La tensione tra le due Coree ha avuto una brusca impennata tra scambi incrociati di colpi d’artiglieria e minacce che tracciano nuovi scenari complessi con le temute conseguenze imprevedibili. Il Nord, a sorpresa, ha dato il via a una giornata convulsa con oltre 200 colpi di batteria complessivi sparati nel mar Giallo, vicino alle isole di confine con il Sud di Yeonpyeong e Baengnyeong, secondo le valutazioni di Seul, i cui militari hanno reagito a stretto giro con la “contromisura naturale” di manovre speculari di tiro dal vivo. Ai residenti delle due isole, quasi 7.000 unità totali, è stato anche ordinato di evacuare e di trovare riparo nei rifugi a causa delle peggiori escalation militari intercoreane da quelle del 2010, quando Pyongyang bombardò Yeonpyeong causando la morte di 4 sudcoreani (di cui due militari), nel primo attacco contro un’area civile dalla fine della Guerra di Corea del 1950-53.
Il ministero della Difesa di Seul ha affermato che i proiettili del Nord sono tutti caduti in una zona cuscinetto creata nell’ambito dell’ampio accordo del 2018 di riduzione della tensione intercoreana, saltato però a novembre dopo il lancio da parte dello Stato eremita del suo primo satellite spia militare, facendo aumentare la possibilità di scontri armati nelle aree di confine. L’iniziativa nordcoreana “è un atto provocatorio che minaccia la pace nella penisola e aumenta le tensioni”, ha tuonato il ministro della Difesa sudcoreano Shin Won-sik, anticipando i propositi di ritorsione. Mentre, secondo l’agenzia ufficiale nordcoreana Kcna, l’esercito del Nord ha avvertito Seul di non commettere “provocazioni con il pretesto della cosiddetta ritorsione”, perché il Nord – a quel punto – “mostrerebbe una dura reazione a un livello senza precedenti”. La Cina, il principale alleato e benefattore di Pyongyang, ha sollecitato le parti a mostrare “moderazione” per evitare un inasprimento della situazione.
Le relazioni tra le due Coree sono riscese a uno dei punti più bassi degli ultimi decenni, dopo che il supremo comandante Kim Jong-un ha sancito lo status di potenza nucleare di Pyongyang nella costituzione, testando negli ultimi mesi diversi missili balistici intercontinentali avanzati. Il leader, negli incontri di fine anno, ha messo in guardia su quello che ha definito “Il più alto rischio di scontro” nel 2024, giustificando così la nuova politica di abbandono dell’obiettivo finale dell’unificazione e di condanna al tempo stesso delle manovre Seul-Washington, nonché la richiesta di “potenziamento dell’arsenale militare del Paese” di fronte a un conflitto che potrebbe “scoppiare in qualsiasi momento”.
Per scoraggiare Pyongyang, gli Usa hanno schierato a Busan, importante città portuale sudcoreana, un sottomarino a propulsione nucleare e mobilitato bombardieri a lungo raggio in esercitazioni congiunte con Seul e Tokyo. Mentre nel Sud sale la spinta di dotarsi di proprie armi atomiche come deterrenza. Tutte “mosse provocatorie intenzionali di guerra nucleare”, secondo il Nord, sufficienti a spingere Kim a chiedere, ha riferito la Kcna, l’aumento produttivo di lanciamissili “data la grave situazione prevalente che richiede una preparazione allo scontro militare con il nemico”. Commenti maturati dopo che la Casa Bianca ha accusato il Nord di fornire alla Russia missili balistici e lanciamissili per gli attacchi delle truppe di Vladimir Putin all’Ucraina. E Kiev ha confermato che sono stati già usati.