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Salute

Salute, al Besta di Milano individuato rallentamento progressione Sla

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Risultati promettenti dallo studio ‘Promise’ di fase II, coordinato dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano che ha individuato un rallentamento nella progressione della Sla, la sclerosi laterale amiotrofica. Lo studio ‘Promise’ offre alcuni risultati incoraggianti nella lotta della patologia neurodegenerativa con decorso ancora oggi irreversibilmente fatale, causata dalla progressiva degenerazione dei motoneuroni. Il trial clinico multicentrico, in doppio cieco, di fase II¹, condotto da un gruppo di lavoro coordinato dal professor Giuseppe Lauria Pinter, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche della Fondazione IRCSS – Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ e finanziato da AriSLA, Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica, ha coinvolto 24 centri neurologici di tutta Italia ed è stato recentemente pubblicato sulla rivista Brain. I risultati indicano che i pazienti trattati con guanabenz alla posologia più elevata hanno avuto un rallentamento della progressione della malattia verificato con misure funzionali.

Guanabenz, oltre ai noti effetti anti-ipertensivi, aveva mostrato un effetto protettivo sui neuroni in studi in vitro su modelli cellulari e animali di Sla. Il trial clinico è stato disegnato per valutare se questo effetto protettivo fosse evidenziabile anche in clinica, valutando la progressione della malattia nel corso di 6 mesi attraverso misure funzionali validate. Nel trial sono stati convolti 201 pazienti affetti da SLA che avevano avuto insorgenza dei sintomi nei 18 mesi precedenti, assegnati in modo casuale al trattamento con guanabenz 64 mg, 32 mg, 16 mg o placebo al giorno per sei mesi come trattamento aggiuntivo alla terapia con riluzolo. “Lo studio ha dimostrato che i pazienti che hanno assunto il farmaco alle dosi più alte hanno avuto una progressione della malattia significativamente più lenta – spiega il professor Lauria Pinter. In particolare, l’efficacia è stata dimostrata soprattutto nei pazienti in cui la malattia si è presentata nella forma definita “bulbare”, nella quale cioè la degenerazione coinvolge i motoneuroni responsabili della contrazione dei muscoli utilizzati per deglutire e parlare”.

I dati dimostrano che nessuno dei 18 pazienti con esordio bulbare è progredito a uno stadio più avanzato di malattia rispetto ai pazienti trattati con guanabenz 16 mg o placebo, e nel confronto con un gruppo di altri 200 pazienti seguiti nel tempo. “Un aspetto importante di questo studio clinico è che la molecola agisce su un meccanismo patogenetico della SLA, la cui modulazione ha prodotto effetti clinici. Non si tratta ancora di una cura per la SLA – approfondisce il professor Lauria Pinter – ma è un’informazione importante per proseguire le ricerche in modo concreto, anche grazie all’interesse che l’industria farmaceutica sta già dimostrando. Questo risultato esprime la forza che il sistema degli IRCCS è in grado di offrire a supporto della ricerca clinica indipendente, insieme alla passione della comunità scientifica italiana. Devo infine ringraziare COSMO Pharma di Lainate, Milano, senza il cui supporto gratuito non sarebbe stato possibile effettuare lo studio”.

Soddisfazione per i risultati ottenuti dallo studio ‘PROMISE’ sono stati espressi da Fondazione AriSLA, ente finanziatore del progetto e principale organismo non profit che dal 2008 sostiene la ricerca scientifi­ca sulla SLA in Italia: “Siamo molto contenti – commenta il presidente Mario Melazzini – di aver contribuito al raggiungimento di questi risultati, che incoraggiano a proseguire con studi più mirati per esplorare l’efficacia di trattamenti farmacologici per i pazienti affetti da SLA. Il nostro impegno è di rimanere al fianco di chi fa ricerca, consapevoli di quanto la ricerca costituisca l’unico strumento concreto per dare risposte alle persone che convivono ogni giorno con la malattia”. I risultati incoraggianti dello studio ‘Promise’ rappresentano la base per proseguire con ulteriori studi con nuovi farmaci mirati a questo meccanismo d’azione e costituiscono un fondamentale punto di partenza per avviare la necessaria sperimentazione clinica di conferma.

 

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Sciopero medici e infermieri: ora dimissioni di massa

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Chiedono “rispetto” e urlano “vergogna” al governo, che ha messo in campo una manovra “senza risorse sufficienti per salvare il Servizio sanitario nazionale ed i suoi professionisti”. Medici ed infermieri oggi sono scesi in piazza per lo sciopero nazionale di 24 ore indetto da Anaao Assomed (medici ospedalieri), Cimo Fesmed e Nursing up: se non basterà, è il messaggio dei sindacati dal palco della manifestazione a Piazza Santi Apostoli a Roma, “andremo avanti, fino alle dimissioni di massa”. La protesta ha toccato un’adesione dell’85% secondo i sindacati, ma il ministro della Salute Orazio Schillaci, al Tg1, sottolinea: “Verificheremo domani quelli che saranno i dati ufficiali sull’adesione allo sciopero, credo inferiori a questi numeri”.

E’ stata comunque bassa l’adesione media in Veneto (sotto il 5%) ed in Umbria è stata invece alta “l’adesione morale”: molti medici sono andati al lavoro per garantire lo smaltimento delle liste d’attesa rinunciando al pagamento della giornata. Da parte sua, Schillaci ha sottolineato che “questo è il governo che ha messo più soldi sulla sanità pubblica: sono stati stanziati oltre 35 miliardi nei prossimi 5 anni. Abbiamo aumentato le indennità di specificità dei medici e l’abbiamo introdotta anche per gli infermieri, e spero che nella manovra si possa aggiungere qualcosa su questo capitolo”. Quanto alle affermazioni della leader del Pd Elly Schlein secondo cui il governo “sta smantellando la sanità pubblica”, Schillaci commenta: “Credo che questa sia solo propaganda”.

Negli ospedali non sono comunque mancati i disagi, anche se la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) ha precisato che lo sciopero di medici, dirigenti sanitari, infermieri e altre professioni sanitarie ha fatto registrare limitate criticità nell’erogazione dei servizi ai cittadini, con “minimi disagi rilevati a macchia di leopardo nel territorio nazionale”. Secondo i sindacati, però, a saltare sono stati 1,2 milioni di prestazioni: i servizi di assistenza, esami radiografici (50mila), 15mila interventi chirurgici programmati e 100mila visite specialistiche. Garantite, invece, le prestazioni d’urgenza. La protesta, precisano le organizzazioni – che parlano anche di un eccesso di precettazioni da parte delle Asl – non è ovviamente ‘contro’ i cittadini: “Se siamo qui in piazza – afferma il segretario Anaao, Pierino Di Silverio, dal palco – è proprio per i pazienti.

Negli ospedali le condizioni sono ormai inaccettabili”. Sfidando la pioggia ed il cielo grigio, circa 1000 tra medici e infermieri affollano muniti di bandiere la piazza romana. Le parole più urlate sono ‘Rispetto’ e ‘Vergogna’. Di Silverio, con i presidenti di Cimo Guido Quici e di Nursing up Antonio De Palma, espone le ragioni della protesta: “Viviamo in una condizione che definire drammatica è poco: stipendi bassi, strutture fatiscenti, violenza, assenza di medicina sul territorio. E dopo 15 anni di costanti disinvestimenti nella Sanità pubblica, il governo non si vergogna con questa manovra di elargire 14 euro in più al mese ai medici e 7 agli infermieri, a fronte di zero assunzioni e di una legge di Bilancio 2025 che conferma la riduzione del finanziamento per la sanità”.

E la protesta non finisce con lo sciopero di oggi: “Arriveremo ad azioni estreme e alle dimissioni di massa”. Medici e infermieri si sono rivolti anche alla premier Giorgia Meloni, con una lettera in cui denunciano investimenti insufficienti e chiedono un rilancio vero del Ssn ed un incontro urgente. Solidarietà arriva dai medici di famiglia della Fimmg: “Se necessario, anche la Medicina Generale è pronta ad azioni di protesta”. Vicinanza è espressa da esponenti del Pd, mentre Angelo Bonelli (Avs) ricorda che 4,5 milioni di italiani rinunciano alle cure a causa delle lunghe liste d’attesa e 2,5 milioni non possono permettersele per ragioni economiche. Netta, invece, la posizione di FdI: “Rispetto lo sciopero, ma stiamo facendo il possibile per migliorare la situazione”, afferma il vicecapogruppo alla Camera, Alfredo Antoniozzi.

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Tumori, in Italia 2 milioni di giovani non protetti da virus hpv

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In Italia oltre 2,2 milioni di giovani non sono protetti contro il papillomavirus Hpv e corrono il rischio di contrarre il virus e di diffonderlo. L’11% delle donne, d’età compresa fra i 25 e i 64 anni di età, non ha mai fatto l’Hpv o il Pap test per lo screening del tumore alla cervice uterina. Il 13% di loro invece non lo ha svolto negli ultimi 3 anni.

Dati non confortanti e che allontanano il raggiungimento dell’obiettivo di Sanità pubblica proposto dall’Oms di eliminare il carcinoma cervicale nei prossimi anni. Perciò la Fondazione Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), con il supporto di Siti (Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica) rivolge un appello alle Istituzioni affinché si metta in campo un piano di recupero per la prevenzione.

“Chiediamo al Governo l’impegno per l’approvazione di un Piano straordinario per l’eliminazione dei tumori Hpv correlati attraverso il recupero delle vaccinazioni anti-Hpv e dello screening cervicale. Bisogna abbassare il tasso di incidenza di questa neoplasia a meno di 4 casi su 100mila”, è la richiesta degli oncologi in occasione del convegno ‘Le azioni per un’Italia Hpv-free entro il 2030’ che si è tenuto alla Camera nella Giornata mondiale contro il tumore della cervice uterina, per iniziativa di Annamaria Patriarca (membro Commissione Affari Sociali di Montecitorio).

“In totale ammontano a oltre 7.500 le neoplasie che ogni anno vengono provocate dal pericoloso virus – sostiene Alessandra Fabi, membro del Direttivo nazionale Aiom -. Non vi è solo il carcinoma della cervice uterina ma anche quote rilevanti di quello all’ano, vulva, vagina, pene, orofaringe, cavo orale e laringe. Bisogna poi aggiungere altri casi di malattie come le displasie cervicali. Ridurre l’incidenza di tutte queste patologie è possibile fino ad eradicarle completamente. Vi sono già esempi virtuosi di alcuni Paesi, tra cui l’Australia, che stanno raggiungendo un obiettivo importante e soprattutto non impossibile. Vanno però presi subito alcuni provvedimenti per incentivare e potenziare la prevenzione oncologica primaria e secondaria”. A Montecitorio è stato presentato un documento di Fondazione Aiom e Siti con alcune proposte concrete da attuare a livello nazionale e regionale.

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Antibioticoresistenza, attese 10 milioni vittime entro il 2050

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Si stima che entro il 2050, le infezioni causate da batteri resistenti potrebbero provocare fino a 10 milioni di morti l’anno a livello globale, con costi economici che supererebbero i 100 trilioni di dollari. In Europa, l’Antimicrobicoresistenza (Amr) è responsabile ogni anno di quasi 700 mila infezioni e oltre 30 mila decessi, con un impatto economico stimato intorno a 1,5 miliardi di euro. Lo ricordano gli esperti dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli) in occasione della Giornata europea per l’uso consapevole degli antibiotici, nell’ambito della più ampia settimana mondiale della consapevolezza antimicrobica.

“Il problema è urgente e globale: gli antibiotici sono essenziali per la medicina moderna, permettendo di trattare infezioni potenzialmente mortali e di eseguire interventi complessi in sicurezza – afferma il Segretario del Comitato di Studio per gli Antimicrobici (Cosa) Tommaso Giani dell’Università degli Studi di Firenze -. Una perdita di efficacia di questi farmaci comporta un grave impatto sulle capacità della medicina contemporanea, con conseguenze su interventi chirurgici, trapianti e trattamenti per pazienti oncologici e immunocompromessi”.

In Italia, i dati mostrano una delle più alte incidenze di resistenza antibiotica rispetto agli altri Paesi europei. All’interno delle strutture sanitarie italiane si registrano numerosi casi di batteri multiresistenti, capaci di resistere a più classi di antibiotici e, in alcuni casi, a tutti i trattamenti disponibili. “L’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli) è da sempre in prima linea per contrastare il problema dell’Amr con molteplici iniziative di formazione, ma soprattutto con il lavoro quotidiano del Microbiologo clinico, grazie anche a tecnologie innovative che permettono sia di accorciare i tempi della diagnostica delle infezioni gravi sia di identificare più precocemente eventuali patogeni multiresistenti, con un importante impatto sull’ottimizzazione della terapia antibiotica e sull’implementazione delle opportune misure di infection control per limitare la diffusione dei batteri multiresistenti”, spiega Pierangelo Clerici, presidente Amcli.

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