “Sdf” scatenatisi alla metà dell’agosto scorso in uno dei tanti attriti fra milizie rivali della capitale libica in azione spesso fuori dal controllo del governo. Una forza militare sotto l’autorità del capo di stato maggiore e del ministero della Difesa di Tripoli è intervenuta per fermare gli scontri, ha sottolineato una fonte dell’esecutivo ammettendo però che la mediazione è stata condotta da “altri gruppi armati”.

La debolezza di Dbeibah riemerge proprio mentre Haftar, col figlio Saddam a supervisionare gli spostamenti sul campo, è al terzo giorno della vasta operazione lanciata per “mettere in sicurezza le frontiere” con Tunisia e Algeria, come ha annunciato lo stesso generale lasciando intendere un accerchiamento anche da ovest dell’area controllata da Tripoli.

Manovre di rilevanza per gli equilibri mondiali: Haftar “ha consolidato la sua posizione come un altro proxy del Cremlino” il quale “ha aumentato la sua presenza militare nella Libia orientale”, come ha ricordato la settimana scorsa il think-tank filo-israeliano Washington Institute riferendosi all’Africa Corps, la formazione paramilitare che ha preso il posto della Wagner dopo la morte dei suo capo Yevgeny Prigozhin quasi un anno fa.

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Breton: von der Leyen non mi voleva, gestione dubbia

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Il francese Thierry Breton accusa Ursula von der Leyen di aver chiesto a Parigi di sostituire il suo nome nel quadro dei negoziati per la formazione della nuova Commissione Ue. Sviluppi che “testimoniano ulteriormente una governance dubbia” e che lo hanno portato alle dimissioni. “Lei ha chiesto alla Francia di ritirare il mio nome – per ragioni personali che in nessun caso lei ha discusso con me direttamente – e ha offerto alla Francia, come scambio politico, un portafoglio che sarebbe più influente. Le sarà ora proposto un altro candidato”, si legge nella lettera di dimissioni di Breton indirizzata a von der Leyen.

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Kiev invita Onu e Croce Rossa nella zona occupata del Kursk

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Il nuovo ministro degli Esteri dell’Ucraina, Andriy Sybiha, ha invitato le Nazioni Unite e il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) a visitare la porzione della regione russa di Kursk che le truppe di Kiev occupano. “L’Ucraina è pronta a facilitarne il lavoro ed a provare che rispetta il diritto umanitario internazionale” in quel territorio russo, ha scritto Sybiha su X.

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Comore, il presidente Assoumani accoltellato: è fuori pericolo

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Il presidente delle Comore, Azali Assoumani, è “fuori pericolo” dopo essere stato ferito venerdì in un attacco con coltello da parte di un poliziotto di 24 anni che è stato trovato morto nella sua cella il giorno dopo. Lo rendono noto le autorità dello Stato africano insulare, citate dai media internazionali. L’attentato è avvenuto intorno alle 14 ora locale a Salimani Itsandra, subito a nord della capitale Moroni. “Il presidente sta bene. Non ha problemi di salute, è fuori pericolo. Gli sono stati dati alcuni punti di sutura”, ha detto ieri sera il ministro dell’Energia comoriano Aboubacar Said Anli in una conferenza stampa. Azali è stato aggredito mentre partecipava a un funerale. Il movente dell’attacco non è stato ancora determinato.

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