Riappare dal buio nel quale e’ rimasto avvolto per lunghissimi anni il volto di Matteo Messina Denaro, 58 anni, boss mafioso conosciuto anche come Diabolik, e gli alias Alessio e Testa Dell’acqua, scomparso per la giustizia il 2 giugno 1993. Il latitante piu’ ricercato d’Italia. A pubblicare l’immagine del viso, ripreso da una telecamera di sicurezza, e’ stato il Tg2 delle 20.30. Le immagini, afferma il servizio, sono state registrate da una telecamera in strada in provincia di Agrigento, risalgono al 2009 e sono le uniche che inquirenti e investigatori hanno dal 1993. Il video e’ in possesso degli investigatori della Direzione centrale anticrimine della Polizia. Nelle immagini, che durano pochi secondi e risalgono al dicembre del 2009, si vede un suv blu che percorre una strada sterrata in piena campagna. A bordo ci sono due persone: l’autista e, sul sedile del passeggero, un uomo stempiato e con gli occhiali. Secondo investigatori e inquirenti, afferma il servizio, quell’uomo potrebbe essere proprio Matteo Messina Denaro. Le immagini, sostiene sempre il Tg2, sono state riprese da una telecamera di sicurezza a poche centinaia di metri dalla casa di Pietro Campo, boss della Valle dei Templi e fedelissimo del numero uno di cosa nostra che in quel periodo era protetto dalle famiglie agrigentine e, forse, stava andando proprio ad un incontro con i capi mafia locali. Di Messina Denaro si parla spesso, soprattutto con riferimento ai suoi presunti fiancheggiatori e agli affari illeciti che conduce dalla latitanza, ma l’ultima volta – lo scorso luglio – e’ stato evocato per una notizia di tipo diverso: il boss e’ diventato nonno. La figlia Lorenza Alagna, 26 anni, che porta il cognome della madre Francesca e il nome della nonna paterna, ha partorito un bambino. Che pero’ non si chiama Matteo, il padre che la giovane non ha mai conosciuto. Messina Denaro e’ il boss del mistero ricercato in tutto il mondo per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto. Imprendibile perche’ ha goduto di una fitta rete di protezione nel trapanese anche grazie all’enorme disponibilita’ di soldi, un reticolo di connivenze composto soprattutto da suoi familiari piu’ stretti e da quelli acquisiti che sono caduti via via come birilli travolti dalle inchieste giudiziarie. Ma di lui nessuna traccia. C’e’ chi dice sia a Dubai, o in Marocco, o che sia sempre rimasto in Sicilia, ma c’e’ anche chi sostiene che possa addirittura essere morto. Ma il boss latitante comanda ancora? Secondo l’ultima relazione della Dia, la Direzione investigativa antimafia, Messina Denaro “costituisce ancora la figura criminale piu’ carismatica della mafia trapanese”. Capo mandamento di Castelvetrano, “nonostante la latitanza rimane il principale punto di riferimento per decidere le questioni di maggiore interesse dell’organizzazione, per dirimere le controversie e per nominare i vertici delle articolazioni mafiose”. Va tuttavia evidenziato, sottolinea la Dia, che “benche’ ‘u siccu’ continui a beneficiare della fedelta’ di molti sodali non mancano segnali d’insofferenza. Alcuni affiliati sarebbero infatti insoddisfatti di una gestione di comando troppo impegnata a curare la sempre piu’ problematica latitanza del boss, anche in ragione della costante azione investigativa in larga parte volta a colpirne la rete di protezione”. Numerosi sono stati infatti gli arresti dei fiancheggiatori, cosi’ come le confische – “dall’ammontare miliardario” – eseguite nel corso degli anni nei confronti di soggetti che gravitano nella cerchia delle relazioni di Messina Denaro e che hanno colpito gli asset mafiosi nei settori imprenditoriali piu’ vari. Lo stesso procuratore antimafia di Palermo, Francesco Lo Voi, ha di recente ricordato come “in provincia di Trapani le indagini coordinate dalla Dda tra il luglio 2019 e il giugno 2020 hanno registrato ancora il potere mafioso saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro, che vanta un elevato novero di suoi componenti che hanno ricoperto e ricoprono tutt’ora ruoli di assoluto rilievo all’interno dell’intera provincia mafiosa trapanese”.