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Rocca tiepido sull’autonomia, si allarga fronte del no

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L’autonomia non convince solo i presidenti di centrosinistra. Dopo i dubbi del governatore della Calabria Occhiuto, di Forza Italia, ecco che arriva la tiepida presa di posizione dal Lazio. È infatti il presidente Francesco Rocca, vicino a Fratelli d’Italia, a mostrarsi molto cauto verso la riforma targata Lega. E oggi Rocca, mescolando le carte, ha fatto capire che prima di richiedere l’autonomia dovrà fare più di una valutazione, e che certamente non basta la richiesta del collega veneto Zaia che sollecitava gemellaggi col sud: “Non attiverò l’autonomia” come ha chiesto Zaia “anche perchè lui non ha 20 miliardi di debito. Se avessi una Regione finanziariamente in salute come il Veneto probabilmente la chiederei anche io”, ha risposto Rocca .

Per il Lazio, infatti, il tema “è uscire dalle secche finanziarie – ha proseguito – ed attendere la definizione dei Livelli essenziali delle presentazioni. Il debito lo abbiamo, ma la definizione dei Lep è essenziale per le norme adottare. Io ho sempre detto che avrei sospeso il giudizio fino a quel momento. Quindi non mi vado a contraddire chiedendo qualcosa che non conosco rispetto alla definizione dei Lep”, ha detto Rocca. Il presidente del Lazio non mette la lapide sulla riforma, ma comunque sottolinea che le richieste vanno ragionate. Rocca è tra i primi a mostrare le crepe tra i governatori del centrodestra. E dopo le sue parole, sembrano profetiche le dichiarazione del capogruppo Pd in Senato Francesco Boccia: “Discutere di merito dell’autonomia? La maggioranza lo ha sempre negato per difendere il baratto politico – ha detto – ora lavoreremo per raccogliere le firme per il referendum abrogativo di una legge che anche a destra, cominciano a criticare come ha fatto ieri il ministro

Musumeci che ha criticato l’assurda richiesta di Luca Zaia di anticipare l’intesa”. La raccolta firme per il referendum prende piede. Dalla Sicilia all’Emilia, cresce l’ondata del fronte del no, così gli staff di cinque regioni, con capofila la Sardegna, si oppongono all’autonomia targata Calderoli e si vedranno per studiare i dettagli del quesito referendario. In Emilia Romagna le commissioni bilancio e statuto dell’Assemblea legislativa, hanno votato a favore del documento con cui si invita la Regione a chiedere l’indizione del referendum abrogativo, dove a favore hanno votato i gruppi di maggioranza e il M5s, mentre non ha partecipato al voto il centrodestra, che ha abbandonato la seduta congiunta.

Pronto al referendum anche il presidente della Campania Vincenzo De Luca che ha definito la riforma “sciagurata”, rispedendo al mittente la proposta di Zaia. “Io mi gemello con tutti quelli che accettano il presupposto della sfida dell’efficienza”, le parole di De Luca. Anche nel governo sembra esserci titubanza sullo sponsorizzare la nuova legge. L’autonomia differenziata è “un passaggio importante”, ma “naturalmente come il coltello, può essere utilizzato per tagliare il salame ma anche per accoltellare il vicino”, ha affermato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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