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Cronache

San Felice a Cancello, donna strangolata dal marito davanti ai figli

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Un tragico episodio di violenza domestica ha sconvolto la comunità di San Felice a Cancello, in provincia di Caserta. La vittima, Eleonor Toci, una giovane donna di 24 anni, è stata strangolata nel letto dal marito Luzmil, un 30enne albanese, sotto gli occhi dei loro due figli di 4 e 6 anni. È stato proprio uno dei bambini, in un momento di disperazione, a mostrare il corpo della madre tramite una videochiamata alla zia, segnando l’inizio di una drammatica sequenza di eventi.

Il delitto: una morte senza apparente motivo

L’omicidio è avvenuto nella mattinata del 5 ottobre, intorno alle 5, mentre la famiglia si trovava ancora a letto. Eleonor Toci era giunta in Italia pochi mesi prima dall’Albania, desiderosa di ricongiungersi con il marito e offrire una vita migliore ai suoi figli. La coppia viveva a San Felice a Cancello, dove Luzmil lavorava come bracciante agricolo saltuario. Tuttavia, quella che doveva essere una nuova vita per la giovane madre si è trasformata in tragedia.

Secondo le prime ricostruzioni, il marito avrebbe strangolato Eleonor senza un apparente motivo. Nessuna lite o discussione precedente al delitto è emersa dalle testimonianze raccolte. Dopo aver ucciso la moglie, Luzmil è uscito di casa, lasciando i due bambini soli con il corpo della madre.

L’intervento dei carabinieri e la confessione del marito

I carabinieri sono stati allertati dalla zia dei bambini, la cognata di Eleonor, che ha ricevuto una videochiamata da uno dei figli della coppia. Il bambino ha mostrato alla donna il corpo senza vita della madre, scatenando il pronto intervento delle forze dell’ordine. Luzmil è stato trovato all’esterno dell’abitazione, in stato confusionale, insieme al fratello. Alla vista dei carabinieri ha subito ammesso il delitto, dicendo semplicemente: “Ho ucciso mia moglie”.

Condotto in caserma, l’uomo ha ripetuto la sua confessione anche davanti al magistrato della Procura di Santa Maria Capua Vetere, Iolanda Gaudino. Tuttavia, le indagini sono state rese complicate dalla sua scarsa conoscenza dell’italiano e dallo stato di choc in cui si trovava, che gli impediva di fornire dettagli chiari sull’accaduto.

Nessun movente apparente

Nonostante le lunghe ore di interrogatorio, Luzmil non ha fornito un movente chiaro per il delitto. Le prime ipotesi di una lite prima dell’omicidio non hanno trovato conferme né nelle sue dichiarazioni né nelle testimonianze dei vicini. Anche il fratello e la cognata, che avevano visto Luzmil poco dopo l’omicidio, non avevano notato comportamenti particolarmente sospetti prima della tragedia.

Un femminicidio che scuote la comunità

L’omicidio di Eleonor Toci è l’ennesimo femminicidio che scuote il territorio italiano e ha suscitato una forte reazione da parte delle istituzioni locali. La Cgil di Caserta ha espresso la sua indignazione tramite il segretario generale Sonia Oliviero, sottolineando la necessità di un cambiamento culturale per fermare questa “strage senza fine”. Anche il deputato casertano del M5S Agostino Santillo ha manifestato il suo sdegno e ha chiesto interventi più incisivi per prevenire la violenza di genere.

Una famiglia distrutta

La tragica morte di Eleonor Toci lascia due bambini piccoli orfani della madre e con un padre ora accusato di omicidio aggravato. La giovane donna aveva sperato di costruire una vita migliore per sé e per i suoi figli in Italia, ma il suo sogno è stato spezzato da una violenza inaudita e inspiegabile.

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Caso Grillo-Onorato archiviato, non è traffico influenze

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È stata archiviata a Milano l’indagine in cui Beppe Grillo e Vincenzo Onorato, patron del gruppo Moby, erano accusati di traffico di influenze per una presunta “mediazione illecita” da parte del fondatore dei Cinquestelle: secondo l’ipotesi, poi ritenuta infondata, tra il 2018 e il 2019, Grillo avrebbe inoltrato a tre parlamentari del Movimento le richieste di aiuto avanzate dall’armatore, amico di lunga data, quando la sua compagnia era in crisi finanziaria. In cambio Onorato avrebbe siglato contratti per fare pubblicità a Moby sul blog dell’ex comico. A chiudere il caso, con l’archiviazione, è stato il gip Mattia Fiorentini che ha accolto la richiesta inoltrata lo scorso giugno dal pm Cristiana Roveda e dall’aggiunto, ora procuratore a Bergamo, Maurizio Romanelli.

Richiesta che è arrivata oltre un anno dopo la chiusura dell’inchiesta con la quale era stata data una ricostruzione mesi dopo ‘ribaltata’. A far cambiare idea agli inquirenti sono state una serie di valutazioni giurisprudenziali e una memoria presentata dal legale di Onorato, l’avvocato Pasquale Pantano con cui si sostiene sia che la cifra versata al politico per la pubblicità era più che conveniente e sia la mancanza di una connessione temporale tra le presunte utilità e i favori. La Procura, in sostanza, ha dovuto stabilire se il comportamento di Grillo rientrasse nel perimetro di una “mediazione illecita o lobbistica”. Secondo la nuova rilettura dei fatti, poi condivisa dal giudice, l’intervento del fondatore di M5s sugli allora ministri in carica Luigi Di Maio, Danilo Toninelli e Stefano Patuanelli per far pervenire le richieste di Onorato fu “perentorio”. E sebbene a quelle istanze fu data risposta “con sollecitudine”, non si è configurato il traffico di influenze illecite, sia perché non c’è stato un conseguente abuso d’ufficio da parte dei ministri, mai indagati, sia perchè il presunto mediatore, ossia Grillo, non era portatore di una qualifica “pubblicistica”.

In pratica non era un pubblico ufficiale. Intanto stamane l’armatore e i suoi figli, Achille e Alessandro, si sono visti accogliere dal gup Luigi Iannelli, la richiesta di patteggiamento il primo a 3 anni e 10 mesi di reclusione e gli altri due a 2 anni con pena sospesa. I tre rispondono di bancarotta nell’indagine che riguarda Cin, la Compagnia italiana di navigazione, ammessa al concordato preventivo nel giugno 2021, una procedura fallimentare che si è chiusa tempo fa. La proposta di patteggiare avanzata sempre da Pantano ha avuto il parere favorevole del pm Luigi Luzi, titolare del fascicolo. Gli Onorato, nel corso delle vicende fallimentari del gruppo, ha sempre fatto notare il legale, hanno versato somme considerevoli per ripianare i debiti. Come si legge in una nota, la famiglia ora potrà “dedicare tutte le energie al piano di rilancio” di Cin.

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Truffa da 22 milioni alla Regione Puglia, patteggiano in sei

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Hanno patteggiato pene comprese tra un anno e sei mesi a due anni di reclusione (sospese) sei imputati di un processo sulle presunte truffe da 22 milioni di euro ai danni della Regione Puglia, sui compensi legali pagati dall’ente per migliaia di contenziosi sugli indennizzi agricoli. Il processo partì dall’inchiesta ‘Leguleio’ della Guardia di finanza che coinvolse 21 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari, truffa ai danni dello Stato, truffa aggravata ai danni della Regione Puglia, autenticazione di firme false, firme false di persone decedute, riciclaggio e autoriciclaggio.

La pena più alta è stata concordata per l’avvocato Michele Primavera, coinvolto in questo filone insieme ai colleghi Oronzo Panebianco, Assunta Iorio e Francesca Fiore, il marito di quest’ultima Luca Pedroncelli e la dipendente del Tribunale di Bari Giuliana Tarantini. I patteggiamenti nei confronti dei sei, inizialmente respinti in udienza preliminare, sono stati ratificati oggi, in dibattimento, davanti al collegio presieduto dal giudice Marco Guida.

Secondo l’accusa, gli avvocati coinvolti avrebbero intentato migliaia di cause contro la Regione per conto di agricoltori e allevatori destinatari di contributi (con mandati falsi o rilasciati in modo illegittimo) e, per “impedire alla Regione Puglia un’efficace difesa in giudizio”, avrebbero creato “falsi domicili” intentando “azioni legali nei confronti dell’Ente in varie parti d’Italia”, come si legge negli atti della Procura, in modo da recuperare le spese legali.

Alcune cause erano intentate anche per conto di persone decedute. La vicenda si è poi divisa in più tronconi: per alcuni imputati il processo è ancora in corso in dibattimento, per altri la posizione è stata definita in abbreviato lo scorso novembre.

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Cambiano i voti sul registro: preside, prof e un maresciallo della Finanza indagati

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Avrebbero effettuato una serie di accessi illegali al registro elettronico della scuola, per modificare i voti degli studenti: di questo sono accusati la preside e sette professori del liceo scientifico Galileo Galilei di Lamezia Terme, in Calabria, nei confronti dei quali la procura di Catanzaro ha chiuso l’inchiesta, notificando l’avviso di chiusura indagine. Gli indagati sono una decina in tutto – oltre al personale scolastico c’è il marito di una professoressa e un maresciallo della Guardia di Finanza – e devono rispondere, a vario titolo, di accesso abusivo a sistema informatico, falso materiale e ideologico e maltrattamenti: la dirigente scolastica Teresa Antonietta Goffredo, gli insegnanti Maria Rosaria Rocca, Giovambattista Chirillo, Anna Rosa, Pasqualina Bagnato, Maria Piera Adamo, Marietta Paola Veltri, e Giuseppina Sandra Anania. Le persone appena nominate sono da considerare innocenti fino al terzo grado di giudizio.

Dalle indagini di investigatori e inquirenti sono emersi sette accessi al registro scolastico elettronico, effettuati dal 28 gennaio 2023 al 13 giugno 2023. Accessi che la preside, sostiene l’accusa, avrebbe eseguito per modificare i voti già assegnati dai docenti sul registro scolastico in materie come Storia dell’arte, Latino, Scienze naturali e anche Scienze motorie. Nel registro elettronico – sostiene la Distrettuale di Catanzaro, competente per i reati di accesso abusivo – si sarebbero introdotti più volte, illecitamente e per commettere falso, sia la preside del “Galilei” sia altri insegnanti.

Dagli accertamenti sarebbe infatti emerso che non c’è stata solo l’alterazione di voti dati da altri insegnanti ma sarebbero state modificate anche le ore di attività o sarebbero stati fatti falsi fogli di presenza degli alunni alle attività extracurricolari, per le quali i docenti percepivano un compenso supplementare. Il ruolo del finanziere, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato quello di introdursi con il proprio account nel sistema informatico giudiziario per prendere informazioni su tre procedimenti penali. E lo avrebbe fatto su istigazione della docente Maria Piera Adamo e di suo marito, indagata in uno dei tre procedimenti “spiati”.

Gli accessi oggetto di indagine sarebbero stati eseguiti dal 30 marzo al 27 settembre 2023. Quanto all’accusa di maltrattamenti, le indagini svolte dagli agenti del commissariato di Lamezia avrebbero portato alla luce i comportamenti della dirigente nei confronti di tre insegnanti ‘assumendo condotte e provvedimenti persecutori, integranti mobbing sul posto di lavoro, a danno specifico dei docenti da lei stessa pubblicamente definiti ‘dissidenti’ ed a lei invisi, anche in quanto legittimamente collocati su posizioni non conformi o critiche rispetto a sue proposte o a sue opzioni inerenti a ogni aspetto della gestione dell’Istituto”.

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