Nel corso del primo lockdown furono protagonisti di una vera e propria rivolta nel carcere di Rebibbia. Tafferugli scatenati all’interno del penitenziario romano, cosi’ come in altre case circondariali in Italia, per protestare contro le misure disposte dal governo per contenere la diffusione del Covid. Per questa vicenda cinquanta detenuti rischiano di finire sotto processo. La Procura di Roma sta notificando a tutti la richiesta di rinvio a giudizio. Nei loro confronti la procura di Roma contesta i reati di danneggiamento, sequestro di persona, rapina e devastazione. In base a quanto accertato dalla polizia Penitenziaria la sommossa e’ scoppiata prima nel reparto G11 per poi estendersi ad altri settori del complesso penitenziario. Per questa vicenda, il 24 novembre scorso, erano state emesse nove misure cautelari in carcere nei confronti di alcuni detenuti coinvolti nelle rivolte. Durante gli scontri un ispettore rimase ferito con una prognosi di 40 giorni. Dalle indagini, svolte dalla polizia penitenziaria e coordinate dalla Procura di Roma, e’ emerso il ruolo di quattro detenuti come promotori: dopo aver aggredito personale della polizia penitenziaria erano riusciti ad impadronirsi delle chiavi dei cancelli “filtro” cosi’ da permettere ai detenuti degli altri reparti di uscire e unirsi alla protesta. Dopo i fatti del marzo scorso, che hanno interessato, tra le altre, anche le strutture penitenziarie di Milano, Palermo, Rieti, Foggia e Venezia, oggi il capo della polizia Franco Gabrielli ha inviato una circolare a prefetti e questori con cui si definiscono le linee guida per la pianificazione degli interventi con l’obiettivo di una gestione piu’ efficace di questi episodi attraverso il coinvolgimento di forze dell’ordine, polizie locali e forze armate. I prefetti sono invitati a convocare appositi Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica con la presenza del direttore del carcere e del comandante del Reparto di polizia penitenziaria di ciascuno degli istituti penitenziari presenti sul territorio. La Direzione investigativa antimafia fornira’ notizie utili alla stesura del piano. Il Comitato dovra’ pianificare le misure da attuare esternamente al carcere. Dovra’ esser previsto il numero di forze di polizia da impiegare in base allo scenario di rischio. L’intervento all’interno dell’istituto, sottolinea la circolare, “e’ di natura assolutamente eccezionale e pertanto connesso con il verificarsi di eventi non ordinari”. In questi casi il direttore del carcere, sentito il comando del reparto di polizia penitenziaria, fara’ richiesta al competente Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. Le linee guida invitano a seguire criteri di progressivita’. Nelle fasi iniziali le azioni potrebbero concretizzarsi in un “mero, ma visibile, dispiegamento della forza pubblica, posizionata in assetto di pronto intervento nei pressi dell’intercinta, a scopo dissuasivo e preventivo”. L’intervento all’interno dell’istituto, e’ l’indicazione, “puo’ verificarsi esclusivamente in via residuale e straordinaria e solo dopo che siano stati esperiti tutti i sistemi di contenimento e le risorse a disposizione dell’amministrazione penitenziaria”. In caso di eventi di “straordinaria eccezionalita’” potra’ essere convocata l’Unita’ di crisi, con l’eventuale impiego dei reparti speciali (Nocs e Gis).
Il 23 novembre 1980 è una data incisa nella memoria dell’Italia. Alle ore 19:35, una scossa di terremoto di magnitudo 6,8, seguita da un’altra di magnitudo 5, devastò le province di Avellino, Salerno e Potenza, colpendo anche altre zone della Campania e della Basilicata. Una tragedia che causò migliaia di vittime e distrusse interi paesi, lasciando ferite profonde nel cuore delle comunità.
A 44 anni di distanza, i Vigili del Fuoco di Avellino, insieme alle istituzioni e ai cittadini, vogliono rendere omaggio alle vittime e ai feriti di quella catastrofe, ricordando anche il sacrificio di chi, con coraggio e abnegazione, si mobilitò per portare soccorso.
Il ricordo dei soccorritori
I Vigili del Fuoco furono tra i protagonisti della risposta all’emergenza. Nonostante le difficoltà rappresentate da un territorio montagnoso, dalle condizioni meteorologiche avverse e dalle vie di comunicazione interrotte, operarono senza sosta per mesi. Ragazzi che, con il loro spirito di adattamento, riuscirono a superare ogni ostacolo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione della popolazione colpita.
«Vogliamo ricordare l’immane lavoro dei nostri colleghi Vigili del Fuoco, che affrontarono sacrifici personali senza precedenti per fronteggiare una situazione straordinaria», sottolineano oggi i rappresentanti del corpo.
Un messaggio dal Ministro Piantedosi
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato alle commemorazioni a Sant’Angelo dei Lombardi, uno dei comuni più colpiti dal sisma, ricordando con commozione il sacrificio delle vittime e il moto di solidarietà che ne seguì.
«Quella tragedia rappresentò uno spartiacque per il nostro Paese, evidenziando la necessità di un Sistema nazionale di protezione civile. Oggi, la Protezione Civile italiana è un modello d’eccellenza riconosciuto a livello internazionale», ha dichiarato Piantedosi.
L’impatto storico e umano
La scossa devastò un’area di 17.000 chilometri quadrati, rendendo i soccorsi estremamente complessi. Cinque giorni dopo il sisma, tutti i corpi erano stati estratti dalle macerie, ma il lavoro di ricostruzione e assistenza durò per mesi. Allora, il presidente Sandro Pertini denunciò i gravi ritardi nei soccorsi, sollevando l’urgenza di migliorare le risposte alle emergenze.
Quella tragedia fu il punto di partenza per la nascita, nel 1982, del Dipartimento della Protezione Civile, che oggi coordina le emergenze sul territorio nazionale con rapidità ed efficacia.
Un tributo all’Italia solidale
L’anniversario del terremoto in Irpinia è un’occasione per ricordare non solo il dolore, ma anche la straordinaria solidarietà che unì il Paese. Da ogni angolo d’Italia arrivarono soccorritori e aiuti per sostenere le popolazioni colpite.
I Vigili del Fuoco di Avellino celebrano oggi il coraggio e la dedizione di chi si sacrificò per portare speranza e sollievo in un momento di disperazione, riaffermando il valore della memoria collettiva e dell’impegno civile.
Questa mattina, alle ore 8:35, è stata registrata una lieve scossa di terremoto di magnitudo 2,2 della scala Richter sul Vesuvio, precisamente sul versante di Ottaviano. La scossa, localizzata a una profondità di appena 20 metri, è stata percepita dalla popolazione locale, sebbene senza provocare danni.
Un evento di natura superficiale
La particolarità di questo evento sismico è la sua natura superficiale: essendo avvenuto a una profondità molto ridotta, il movimento del suolo è stato avvertito con maggiore intensità nelle aree circostanti l’epicentro, pur trattandosi di una magnitudo contenuta.
La rete di monitoraggio sul Vesuvio
Il Vesuvio, uno dei vulcani attivi più monitorati al mondo, è costantemente sotto osservazione dagli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Gli eventi sismici di bassa intensità e profondità, come quello di questa mattina, rientrano nelle normali attività vulcaniche e tettoniche dell’area.
Cosa significa per la popolazione
Gli esperti sottolineano che una scossa di questa entità non rappresenta un motivo di preoccupazione. Tali fenomeni sono parte della normale attività geodinamica dell’area vesuviana e non indicano necessariamente cambiamenti significativi nel comportamento del vulcano.
Consigli per la cittadinanza
È sempre utile che la popolazione residente in aree vulcaniche adotti semplici pratiche di prevenzione e segua le comunicazioni ufficiali delle autorità locali e degli enti scientifici.
L’evento odierno, pur avvertito dalla cittadinanza, rientra nella casistica di scosse leggere che non destano particolari allarmi, ma che ricordano l’importanza di vivere consapevolmente in una zona caratterizzata da fenomeni naturali unici.
Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.
Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.
La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.
Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.
Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.