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Schlein a Meloni: non sono un jukebox, risposte dalle tu

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Di piazza in piazza, di giorno in giorno, la presidente del consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein spingono la lotta di questa ultima settimana di corsa verso Bruxelles. Per rispondere alla premier, Elly Schlein non ha aspettato il comizio romano al Testaccio di chiusura della campagna nel Lazio. A metà pomeriggio, in tv, ha giocato la carta del rilancio. Meloni le chiede se anche lei pensa che il governo non sia democratico? “La presidente del Consiglio inventerebbe qualunque scusa ogni giorno per distogliere l’attenzione degli italiani dalla questione sociale, salariale e della sanità pubblica. E’ un giochino che fa tutti i giorni. Ma io non sono un jukebox che parla al comando, è lei che deve dare risposte”.

Dentro c’ha messo tutto, anche una frecciata al “sono quella stronza della Meloni” che la premier ha rinfacciato al governatore campano, Vincenzo De Luca, e che FdI ha ormai adottato quasi come uno slogan: “Ogni giorno Meloni ne inventa una – ha detto Schlein – ma agli italiani che fanno fatica ad arrivare a fine mese delle sue ripicche personali non importa nulla”. E comunque sì, se proprio lo deve dire, un po’ di preoccupazione per la tenuta della democrazia ce l’ha.

“E’ impossibile parlare di Costituzione e Repubblica senza parlare della nostra contrarietà alla pericolosa riforma del premierato che indebolisce il Parlamento e il Presidente della Repubblica – ha spiegato Schlein – Come siamo contrari all’autonomia differenziata, che spacca il Paese”. Poi l’affondo: “La linea rossa è l’elezione diretta del presidente del consiglio. Scardina l’equilibrio fra i poteri. La democrazia è la possibilità dei cittadini lungo i 5 anni di incidere sulle decisioni di chi li rappresenta, col Parlamento” ma col premierato il Parlamento “è schiavo del capo del governo”. Anche il presidente del M5s, Giuseppe Conte, ha spinto sul punto: “Il premierato non esiste da nessuna parte del mondo. Anche in Russia votano Putin plebiscitariamente e mettono una x, ma non si può chiamare democrazia… Una riforma dove il Capo dello Stato diventa un cerimoniere, non puoi chiamarla democrazia”.

Pd e M5s sono dalla stessa parte anche nel “No” alla riforma della Giustizia: “La strada della separazione delle carriere è un vecchio piano di Licio Gelli – ha detto Conte – che vuole in prospettiva arrivare a mettere le procure sotto il controllo del governo”. Simmetrie che Schlein non vuol far cadere: “Il Pd è un partito unito, compatto, plurale, che tiene insieme la speranza di costruire una alternativa alla destra che governa il Paese”.

Col M5s, prima di tutto. Intanto c’è l’Europa, però. E là le alleanze sono più chiare. Almeno sulla carta. Schlein ha ribadito: anche in Ue “una cosa è certa: non saremo disposti ad accordi a con la destra nazionalista. Né con Meloni, né Le Pen-Salvini”. Ed è “grave che von der Leyen voglia” governare cercando “anche i loro voti”. Dal palco del Testaccio, ce n’è anche per Matteo Salvini e per chi nella Lega parla di dimissioni del presidente della Repubblica: “E’ gravissimo l’attacco che oggi è arrivato dalla Lega” a Sergio Mattarella, un attacco “senza precedenti. Vorrei che la premier si esprimesse e prendesse le distanze. Lo facciamo noi ringraziando il Presidente della Repubblica”.

E poi, in chiusura di comizio, l’ultima toccata: “Ho sentito un attacco arrivare dalla premier da Madrid, fra nostalgici della dittatura franchista, ognuno si sceglie le compagnie che vuole. Ha detto che la sinistra cancella le identità. Guardando questa bella piazza sono convinta che tutti siate molto orgogliosi della nostra identità antifascista come lo è la nostra Costituzione e l’Europa federale”. Applausi al Testaccio. La piazza non è gremitissima, ma è piena. Il colpo d’occhio c’è. Finale sulle note di Bella Ciao e sulle canzoni di De Gregori. Niente “Generale”, quello il Pd lo lascia alla Lega. Meglio: Viva l’Italia.

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Settimana della verità per il M5S, c’è il divorzio con Grillo che preoccupa

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Per il Movimento 5 Stelle è iniziata una settimana cruciale, durante la quale si delineerà il futuro del partito. Dopo la campagna di ascolto della base, che ha coinvolto 300 militanti estratti a sorte e 60 tra “saggi” e giovani, sono stati selezionati 12 temi chiave che verranno discussi all’Assemblea costituente in programma a Roma il 23 e 24 novembre. Oggi, il Consiglio nazionale del partito si riunirà per definire ulteriormente il percorso.

Verso una riforma profonda per il M5S

Da mercoledì a venerdì, il Movimento renderà noti i quesiti che saranno oggetto di voto, ciascuno legato ai 12 temi individuati. Questi quesiti mirano a innescare una “profonda riforma” per rilanciare il M5S, come annunciato dal leader Giuseppe Conte. Negli ultimi anni, infatti, il Movimento ha registrato un costante calo di consensi: dal 32,7% ottenuto alle Politiche del 2018, è sceso al 17,1% alle Europee del 2019, fino al 15,4% alle Politiche del 2022, per poi precipitare sotto la soglia del 10% alle Europee del giugno scorso.

Caduta e tentativo di rilancio

La crisi di consenso ha accelerato la volontà di Conte di rinnovare il partito per evitare ulteriori perdite di leadership. A peggiorare la situazione, i risultati delle recenti Regionali in Liguria, con il 4,6% dei voti, mentre il prossimo test elettorale in Emilia-Romagna e Umbria, previsto per il 18 novembre, potrebbe rappresentare un ulteriore banco di prova.

Quesiti e decisioni in bilico

L’Assemblea costituente avrà il compito di determinare i dettagli della riforma, e la formulazione dei quesiti da votare rimane una questione aperta. Giuseppe Conte, in qualità di presidente, potrebbe assumersi la responsabilità dell’ordine del giorno, ma per evitare polemiche è più probabile che la redazione dei quesiti sia affidata a un gruppo rappresentativo del Movimento. La questione centrale è il ruolo del “garante” e la possibile rimozione di Beppe Grillo, in rotta con Conte per il controllo del partito.

Un altro punto delicato è la proposta di cambiare il nome e il logo del Movimento, anche se questa ipotesi appare meno probabile nelle ultime ore, poiché abbandonare il marchio M5S potrebbe risultare controproducente.

Dimezzamento della case attiva nelle regioni del Sud

Un dato significativo emerso di recente riguarda la base attiva del Movimento: in regioni chiave come Campania, Calabria, Puglia e Basilicata, i militanti sono passati da 45.600 a 24.865. Mentre gli uomini vicini a Conte considerano questa riduzione come una selezione naturale della base realmente attiva, gli avversari interni lo interpretano come una strategia per ridurre le contestazioni da parte dei sostenitori di Grillo.

“Il nostro lavoro è concluso, la cessione di sovranità finisce qui”, ha dichiarato Iolanda Romano, fondatrice di Avventura Urbana, la società che ha gestito la campagna di ascolto, passando ora la “palla” al M5S.

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De Luca: il futuro della Campania si decide a Napoli non a Roma

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“Il futuro della Campania si decide a Napoli, non a Roma. Ci sono esponenti politici nazionali che non sanno neanche come si arriva a Napoli, avete mai sentito qualcuno parlare dei nostri problemi e dei nostri figli? Parlano della nostra regione senza conoscere il nostro territorio”. Così il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (foto Imagoeconomica in evidenza), intervenendo alla festa dell’Avanti a Pomigliano d’Arco (Napoli), e sottolineando che “non esiste più una coalizione di centrosinistra. Siamo messi peggio del 2022 – ha aggiunto – e vorrebbero decidere a Roma il destino della Campania. Solo il Psi mantiene una propria autonomia storica, manteniamoci riformisti almeno noi”. “Avete mai sentito qualcuno della sinistra storica parlare di sicurezza?”, ha proseguito il governatore campano.

“La sicurezza non coincide con la repressione. Il tema della sicurezza, con quello che sta succedendo alle giovani generazioni, è diventato un’esigenza umana fondamentale e primaria, ma è un tema che è completamente fuori del programma di un centro sinistra alternativo al governo nazionale”. Secondo De Luca “siamo in grandissima difficoltà e se non recuperiamo questi vuoti di programma, non ci sarà l’alternativa al governo”. Parlando poi di elezioni, De Luca ha detto che anche “quelli che non vengono eletti dai cittadini possono fare i deputati, i senatori. Lo fanno, senza essere eletti da nessuno. Questo è un Paese di dementi, si sono inventati quest’altra imbecillità del potere monocratico, ma l’unico potere monocratico è quello del Papa, e pure lui deve stare attento”, ha proseguito, sottolineando che un presidente di Regione “può essere sfiduciato domani mattina e se ne torna a casa”. “Hanno inventato idiozie totali – ha aggiunto De Luca – per giustificare questa immensa ipocrisia per la quale i gruppi dirigenti a Roma hanno una sola preoccupazione, cioè come candidarsi alle elezioni successive e proteggersi la poltrona”.

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Brunetta: serve un piano d’azione per i salari

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“Il 15 novembre scadono i termini per recepire la Direttiva europea 2022/2041 sui salari minimi adeguati. L’Italia, come molti altri Stati membri, è in ritardo rispetto all’appuntamento. L’accesa controversia tra le forze politiche ha finito per agevolare letture parziali e strumentali dei contenuti della direttiva, dando così luogo a una deleteria situazione di stallo”. Così il presidente del Cnel Renato Brunetta in un articolo scritto con Michele Tiraboschi pubblicato oggi sul Sole 24 Ore.

“Un muro contro muro che non serve a nulla e che fa male al funzionamento del nostro sistema di relazioni industriali. Il Cnel ha evidenziato i tanti punti di convergenza possibili sui contenuti della direttiva. Tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione non negano, infatti, la persistente centralità della contrattazione collettiva nella fissazione dei trattamenti salariali e nella regolazione dei rapporti di lavoro. E questo è indubbiamente il tema centrale della direttiva, al punto di suggerire agli Stati membri di istituire un piano nazionale d’azione a sostegno della contrattazione collettiva. È una soluzione particolarmente utile in un Paese come il nostro, che già prevede un alto tasso di copertura della contrattazione nazionale”.

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