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Schiavi dell’Algoritmo, ecco perchè colossi dell’economia digitale come Amazon e Facebook ringraziano e ingrassano

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Nelle narrazioni della fantascienza pessimista, il futuro è stato sempre dominato da robot impazziti, devastato da sconvolgimenti naturali oppure azzerato da una guerra mondiale. Ma si sa, la realtà può superare le fantasia, ed allora ecco che nell’Anno del Signore 2021 chi ci governa sono loro, gli Algoritmi. Evidentemente, chi come il sottoscritto non ha mai amato la matematica, forse percepiva tale nefasta possibilità. Eravamo dei sensitivi e non lo sapevamo.

Sebbene nell’ultimo decennio la tutela del Lavoro in Italia abbia subito forti contraccolpi, in particolare con la Legge Fornero (n. 92 del 28/06/2012) ed il successivo Jobs Act  (Legge n. 183 del 10/12/2014) voluto dal buon Renzi, che “ovviamente” si sono abbattuti in negativo sulla parte più debole, ossia chi fatica e sgobba, nel nostro Paese come in tutta Europa, resistono ancora impianti legislativi importanti e sicuramente migliori, di gran lunga migliori, di quelli vigenti nella iper capitalista realtà USA, dove dalla sera alla mattina sei licenziato e buttato letteralmente in mezzo alla strada o, peggio, di quelli della Cina comunista, che non manca di confermarsi sistema medioevale anche in tal settore sociale.

Tuttavia, proprio i colossi imprenditoriali americani come Amazon, Facebook, Google e “company”, poi immancabilmente copiati dai rivali cinesi, che hanno monopolizzato il mercato mondiale con i loro servizi, riescono ad imporre anche nella nostra realtà nazionale, ancora ad oggi, aspetti di sfruttamento del lavoro e di posizione sostanzialmente monopolistica, confermandosi così alieni a quelle regole che di contro valgono per tutti gli operatori nostrani che si rivolgono all’utenza italiana.

Leggiamo con orrore, ma purtroppo non più con stupore, proprio dalle pagine di Juorno (vedi redazionale “USA, Amazon ammette: a volte i nostri autisti fanno la pipì nelle bottiglie per fare presto le consegne” del 04/04/2021) come dagli States trapelano pesanti indiscrezioni sulle attività degli trasportatori  Amazon, costretti a turni di consegna talmente fitti ed estenuanti da costringerli a fare i loro bisogni in bottiglie di fortuna! In Italia le cose non vanno meglio, e sempre più spesso vediamo sfrecciare ad alta velocità furgoni di vari gruppi distributivi internazionali, condotti quasi sempre da giovani malcapitati, che sono diventati un vero pericolo stradale per loro stessi e per gli altri. Di chi è la colpa? Ovviamente dell’Algoritmo ci rispondono i magnati delle nuove imprese. Tuttavia non ci dicono come mai queste funzioni matematiche, guarda caso, tendono sempre al risultato del massimo profitto aziendale, con buona pace di lavoratori sempre più sfruttati. Con l’aggravante che se ad esempio negli USA o nell’Europa d’Oltralpe, il mercato del lavoro è reale, e ci sono dunque concrete possibilità di cambiare mestieri e professioni, nella nostra penisola invece chi ha la fortuna, chiamiamola così, di ottenere un qualsiasi impiego, accetta condizioni inique  nella consapevolezza di non poterne trovare quasi sicuramente un altro. 

Cosa manca allora? Si potrebbe ripartire dall’obbligo da parte di queste mega società, di avere una sede o una rappresentanza italiana che imponga loro, innanzitutto, di essere sottoposte ai controlli diretti delle nostre Autorità, sia Giudiziarie che Amministrative, perché troppo spesso, con una comoda sede anche nella UE, magari in Irlanda come in Bulgaria, riescono non solo a sottrarsi alle regole imposte a tutti gli altri imprenditori operanti in Italia, ma riescono finanche a non versare un centesimo al fisco del Belpaese, pur raccogliendo qui miliardari profitti delle loro attività. E se tanto l’Europa non consente, allora sarebbe giunto il momento di chiedere a Bruxelles interventi comunitari più incisivi e soprattutto immediati.

Anche se moltissimo allora c’è da fare, anche a livello sovranazionale invero qualcosa si muove, come nel caso della sentenza resa dalla Corte di Giustizia UE del 14/09/20217 (Cause Riunite C-168/16 e C-169/16) che ha riconosciuto la giurisdizione dei Tribunali nazionali e l’applicazione della legge di quello stato, in favore dei dipendenti di società con sedi in altri Paesi (in questo caso la resistente era Ryan Air e chiedeva, ma appunto senza successo, di essere giudicata in Irlanda avendo sede principale a Dublino e non nel Belgio, dove era stata citata in giudizio). Buoni segnali dalla UE giungono anche attraverso la proposta dei pacchetti regolamentari di recente varati dalla Commissione, come il Digital Services Act (DSA) ed il Digital Market Act (DMA), incubatori di regole più eque, che vogliono dare maggior forza all’utente online, spesso schiacciato dalle illegittime pratiche dei giganti del web, privi di proporzionate possibilità di interlocuzione o contrattazione. Purtroppo tali norme dovranno però essere recepite dai singoli Stati dell’Unione, cosa questa che potrebbe farci perdere tanto altro tempo prezioso (Vedi su Juorno del 18/02/2021: “Se Facebook perde il controllo”).

Resta dunque pur sempre difficile confrontarsi con tali colossi mondiali, dove solo per esporre un problema o segnalare un disguido, si è costretti a fare riferimento a sedi (e legislazioni) sparse prevalentemente in altre nazioni Europee o addirittura in altri continenti, e tanto ciò esclusivamente attraverso l’uso della lingua inglese, con tutti gli ovvi ostacoli ed aggravi del caso, che spesso fanno desistere la maggior parte degli utenti e consumatori dal proteggere i loro sacrosanti diritti ed interessi, anche se ingiustamente violati. Figuriamoci se poi il nostro contraddittore si trasforma in un Algoritmo.

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Proteine e test per diagnosi, nuove frontiere sulla Sla

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Nove progetti di ricerca sulla Sla, dallo sviluppo di un nuovo test diagnostico all’identificazione di possibili biomarcatori tramite lo studio del ruolo svolto dal muscolo scheletrico nella malattia. Con un finanziamento di 840mila euro, AriSLA, Fondazione italiana di ricerca per la Sla Ets, supporterà i progetti, coinvolgendo 15 gruppi di lavoro distribuiti in sette diverse regioni italiane Tra i nuovi studi, due sono quelli quelli ‘full grant’, cioè che sviluppano ambiti di studio promettenti, basati su solidi dati preliminari. ‘Defineals’, coordinato da Gianluigi Zanusso dell’Università di Verona, ha l’obiettivo di sviluppare un test affidabile per diagnosticare e monitorare la progressione della Sla correlata a TDP-43, una proteina che in condizioni normali svolge un ruolo fondamentale in diverse funzioni cellulari, e nei pazienti con Sla risulta aggregata.

Saranno raccolti tramite tampone nasale campioni da 60 pazienti con diagnosi di probabile Sla e da 60 soggetti controllo (30 controlli sani e 30 con altre patologie neurologiche). Per la ricerca della proteina TDP-43 sui campioni saranno effettuati studi immunocitochimici e molecolari. Il progetto ‘MoonAls’, coordinato da Giovanni Nardo dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs di Milano, studierà la fisiopatologia della Sla indagando il ruolo svolto dal muscolo scheletrico nella malattia per identificare possibili biomarcatori. In particolare, nei modelli murini a lenta e rapida progressione e nelle colture cellulari verranno studiate le molecole rilasciate dalle cellule satellite, ossia le cellule staminali del muscolo scheletrico, per verificare se possono contrastare l’atrofia muscolare indotta dalla Sla.

Infine, sarà valutato l’effetto del trapianto di cellule satellite sull’atrofia muscolare e sulla progressione della Sla in modelli murini. Gli altri sette progetti sono ‘Plot Grant’, ossia studi esplorativi con lo scopo di sperimentare idee innovative. ‘Flygen’, coordinato da Arianna Manini dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, intende identificare nuove cause genetiche di Sla in pazienti con un’alta probabilità di avere mutazioni genetiche, come quelli con forte storia familiare di Sla o esordio estremamente precoce, sinora non diagnosticati dal punto di vista genetico. Tra questi, anche il progetto coordinato da Riccarda Granata dell’Università degli Studi di Torino, nel quale saranno valutati gli effetti protettivi della molecola Mr-409, e quello coordinato da Antonio Orlacchio dell’Università di Perugia, con il quale si mira a identificare nuovi geni correlati alla Sla giovanile.

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Cop29, respinta ipotesi di aiuti per 300 miliardi

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Alla Cop29 di Baku i paesi ricchi provano a chiudere l’accordo sul fondo di aiuti climatici, alzando l’offerta a 300 miliardi di dollari all’anno dal 2035. Ma ai paesi più poveri sembrano ancora troppo pochi: così lasciano il tavolo delle trattative, anche se non escono dal negoziato. La situazione è confusa, le riunioni si susseguono. In serata viene fissata una nuova assemblea plenaria. La Cop29 doveva chiudersi venerdì. Ma l’accordo sugli aiuti climatici (il dossier più importante) non è stato raggiunto, e la conferenza è stata prolungata ad oggi. Venerdì era stata pubblicata una bozza di documento finale sulla finanza, con un compromesso proposto dalla presidenza azera. I paesi sviluppati si impegnavano a versare 250 miliardi di dollari all’anno dal 2035 in aiuti ai paesi in via di sviluppo per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico. Questa cifra era fatta di contributi pubblici a fondo perduto, ma anche di prestiti da banche multilaterali di sviluppo e banche private. La proposta era stata respinta dai paesi emergenti e in via di sviluppo del G77+Cina.

Questi chiedono 1.300 miliardi di dollari all’anno dal 2025, prevalentemente in contributi pubblici a fondo perduto, e sostengono che non si possa scendere sotto 300 miliardi all’anno dal 2030 e 390 dal 2035 (le cifre minime di aiuti indicate da uno studio di consulenti della Cop). Oggi i paesi sviluppati hanno provato ad alzare l’offerta, arrivando a 300 miliardi. In più, hanno precisato nella bozza che i paesi in via di sviluppo possono erogare aiuti, ma non hanno alcun obbligo, e i loro soldi non rientrano nel conteggio dei 300 miliardi. Un modo per accontentare la Cina, che per l’Onu risulta ancora paese in via di sviluppo: Pechino vuole erogare i suoi aiuti senza avere vincoli. La bozza accontenta anche l’Arabia Saudita, perché non aumenta gli impegni di decarbonizzazione rispetto a quanto deciso l’anno scorso alla Cop28 di Dubai. La Ue ha dovuto cedere su questo, come pure su diritti umani e delle donne, citati in modo generico.

Ma il gruppo dei paesi meno sviluppati (Ldc) e quello dei piccoli stati insulari (Aosis) hanno bocciato anche questa proposta. “Siamo temporaneamente usciti, ma rimaniamo interessati nei negoziati finché non otteniamo un accordo equo”, ha scritto su X Jiwoh Emmanuel Abdulahi, ministro dell’Ambiente e del cambiamento climatico della Sierra Leone. Cedric Schuster, presidente dell’Alleanza dei piccoli stati insulari (Aosis), in un comunicato ha detto che “siamo usciti dalle discussioni in stallo sull’Ncgg (l’obiettivo di finanza climatica, n.d.r.), che non stava offrendo alcun progresso. Ci siamo ritrovati continuamente insultati dalla mancanza di inclusione, le nostre richieste sono state ignorate”. “Un’altra Cop sta fallendo – ha commentato Greta Thunberg su X -. La bozza attuale è un completo disastro”. Più ottimista l’invia americano sul clima, John Podesta: “Spero che sia la tempesta prima della calma”.

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Coppa Davis, Berrettini soffre ma vince: Italia 1 – Australia 0

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Inizia nel migliore dei modi la semifinale di Coppa Davis per l’Italia, grazie alla straordinaria vittoria di Matteo Berrettini. L’azzurro ha sconfitto l’australiano Thanasi Kokkinakis in tre set con il punteggio di 6-7, 6-3, 7-5, regalando il primo punto agli Azzurri nella sfida contro l’Australia.

La partita non è stata priva di difficoltà per il tennista romano, che nel primo set ha sprecato ben tre set point, cedendo poi il parziale al suo avversario nel tie-break. Sembrava che l’inizio in salita potesse compromettere l’esito del match, ma Berrettini ha dimostrato ancora una volta grande carattere e capacità di reazione.

Nel secondo set, l’azzurro ha imposto il suo ritmo, dominando Kokkinakis e chiudendo il parziale con un netto 6-3. Il terzo e decisivo set è stato più equilibrato, ma Berrettini ha saputo mantenere la lucidità nei momenti cruciali, strappando il servizio all’australiano nel finale e conquistando la vittoria con un 7-5 decisivo.

Grazie a questo successo, l’Italia si porta sull’1-0 nella semifinale contro l’Australia. Ora tutte le attenzioni si spostano sulla seconda sfida di giornata, che vede impegnati Jannik Sinner e Alex De Minaur. In caso di parità dopo i singolari, sarà il doppio a decidere l’esito della semifinale.

Una prestazione di grande carattere per Berrettini, che conferma la sua capacità di brillare nei momenti più importanti. Gli Azzurri mettono un primo tassello verso la finale di Coppa Davis

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