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Cronache

Scampia non è Gomorra, la rabbia della gente: ci hanno appiccicato addosso il marchio dell’infamia e del degrado

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Oggi è una giornata storica per il quartiere Scampia: dopo decenni di lotte e i continui slittamenti degli ultimi mesi, è iniziata la demolizione della Vela Verde. Un evento dalla fortissima valenza simbolica. Ma è soltanto il primo passo verso la tanto agognata normalità. In questi anni gli abitanti delle Vele hanno dovuto sopravvivere in condizioni di assoluto degrado, sopportando peraltro il pregiudizio di chi non riusciva ad andare oltre il racconto fornito da film e serie tv. Di Gomorra, da queste parti, molti non ne vogliono proprio sentir parlare. 

 “Hanno raccontato cose vere ma anche tante falsità pur di fare soldi e spettacolo”, racconta Nunzia Cardone, abitante delle Vele da quarant’anni. “A noi ci hanno buttato nella melma – denuncia la signora Nunzia – abbiamo addosso questo marchio e liberarcene non sarà facile. La gente che non conosce il quartiere, trema appena sente parlare di Scampia. Qui invece ci abita tanta gente per bene, persone normali. C’è pure chi sbaglia, chiaramente; ma non si può fare di tutta l’erba un fascio”.

La speranza per gli abitanti di Scampia è che nel futuro possano uscire da quella terribile condizione di isolamento ed abbandono. “Bisogna rivedere il quartiere nel suo complesso, oggi è un ghetto – ci spiega Francesca Cirillo, abitante delle Vele -; dobbiamo fare qualcosa per i nostri ragazzi: quando escono la sera qui non c’è niente, il buio totale. Non un negozio, un centro ricreativo”. La signora Cirillo ha abitato nella Vela Verde per tantissimo tempo, al terzo piano. Guarda la struttura con nostalgia, mentre i primi pezzi vengono giù. “All’inizio per noi è stato bellissimo. Pagavamo il condominio, avevamo gli ascensori; c’era qualche disagio, ma non era come adesso. Vivevamo insieme, come in una grande famiglia e quando avevi un problema sapevi di poter contare sugli altri. Presto mi trasferirò nei nuovi alloggi di via Labriola, ma le mie radici restano qui, nella Vela Verde”. 

Protagonista indiscusso di questo importante traguardo per Scampia è il comitato Vele. Fondato negli anni ottanta da Vittorio Passeggio, oggi fra i suoi portavoce vi è Lorenzo Liparulo, storico abitante delle Vele. “Col Comune di Napoli non è stato sempre semplice – spiega Liparulo -; ci sono stati momenti di scontro anche molto accesi, ma siamo rimasti compatti e insieme siamo giunti a questo risultato. Un ringraziamento speciale va a Vittorio Passeggio: oggi, per motivi di salute, non può essere qui, ma in realtà è sempre presente accanto a noi, nelle nostre battaglie. Adesso inizia a filtrare un po’ di ottimismo: vogliamo dare una casa a tutti gli abitanti delle Vele”.

Sulla stessa lunghezza donna anche Antonio Costagliola, attivista del Cantiere 167 e del comitato Vele. “Oggi siamo felici ma non ci fermiamo qui. Anche noi abbiamo diritto a casa e lavoro, sono diritti sanciti dalla Costituzione; stiamo solo ottenendo, un po’ alla volta, tutto quello che ci spetta. Gomorra? Non esiste più, ci sarà ancora, ma altrove, non più nelle Vele. Per troppo tempo ci hanno definito brutti, sporchi e cattivi, ma non è la verità”.

Antonio Memoli

L’architetto Antonio Memoli da trent’anni mette le sue competenze al servizio del comitato Vele.

Lorenzo Liparulo

”Trentadue anni fa abbiamo iniziato a scalare una montagna. Iniziammo a dire che questo obbrobrio andava abbattuto, dirlo all’epoca era un’assurdità”, racconta l’architetto. “Quando il lotto sarà sgombrato dalle Vele – spiega Memoli – bisognerà ricollocare le 320 famiglie censite al 31 dicembre 2015. Le periferie negli anni settanta furono impostate come luogo di scarto, in cui relegare i ceti sociali privi di capacità reddituali. Bisogna cambiare prospettiva e dare vita ad un quartiere vivibile, con spazi di socialità, attrezzature, verde pubblico. C’è ancora tanto lavoro da fare”.

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Polizia scopre nel Milanese l’arsenale della Curva Nord

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Un deposito di armi, che si reputa possa essere l’arsenale della Curva nord interista, è stato scoperto dalla Polizia a Cambiago, nel Milanese. In un capannone, indagando su un ultras che sarebbe legato ad Andrea Beretta, l’ultrà nerazzurro in carcere per l’omicidio di Antonio Bellocco, altro capo della Curva, sono stati sequestrati pistole, kalashnikov, bombe a mano e molti proiettili.

Secondo quanto si apprende, all’arsenale gli investigatori milanesi sono giunti la scorsa notte, seguendo la traccia di una proprietà immobiliare di Beretta che però era nella disponibilità di una altra persona, un ultras a lui vicino.

La questura di Milano non commenta, non conferma e non smentisce le notizie relative all’operazione di Polizia che ha portato alla scoperta di un arsenale in un deposito nel Milanese che sarebbe riconducibile alla Curva Nord nerazzurra.

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Cronache

“Bomba Sinner”: un’invenzione giornalistica che alimenta il mito dei botti illegali

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La “bomba Sinner”, il nuovo ordigno di Capodanno sequestrato dai carabinieri in un appartamento di Pozzuoli, è solo l’ultima trovata di un fenomeno mediatico e sociale che va ben oltre la cronaca. Il nome, che richiama il tennista altoatesino Jannik Sinner, si unisce alla lunga lista di fuochi d’artificio illegali battezzati con appellativi accattivanti come “Maradona”, “Scudetto” o “Kvara”. Ma mentre questo genere di denominazioni richiama una sorta di “marketing” dei botti, è impossibile non notare come perpetui luoghi comuni pericolosi e pregiudizi su Napoli e il suo rapporto con l’illegalità.

La realtà dietro la “bomba Sinner”

Il nome non ha nulla a che vedere con il campione di tennis, ma sfrutta l’immaginario di esplosività associata al suo talento sportivo. La realtà, però, è ben diversa: si tratta di un ordigno pericoloso e illegale, capace di causare mutilazioni o peggio. L’ordigno, insieme ad altri 486 petardi illegali, è stato sequestrato dai carabinieri nell’abitazione di un 24enne incensurato a Pozzuoli, trasformata in una vera santabarbara. Materiale esplosivo per un totale di 50 chili era conservato in condizioni precarie, mettendo a rischio non solo l’incolumità del giovane, ma anche quella dei suoi vicini.

Un marketing pericoloso e la complicità dei media

La “bomba Sinner” e altri ordigni illegali sono promossi su piattaforme come Telegram, TikTok e Instagram, dove la vendita e distribuzione si sviluppano con logiche da e-commerce. I nomi accattivanti, però, non sono solo una trovata degli stessi produttori, ma trovano amplificazione nei media, che trasformano questi episodi in sensazionalismo, anziché sottolinearne i rischi. È qui che si insinua una responsabilità più ampia: invece di denunciare con forza il pericolo dei botti illegali, si finisce per rafforzarne la “fama”, perpetuando un’attrazione malsana verso questi prodotti.

Il perpetuarsi dei pregiudizi su Napoli

La narrazione che emerge da episodi come quello della “bomba Sinner” alimenta stereotipi radicati su Napoli e la Campania come luoghi di illegalità e anarchia diffusa. I nomi dei botti – da Maradona a Kvara – sono spesso legati a simboli locali, trasformando un problema grave in un racconto folkloristico che fa leva su luoghi comuni. In realtà, Napoli è una città con un tessuto sociale e culturale straordinario, che spesso lotta contro queste narrazioni riduttive. Collegare automaticamente l’illegalità a simboli della cultura partenopea non fa che danneggiare l’immagine di un territorio già troppo spesso vittima di pregiudizi.

Un problema nazionale, non locale

È importante sottolineare che il fenomeno dei botti illegali non è un problema esclusivamente napoletano. Gli ordigni sequestrati a Pozzuoli erano destinati anche al mercato tedesco, dimostrando che si tratta di un commercio organizzato su scala ben più ampia. Ridurre la questione a un “problema di Napoli” non solo ignora la complessità del fenomeno, ma ostacola una reale presa di coscienza e interventi efficaci.

L’urgenza di un cambiamento culturale

Il fenomeno dei botti illegali rappresenta un rischio concreto per la sicurezza pubblica e un problema culturale. Ogni anno, questi ordigni causano gravi ferite, amputazioni e persino vittime. Serve un cambio di paradigma: da una narrazione che esalta nomi e appellativi dei botti, si deve passare a una comunicazione che ne evidenzi i pericoli, senza alimentare inutili sensazionalismi.

La “bomba Sinner” non è solo un ordigno pericoloso: è un simbolo di come il sensazionalismo e la superficialità possano alimentare pregiudizi e ignorare il vero problema. Napoli merita una narrazione diversa, che metta in evidenza la lotta quotidiana di tanti cittadini contro l’illegalità, piuttosto che ridurla a un cliché. Allo stesso tempo, occorre un impegno collettivo per contrastare la produzione e la diffusione di fuochi illegali, puntando su una cultura della sicurezza e della responsabilità.

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Rischio disagi nel weekend per lo sciopero dei treni

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Treni a rischio per chi viaggia nel weekend. Scatta stasera alle 21 lo sciopero nazionale di 24 ore nel trasporto ferroviario, fino alla stessa ora di domenica, proclamato dai sindacati autonomi. La protesta coinvolgerà “tutto il personale delle aziende che operano nel settore ferroviario”, informa il sindacato di base Usb e quindi Fs, Italo e Trenord. Fs già da ieri ha avvertito che “lo sciopero potrebbe avere un impatto significativo sulla circolazione ferroviaria e comportare cancellazioni totali e parziali di Frecce, Intercity e treni del Regionale di Trenitalia”, con gli effetti, in termini di cancellazioni e ritardi, che “potranno verificarsi anche prima e protrarsi oltre l’orario di termine della protesta sindacale”. Il gruppo invita, quindi, i passeggeri “a informarsi prima di recarsi in stazione e, se possibile, a riprogrammare il viaggio”.

L’agitazione di questo weekend “si colloca dentro la vertenza per il rinnovo contrattuale nazionale delle attività Ferroviarie, portato avanti da un fronte ampio di sigle di base” spiega l’Usb. Ma dopo questo stop i treni non saranno coinvolti dallo sciopero generale di Cgil e Uil in programma venerdì 29 novembre. A parte il trasporto ferroviario, lo sciopero coinvolgerà, infatti, tutto il resto del personale dei trasporti: aereo, marittimo, bus, tram, filobus. Sullo sciopero generale indetto dalla Cgil e dalla Uil per il 29 novembre “abbiamo rispettato tutte le norme e le leggi che ci sono”, ripete intanto il leader della Cgil, Maurizio Landini, a margine della tappa di Bologna della terza marcia mondiale per la pace.

“Invito tutti i lavoratori a esserci”, è l’appello del segretario generale, che spiega come si sia deciso di “esentare i ferrovieri semplicemente perché c’è uno sciopero già oggi e domani, quindi non era possibile proclamarlo e abbiamo rispettato quella regola. Per il resto, abbiamo rispettato le norme e le leggi che ci sono”. “Ai lavoratori di tutte le altre categorie e settori chiediamo di partecipare, perché la condizione che ci ha portato allo sciopero parte da cose molto precise. Landini il 29 sarà alla manifestazione a Bologna. Nella stessa giornata il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, sarà invece a Napoli.

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