Un Dna sconosciuto, che legherebbe tre degli otto duplici delitti attribuiti al maniaco di Firenze, il mostro che insanguinò le colline attorno al capoluogo toscano dal 1968 al 1985. Almeno stando a quanto avrebbe accertato Lorenzo Iovino, ematologo italiano che lavora a Seattle dove si occupa di trapianti di midollo. Iovino ha condotto la sua ricerca come consulente di uno dei legali di parte civile, l’avvocato Vieri Adriani che assiste i familiari delle ultime due vittime, Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, la coppia francese uccisa agli Scopeti nel settembre di 39 anni fa. Studi condotti a partire da un proiettile – denominato V3 – scoperto nel giugno 2015: fu rinvenuto conficcato nel cuscino della tenda di Mauriot e Kraveichvili.
Su quel reperto trovato a distanza di decenni dal duplice delitto una equipe guidata dal genetista Ugo Ricci nel 2018 individuò un profilo genetico ricorrente, poi ricondotto a quello del perito balistico che in passato aveva condotto gli esami, mescolato a un secondo parziale profilo sconosciuto. Iovino, analizzando le sequenze di Dna riportate nella consulenza di Ricci, sarebbe arrivato a conclusioni che, stando a quanto riferito al quotidiano, sarebbero potenzialmente clamorose: “Il secondo Dna sul reperto V3 — afferma l’ematologo — non solo non è compatibile con quello delle vittime e del secondo perito balistico che aveva maneggiato il reperto, ma neanche con quello di alcuni indagati, o delle tracce di Dna di altri sconosciuti isolate da Ricci sui pantaloni di Jean Michel e sulla tenda”.
La sequenza inoltre, si afferma dal consulente, ricorrerebbe in modo parziale anche sui proiettili repertati di altri due duplici omicidi, quelli dei tedeschi Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (uccisi il 9 settembre 1983 a Giogoli) e di Pia Rontini e Claudio Stefanacci, morti a Vicchio (Firenze) esattamente 40 anni, il 29 luglio 1984. “Il Dna dell’assassino potrebbe essere rimasto impresso mentre incamerava i proiettili — aggiunge Iovino al quotidiano -. Alcuni delitti non sono stati coperti da giudicato, e le sentenze stesse hanno ipotizzato una pluralità di attori. Per questo sarebbe fondamentale utilizzare a pieno i risultati delle consulenze genetiche già svolte”.
“Se quella è la firma del mostro – commenta a Repubblica l’avvocato Vieri Adriani -, occorre fare tutte le comparazioni possibili con i reperti a disposizione e con il profilo delle persone che sono state indagate nel corso del tempo”. Il legale annuncia poi un’altra mossa: “Se ci daranno l’autorizzazione i parenti, chiederemo alla procura la riesumazione del corpo di Stefania Pettini”, uccisa a Borgo San Lorenzo (Firenze) il 14 settembre 1974 col fidanzato Pasquale Gentilcore. “Sappiamo dalla consulenza del medico legale che potrebbe aver lottato con l’assassino – spiega ancora l’avvocato -, non è impossibile pensare che dei campioni biologici siano rimasti per esempio sotto le unghie”.