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Salvini rilancia ruolo Lega in Lombardia, blinda autonomia 

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La Lega riunisce lo stato maggiore al Teatro Manzoni di Milano e accelera sull’autonomia: “Martedì va in pre-consiglio dei ministri”, ribadisce il ministro Roberto Calderoli acclamato anche da Matteo Salvini: “Ha fatto più lui in 90 giorni – commenta il leader – che qualche chiacchierone in anni. Gli unici che non la vogliono sono gli amministratori incapaci”. Con loro anche gli altri ministri della Lega, il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, quello dell’Istruzione Giuseppe Valditara e la ministra della Disabilità Alessandra Locatelli. Salvini cita pure il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, vicino alla Lega anche senza avere la tessera, che “deve recuperare tre anni di porti aperti”. La compattezza del partito , assicura il segretario, non è in discussione. E nemmeno quella con gli alleati di governo: “I giornalisti si sono esercitati per anni a dividermi da Giorgetti – spiega Salvini – ma fatevene una ragione: su questo palco c’è una una famiglia unita che va al di là della politica”. Anche al governo “andiamo d’amore e d’accordo” tanto che “andremo avanti per cinque anni. Giorgia sta facendo un lavoro eccezionale in Italia e nel Mondo”. La prossima settimana, dunque, arriverà in Consiglio dei ministri l’autonomia ma non sarà un trofeo da sventolare in vista delle regionali: “Non me ne frega niente – taglia corto Calderoli – l’autonomia va al di là delle elezioni. Tanto Attilio Fontana in Lombardia stravincerà lo stesso, con i concorrenti che ha…”. Il ministro lancia poi una frecciatina verso un altro governatore, Stefano Bonaccini, candidato per diventare il nuovo segretario Pd: “Finché non era in corsa era il più grande sostenitore dell’autonomia”, punge Calderoli che parla degli aspiranti segretari dem come “quattro personaggi in cerca d’autore”. Oltre all’autonomia, fa sapere Giorgetti, in settimana arriveranno anche “una serie di regole” per tempi più brevi sul Pnrr. E mentre Locatelli ricorda a tutti i risultati ottenuti quando era assessore in Lombardia, Valditara ritorna sulle polemiche dopo le sue parole sugli stipendi degli insegnanti da equiparare al costo della vita: “La vera sfida è capire come fare affinché non abbiano una forte penalizzazione, da Nord a Sud”, afferma Valditara che assicura di voler trovare una soluzione per una “questione di equità e di continuità nella didattica. Il dibattito è aperto”. Salvini, accolto al Manzoni dai fumogeni dei giovani padani, prima di concludere, critica la decisione europea di mettere al bando dal 2035 le macchine a benzina e diesel: “Se l’Europa ce lo impone per far arricchire la Cina abbiamo il dovere di dire no. Non mi stupirebbe se dopo il Qatargate uscisse il Chinagate”. Sulla Lombardia il segretario tira dritto: “Se la governiamo da 30 anni qualche motivo ci sarà”. Ma Fontana, che confermerebbe “tutti gli assessori”, non si rilassa anche se i sondaggi lo danno in netto vantaggio: “Non sono una cosa che mi scalda il cuore. Essere avanti è meglio ma ancora non abbiamo vinto. Lo faremo il 12 e 13 febbraio”. “Sarà battaglia fino all’ultimo voto”. E comunque “aspettiamo a dire che la Lega non sarà il primo partito – conclude – e anche se ci fosse qualcuno davanti non credo cambierà nulla perché noi in cinque anni non abbiamo mai prevaricato nessuno”.  

 

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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