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Economia

Ristoranti, nel lockdown c’è anche chi riparte

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Nell’ultimo weekend dell’anno con ristoranti aperti a pranzo, insieme a bar e pasticcerie con serrande alzate fino alle ore 18, c’e’ chi si mette in fila per l’ultimo spritz 2020 e c’e’ invece chi taglia il nastro di nuove insegne della ristorazione. Quello dello chef tristellato Niko Romito, aperto in pieno centro a Pescara, e’ ‘Bomba Temporary’, dove acquistare comfort food come bombe alla crema e cioccolata calda, da mangiare passeggiando. “Sono contento di questo progetto a tempo, nato – sottolinea Romito – per portare una ventata di ottimismo e positivita’ in un periodo non facile. Parliamo di un progetto ‘temporary’, di pochi giorni. Ho tutte le attivita’ chiuse in Abruzzo e volevo regalare, in una citta’ importante come Pescara, qualcosa di mio”. Dall’Adriatico al Tirreno, a Formia, nel basso Lazio il restart di “Michele Chinappi”, nella nuove sede al rione Torre di Mola, cuore della movida formiana. Partenza in salita per l’emergenza Covid ma, ha detto Michele Chinappi, “e’ una sfida che cavalchiamo come lounge bar, ristorante gourmet, e delivery fiduciosi che, con l’arrivo del vaccino, presto sara’ ripartenza vera. Siamo contenti di questo passo in avanti, dimostrando che facendo squadra con lo chef della Federazione italiana cuochi Marco Bisletti, e rimboccandosi le maniche con la fiducia della banche si puo’ ripartire”. Risalendo verso Roma, ad Aprilia, il restart del ristorante “D’Istinto”, era stato avviato appena un mese fa dai giovani Matteo Gilardi e Christian Spalvieri. “Dopo anni in stellati all’estero, abbiamo deciso di tronare a casa e di risollevare il concetto di trattoria. Tutti i giorni un menu diverso di cucina italiana con cottura al forno a legna, tutto ruota attorno al fuoco. Ma questo stop all’arrivo delle festivita’ di fine anno ci preoccupa e rischia di spegnere una brace appena avviata”. Per lo chef campano Gennaro Esposito “l’anno che sta per andarsene e’ stato il piu’ difficile di sempre, ma il 2021 appare pieno di incertezze e quindi non ci si puo’ appunto preparare ma neppure farsi trovare impreparati. Il passaggio della Campania in zona arancione era stato un segnale di speranza, di miglioramento. Mordiamo il freno e aspettiamo con l’augurio di rivederci per condividere attimi di felicita’, ora cosi’ difficile”. Andrea Berton, chef e fondatore del Ristorante Berton a Milano, non riesce invece a star fermo e annuncia, al Gambero Rosso, il suo piano B, l’apertura di un temporary a Montecarlo, dopo aver dato in beneficenza la merce gia’ acquistata, mentre i ristori, sottolinea, non hanno coperto nemmeno un mese di stop.

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Economia

Istat, nel 2023 il debito italiano al 134,8% del Pil

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Il debito pubblico italiano, misurato al lordo delle passività connesse con gli interventi di sostegno finanziario in favore di Stati membri della Uem, è stato nel 2023 pari a 2.868.411 milioni di euro, ovvero al 134,8% del Pil, 3,5 punti percentuali in meno rispetto al 138,3% del 2002. Il deficit si è attestato invece al 7,2% del Pil contro l’8,1% del 2022. Lo rende noto l’Istat informando di aver trasmesso i dati alla Commissione europea in applicazione del Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi. Il dato del debito è leggermente superiore alla stima fornita il 23 settembre, pari al 134,6%.

Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato negativo e pari al -3,5% del Pil, con un miglioramento di circa 0,5 punti percentuali rispetto al 2022. La spesa per interessi che, secondo le attuali regole di contabilizzazione, non comprende l’impatto delle operazioni di swap, è stata pari al 3,7% del Pil, mostrando una decrescita di -0,4 punti percentuali rispetto al 2022. I dati del debito delle amministrazioni pubbliche per gli anni 2020-2023, precisa l’Istat, sono quelli pubblicati dalla Banca d’Italia e sono coerenti con il Sistema europeo dei conti (Sec 2010).

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Economia

Crisi in Fenice: tensioni tra i soci e futuro incerto per il marchio Chiara Ferragni

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Tempi stretti per risolvere la crisi che sta scuotendo Fenice, la società proprietaria dei marchi Chiara Ferragni. L’imprenditrice-influencer, che detiene il 32,5% del capitale, è coinvolta in una disputa con i suoi soci, Paolo Barletta (40%) e Pasquale Morgese (27,5%). La tensione crescente tra i tre sta mettendo a rischio il futuro del gruppo Ferragni.

Disputa legale in corso

Al centro della disputa ci sono lettere legali inviate da Morgese, che richiede urgentemente una rendicontazione dell’andamento della società e la convocazione di un’assemblea per approvare il bilancio 2023, ancora assente. La mossa di Morgese, secondo fonti vicine alla società, è vista come una “intimazione discutibile”, ma indica che il socio pugliese non intende restare “bloccato” nel capitale di Fenice, mentre sembra che Alchimia, la società di Barletta, sia pronta a vendere la sua quota a Chiara Ferragni.

Le lettere legali contengono anche minacce di revoca del consiglio di amministrazione (attualmente composto da Ferragni e Barletta) e di azioni legali per responsabilità sociale, con eventuali richieste di risarcimento milionarie. Queste minacce potrebbero portare a un intervento drastico, come il ricorso al tribunale per la nomina di un amministratore giudiziario, in base all’articolo 2409 del codice civile, che permette di denunciare amministratori sospettati di gravi irregolarità.

Futuro della Governance di Fenice

Nonostante le tensioni, sia Ferragni che Barletta sembrano consapevoli della necessità di risolvere rapidamente la situazione. Pare infatti che un accordo per ridisegnare la governance della società sia imminente, con l’obiettivo di garantire stabilità e prospettive future. Si prevede che entro ottobre verranno prese decisioni importanti, inclusa la convocazione dell’assemblea richiesta da Morgese, per evitare ulteriori azioni legali.

Un altro possibile scenario è la nomina di un manager esterno che possa gestire la situazione, riducendo così il conflitto tra Barletta e Ferragni, che sono attualmente in trattativa per la compravendita del 40% della società.

Valore di Fenice e il marchio Chiara Ferragni

Un nodo cruciale rimane la valutazione di Fenice e, di conseguenza, del marchio Chiara Ferragni. Il valore della società è centrale per determinare il prezzo delle quote di Barletta e Morgese. Tuttavia, senza un bilancio recente, risulta difficile stabilire con precisione il valore attuale della società.

A pesare sulla valutazione ci sono anche i rapporti con i licenziatari dei marchi Ferragni: alcuni contratti potrebbero essere sospesi, risolti o in contenzioso, ma non ci sono informazioni certe al riguardo. È chiaro che i tempi d’oro, quando Chiara Ferragni riusciva a trasformare ogni prodotto firmato o postato in fatturato, sembrano essere passati.

Le prossime due-tre settimane saranno decisive per il futuro di Fenice e per il marchio Ferragni, in attesa di risposte concrete e di una possibile ridefinizione degli assetti societari.

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Economia

Risolto il contenzioso sul tabacco in Canada: 23,6 mld di dollari di risarcimento per i giganti del settore

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Le tre principali aziende del tabacco, Philip Morris, British American Tobacco e Japan Tobacco, dovranno pagare una cifra record di 23,6 miliardi di dollari per risolvere un vecchio contenzioso in Canada. Le aziende sono state accusate di aver nascosto informazioni cruciali sui pericoli del fumo, in particolare il legame con il cancro, secondo quanto denunciato dai consumatori che hanno intentato la causa.

Risarcimento storico

La vicenda ha avuto inizio nel 2015, quando un tribunale del Quebec ha assegnato un risarcimento di miliardi di dollari a circa 100.000 fumatori ed ex-fumatori. Questi consumatori hanno sostenuto che le aziende produttrici di sigarette fossero consapevoli fin dagli anni ’50 dei danni alla salute causati dai loro prodotti, ma non avessero adeguatamente informato il pubblico. Dopo un ricorso, la decisione è stata confermata nel 2019, mettendo in crisi le filiali canadesi delle tre multinazionali del tabacco, che hanno richiesto la protezione dal fallimento.

Piano di risarcimento

La somma di 23,6 miliardi di dollari è stata proposta da un mediatore nominato dal tribunale come soluzione definitiva per il risarcimento. La ripartizione esatta dell’importo tra i tre giganti del tabacco non è ancora chiara, ma si prevede che sarà finanziata con liquidità disponibile e dalle vendite future dei prodotti del tabacco in Canada.

Reazioni delle aziende

Philip Morris, attraverso il suo CEO Jacek Olczak, ha espresso fiducia che il processo legale si concluderà presto, permettendo alla sua filiale canadese, Rothmans, Benson & Hedges (RBH), di concentrarsi sul futuro. Anche British American Tobacco ha accolto il piano come un passo positivo verso la risoluzione del caso. Tuttavia, il titolo di BAT ha subito un calo del 3,5% venerdì scorso.

Prossimi passi

Il piano sarà sottoposto a votazione a dicembre, e se sarà accettato dai richiedenti, l’udienza finale per l’approvazione si terrà nella prima metà del 2024. Se approvato, questa risoluzione segnerà la conclusione di una battaglia legale durata quasi un decennio, che ha avuto un impatto significativo sul settore del tabacco in Canada.

La risoluzione di questo contenzioso rappresenta un momento storico per l’industria del tabacco, sottolineando la responsabilità delle aziende di avvertire adeguatamente i consumatori sui rischi per la salute. Con la conclusione vicina, i produttori di sigarette stanno cercando di guardare al futuro, mentre i consumatori e le autorità continuano a monitorare le azioni di queste multinazionali.

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