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Salvini scappa a Milano, Di Maio resta a Roma per serrare i ranghi del M5S in vista del NO definitivo alla Tav

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Alzare la testa per frenare l’emorragia di voti, ricompattare i gruppi, rinsaldare la leadership. L’ultima sfida di Luigi Di Maio abbandona il campo del “governismo” sempre e comunque e va oltre la Tav: fino al 26 maggio e a un post-Europee al quale il Movimento guarda con crescente preoccupazione. Ed è una mossa, quella del capo politico del M5S, che ha un solo obiettivo, Matteo Salvini. Nel giorno più nero del loro rapporto, i due vicepremier non si sentono neanche a telefono. Salvini dopo aver solo sfiorato il tema Tav in una conferenza stampa al Senato vola a Milano da dove, stando alla sua agenda, non tornerà prima di lunedì sera. Di Maio convoca una conferenza ad hoc sulla Tav. Parla da Palazzo Chigi, chiama Salvini “segretario della Lega”, e lo invita con durezza a sedersi al tavolo e a rispettare un contratto in cui il dossier Tav figura al punto 27. Abbiamo detto sì a diversi provvedimenti a noi sgraditi, sulla Tav non cederemo, è il messaggio che Di Maio manda a Salvini. Messaggio che al momento resta inascoltato. Il leader della Lega sceglie di non rispondere e lascia Roma.

“Siamo tranquillissimi”, sottolineano fonti leghiste rimarcando la distanza del vicepremier dalla stoccata arrivata oggi da Di Maio. A testimonianza di un gelo che odora ormai di pre-crisi. E al Quirinale si guarda allo scontro frontale sulla Tav con preoccupazione. Anche se, al momento, il presidente Sergio Mattarella resta alla finestra, scegliendo di non interferire neppure con una sua moral suasion nel duello tra vicepremier. Certo, nel momento in cui la situazione dovesse degenerare il capo dello Stato sarebbe chiamato ad intervenire. E il messaggio che potrebbe recapitare ai leader politici, si sottolinea in ambienti parlamentari, e’ ricordare la quasi impossibilita’ di registrare maggioranze alternative, cosa che costringerebbe Mattarella a sciogliere le Camere dopo un rapido giro di consultazioni. Ma, dalle parti del M5S e da quelle della Lega l’idea di un governo tecnico e’ in fondo lontanissima. Ieri notte l’assemblea dei gruppi M5S si e’ trasformata, ben presto, in una gigantesca war room con i gruppi tornati improvvisamente in trincea a fianco del loro leader. Luigi Gallo, tra gli uomini i piu’ vicini a Roberto Fico, ha riassunto cosi’ l’atmosfera: “Se qualcuno e’ stanco dell’atteggiamento della Lega? Ma tutti….”. E forse, da oggi, lo e’ anche Di Maio. Il vicepremier risolleva cosi’, almeno temporaneamente, la sua leadership di fronte non solo agli ortodossi ma anche a un Beppe Grillo che, in queste ore, e’ meno distante dalle “cose di governo” rispetto a qualche giorno fa. Di Maio non chiude formalmente ad un avvio dei bandi che “non vincoli i soldi degli italiani” ma, allo stesso tempo, e’ pronto a tutto per tenere il punto. Parlamentalizzare lo scontro sulla Tav, dalle parti del M5S non e’ piu’ una chimera cosi’ come non lo e’ piu’ certificare lo scontro in Cdm: i ministri M5S, in fondo, sono in maggioranza e da ieri possono contare sulla sponda del premier Giuseppe Conte. A quel punto la crisi sarebbe sul tavolo. Con un appendice: a mettere in campo l’eventuale e severa manovra correttiva non sarebbe piu’ il governo del cambiamento.

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Manovra, il nodo extraprofitti agita la maggioranza

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Il governo sempre più a caccia di risorse per una manovra da almeno 25 miliardi di euro che vuole avere al centro famiglie e imprese. E ad agitare il centrodestra, alla vigilia della settimana decisiva per mettere a punto il piano strutturale di bilancio, è ancora una volta il tentativo di far contribuire allo sforzo chi più in questi anni ha generato profitti: in primis le banche, ma anche il mondo delle assicurazioni e il settore energetico. Possibilmente senza ripetere gli errori dello scorso anno e percorrendo la strada del dialogo con i soggetti coinvolti.

L’ultima ipotesi allo studio, secondo le indiscrezioni, sarebbe quella di un ‘prelievo solidale’ dell’1-2% sugli utili degli ultimi 12-24 mesi, per contribuire al finanziamento di misure come il taglio del cuneo fiscale, gli sgravi Irpef o il Bonus tredicesima. Un contributo di solidarietà una tantum e “da costruire insieme” alle aziende interessate. Per questo, dopo il fallito blitz del governo che lo scorso anno fece infuriare le banche, questa volta sarebbero stati avviati fin dall’inizio dell’estate contatti informali con il mondo del credito. Questo per valutare insieme il da farsi senza rischiare uno scontro. Ma a mettersi di traverso contro ogni tentativo di tassazione o imposizione dall’alto è ancora una volta Forza Italia.

Il vicepremier Antonio Tajani non usa giri di parole e chiede al massimo l’apertura di un confronto con le banche alla ricerca di soluzioni condivise. Di tassa o prelievi sugli extraprofitti gli azzurri non ne vogliono nemmeno sentir parlare: “Siamo contrari, si danneggerebbero le banche di prossimità e si creerebbe incertezza sui mercati a danno dell’Italia”, avverte Tajani, per il quale altra cosa è sedersi attorno a un tavolo con le banche per vedere se queste in qualche modo possano contribuire alla casse dello Stato e alle finanze pubbliche. Del resto per il vicepremier una tassa generalizzata finirebbe per colpire soprattutto le banche popolari e di credito cooperativo che svolgono un ruolo più che fondamentale per l’economia, erogando un gran numero di prestiti a cittadini e aziende. Per questo vanno assolutamente difese.

Da Fratelli d’Italia però la carta del prelievo non viene affatto esclusa, anche se il capogruppo alla Camera Tommaso Foti cerca di spegnere sul nascere ogni possibile principio di incendio nella maggioranza. Sulla delicata questione, assicura, nel centrodestra c’è una “piena sintonia”. Il suo ragionamento è questo: nulla è ancora deciso e molto dipenderà dai dati macro che saranno diffusi nelle prossime ore dall’Istat. Dati che potrebbero indicare una crescita del Pil leggermente superiore al previsto e che, in un modo o nell’altro, consegneranno al governo un quadro più preciso delle risorse a disposizione. Solo allora, spiega Foti, si valuterà “se è necessario chiedere un contributo di solidarietà ad alcuni settori che sono nelle condizioni di versarlo perché hanno realizzato utili molto rilevanti in questi anni”.

Il tutto comunque “senza intenti punitivi” verso alcuno, ma richiamando tutti “ad un autentico spirito di solidarietà a sostegno del sistema Paese”. Un richiamo dunque che sembra rivolto anche alle grandi compagnie di assicurazione o ai grandi gruppi energetici del Paese, a partire dall’Eni. All’Abi comunque al momento le bocche restano cucite, la linea resta sempre quella di non commentare le indiscrezioni. Ma se da parte dei banchieri c’è disponibilità al dialogo, non è certo un segreto la contrarietà non solo verso ogni forma di tassazione, ma anche verso un qualsivoglia prelievo o contributo.

L’associazione presieduta da Antonio Patuelli ha più volte sottolineato come sul reddito prodotto dalle banche si sommano varie e maggiori imposte rispetto alle imprese degli altri settori economici: l’Ires al 24%, l’addizionale Ires per le banche al 3,5%, l’Irap al 5,45% e la cedolare secca sui dividendi al 26%. Insomma, niente a che vedere con quello che versano i settori non finanziari. Per i sindacati però non intervenire decisamente sugli extraprofitti per sostenere di più le famiglie resta un grande errore da parte del governo, visto che – sottolineano – solo nei primi sei mesi del 2024 le banche avrebbero generato utili già per oltre 12 miliardi di euro. Uno studio di Unimpresa, quindi, quantifica in 8,1 miliardi le tasse pagate dalle banche nel 2023 su 40,6 miliardi di utili, con un tax rate (il rapporto tra tasse versate nelle casse dello Stato e profitti) pari al 20,1%. Una percentuale, si sottolinea, “nettamente inferiore” alla media italiana per aziende e lavoratori stabilmente superiore al 42%.

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FI accelera su giustizia, subito intercettazioni in Aula

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Forza Italia accelera sulla giustizia. E le priorità restano riforma delle intercettazioni e separazione delle carriere dei magistrati. “La legislatura dura 5 anni e ne sono già passati due. Quanto ancora vogliamo aspettare per realizzare tutto il programma che ci siamo prefissati su questi temi?” chiede il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri che per i prossimi giorni ha convocato una riunione di tecnici del partito “per fare il punto” e indicare una precisa tabella di marcia. “Prima di tutto – avverte Gasparri – chiediamo con forza che il disegno di legge sulle intercettazioni, presentato da Pierantonio Zanettin e approvato in Commissione Giustizia ad aprile, venga subito inserito nel calendario dell’Aula” di Palazzo Madama.

Il senatore, infatti, dice di essere “stanco” e “contrariato” per il ritardo che si è accumulato nell’esaminare questo provvedimento che stabilisce una proroga massima per le intercettazioni di 45 giorni (tranne che per reati di mafia e terrorismo o in casi particolarmente gravi adeguatamente motivati) e fa capire che in caso di diniego potrebbero esserci “ripercussioni sul resto dei lavori parlamentari”. Ad aprile il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro aveva espresso perplessità dicendo di “condividere le indicazioni di Zanettin”, ma osservando che potevano essere introdotti “ancora dei miglioramenti”. “Bisogna evitare stanche proroghe e chiedere motivazioni sempre più rafforzate”, aveva detto Delmastro aggiungendo però che “sul mettere un tetto secco” alla proroga, la discussione era “ancora aperta”.

Ma dopo 6 mesi di attesa, Gasparri dice basta e annuncia che chiederà alla prossima Conferenza dei Capigruppo “l’immediata calendarizzazione del ddl in Aula”. Un’accelerazione, in generale sui temi della giustizia, che ora anche la Lega, solidale con il proprio leader sotto processo per il caso ‘Open Arms’, vede sempre più di buon occhio. E richiesta analoga verrà fatta alla Camera sul fronte della separazione delle carriere. “Non appena ci saranno le condizioni – spiega il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto – chiederemo che venga fissato in Aula, entro Natale, l’esame della separazione delle carriere”. Il ddl, infatti, sottolinea, “non prevedendo alcuna voce di spesa può benissimo andare in Aula durante la Manovra. Non c’è alcuna incompatibilità”. “In realtà – spiega il deputato Enrico Costa appena rientrato da Azione nel gruppo di FI – il mio ddl sulla separazione delle carriere, presentato a inizio legislatura, era già stato messo in calendario a marzo. Ma il governo allora perse tempo decidendo di presentarne uno suo. Ora, se si vuole accelerare in Commissione l’esame dei 4 testi sul tema, si deve fissare una nuova data per l’Aula”.

Ma sul fronte giustizia per FI c’è anche una terza priorità. Il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli sarebbe intenzionato a chiedere a breve che l’altro ddl di Zanettin sul sequestro di telefonino, pc o altro dispositivo informatico, già approvato al Senato, “cominci subito l’iter alla Camera”. Il progetto di legge, al quale anche Sisto ha lavorato molto insieme a Zanettin e al relatore Sergio Rastrelli, prevede che per sequestrare questi apparecchi, il Pm debba sempre chiedere prima l’autorizzazione al Gip. E sempre il Gip, con decreto motivato, dovrà autorizzare anche il sequestro di chat, sms o e-mail ai quali dovrà essere applicata la disciplina delle intercettazioni.

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Al via G7 agricoltura. Meloni, da export 70 miliardi

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L’agroalimentare è una “questione di popolo”. Per questo l’Expo DiviNazione 24 costruito intorno al G7 dell’Agricoltura a Siracusa, sulla suggestiva isola di Ortigia, è “un evento stupendo” e “l’iniziativa del ministro Lollobrigida è bella e intelligente” perchè ha trasformato un evento chiuso come il G7 in una manifestazione aperta ai cittadini. E se le cose quest’anno “andranno come noi crediamo le esportazioni di prodotti agroalimentari varranno fino a 70 miliardi di euro”.

La premier Giorgia Meloni arriva nella città siciliana, visita la Cattedrale, dove è in svolgimento un matrimonio, visita la cappella di Santa Lucia che contiene il simulacro della patrona, e riceve un libro per la figlia. Poi sul palco accanto al ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida, davanti a un banchetto con prodotti made in Italy, loda l’iniziativa. Una vicinanza che ha il sapore di un endorsement pubblico dopo un periodo in cui si sono rincorse ipotesi di isolamento del ministro anche in seguito alla separazione da Arianna, sorella della premier.

Ipotesi che Lollobrigida, alla vigilia dell’Expo, aveva respinto al mittente in diverse interviste facendosi anche forza della presenza della premier e di 600 imprenditori che hanno creduto nell’iniziativa siracusana. Volti distesi e sorridenti e partecipazione da entrambi. Dopo il momento istituzionale, per la premier bagno di folla tra i 200 stand che animano l’Expo. Tanti i selfie, foto con le forze dell’ordine. Indossa poi un cappello della Guardia Costiera dinanzi a una motovedetta, e aiuta una signora a scattare un ricordo insieme insegnandole come fare. Un lungo percorso in cui c’è tempo per parlare anche dei 20 milioni stanziati per le “prime necessità” in seguito all’alluvione in Emilia Romagna. “Polemiche? Io lavoro”, risponde mentre stringe mani e sorride ai cittadini.

Tema, questo degli eventi estremi, che entra dirompente nei dibattiti di questa nove giorni di Ortigia. Serve cambiare strategia rispetto al passato, dice Lollobrigida ai cronisti, esprimendo solidarietà alle popolazioni colpite dall’alluvione. Da una parte la siccità in Sicilia e dall’altra ancora una alluvione in Emilia Romagna. “Situazioni drammatiche a relativamente pochi chilometri di distanza, che devono prevedere da parte nostra una responsabilità maggiore rispetto al passato per realizzare infrastrutture e strategie di intervento”, afferma Lollobrigida.

“Bisogna prendere atto che non si tratta di emergenze ma di eventi ciclici dovuti alle accelerazioni del cambio climatico e vanno previste opere che mettano in condizione di diminuirne gli effetti”. E agricoltori e pescatori sono i primi ambientalisti per loro terra e mare sono beni preziosi, Dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, l’invito ad “affrontare queste calamità in chiave strutturale, organica e strategica”. Agricoltura, dice, come polmone dell’economia. Il contesto europeo sta migliorando, sottolinea Lollobrigida “perchè abbiamo convinto, con l’Italia protagonista, a cambiare rotta in Europa”, sottolinea Lollobrigida. “La presidente Meloni il 21 marzo è riuscita che i leader europei tornassero a parlare di agricoltura insieme alla crisi mediorientale e all’aggressione della Russia all’Ucraina”. Chiusura della prima giornata sotto la regia del coreografo Giuliano Peparini con una marcia a ritmo di danza e musica.

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