Dalla Lega del capitano alla Lega del generale. Va in scena a Pontida Roberto Vannacci (nella foto di Imagoeconomica in evidenza) e diventa la star del giorno. Osannato dal popolo leghista sulla terra più sacra al partito, che per la prima volta lo accoglie nel suo raduno. Al generale dell’esercito, volato a Bruxelles con il record di voti, vanno i cori da stadio (“Un generale, c’è un solo generale!”).Ma anche la corsa ai selfie, le strette di mano, i baci delle signore padane stampati col rossetto. Lui si vanta delle impronte sulla guancia, li chiama “medaglie”.
E le mostra orgoglioso al circo mediatico che lo assedia dalla mattina al pomeriggio, per dire: “Vedete quanto calore. Dimostra che sono già nella comunità della Lega, anche se non ho la tessera. Quella è un atto formale, vedremo”. Risposte e principi che Vannacci dispensa da un predellino improvvisato (un nascondi cavi rialzato, vicino allo stand del suo libro ‘Il mondo al contrario’) su cui sale per farsi sentire meglio. Non ha paura della ressa nè del fango che mette in pericolo tutti sul pratone. “Non è un assedio ma un piacevole momento”, spiega con il sorriso largo.
Insomma per ora basta così, sembra dire. Anche senza tessera, a Pontida è Vannacci a incarnare l’anima sovranista della Lega. Salvini quella del partito nazionale. E pazienza se l’ultimo arrivato ruba la scena al segretario per un giorno. Succede plasticamente quando, al termine del raduno, i due si incrociano sotto il palco. Salvini è lì dopo aver ringraziato gli ospiti stranieri, gli alleati venuti da mezza Europa per sancire la santa alleanza dei patrioti. Vannacci, che sta dribblando militanti e giornalisti a cui ha dato appuntamento sull’altro lato del prato, lo saluta. Poi prosegue,seguito da tutto il codazzo di fan e telecamere. Calore e vicinanza che il militare si prende anche sul palco.
Parla dopo i ministri, prima dei leader stranieri, e respinge le accuse di aver usato la Lega come un taxi per il Parlamento europeo: “Invece no. Io sono qua, io ci credo nella parola data e nell’onore”. Pioggia di applausi e bandiere festanti. Quindi, incita i ‘suoi’ ad andare avanti con le battaglie sovraniste e li arringa soprattutto sulla cittadinanza: “La cittadinanza è l’eredità che ci siamo guadagnati con i nostri nonni sul Carso e i nostri padri attraverso sacrifici e lavoro”. Perciò chiede alla platea: “Voi se andate in Arabia saudita, dopo 5 anni vi sentireste arabi?”. Successivamente alla stampa che lo punzecchia proprio sullo ius scholae, lanciato ieri dall’alleato e vicepremier forzista Antonio Tajani, risponde secco: “Tajani ha espresso un’idea che può essere condivisa o meno, io non la condivido”. I leghisti attorno apprezzano, e parte di nuovo il coro.