“In questi giorni si è innescata una polemica strumentale e disinformata sull’iniziativa promossa per sabato 28 settembre al Dipartimento di Scienze della Formazione che altro non è che una delle fasi di un progetto, uno studio scientifico di natura qualitativa sul benessere di bambini e ragazzi con un’espressione o identità di genere non normativa clinicamente riconosciuti dall’Oms. L’obiettivo della ricerca è quello di comprendere meglio il loro vissuto emotivo e come si relazionano nel contesto familiare e scolastico; la reazione che si è scatenata sembra quella di una caccia alle streghe”. Così il rettore di Roma Tre Massimiliano Fiorucci.
La maggior parte delle ricerche, ricorda il rettore dell’ateneo romano, Massimiliano Fiorucci, proviene dall’ambito clinico e medico concentrandosi principalmente sulla salute mentale dei/lle bambini/e e ragazzi/e gender diverse, lasciando sullo sfondo il contesto sociale in cui si muovono. Inoltre, di tutti gli studi che riguardano i minori genderdiversi si sono sviluppati a partire da interviste o sondaggi con adulti (genitori e professionisti/e della salute), perdendo l’opportunità di raccogliere le voci e le prospettive delle persone più giovani. Il progetto avviato dall’Università Roma Tre, in collaborazione con altre sedi universitarie, non ha ricevuto finanziamenti – precisa il rettore – ed è stato approvato dalla Commissione Etica di Ateneo, che ha verificato che nella ricerca i partecipanti siano tutelati e che siano rispettati i criteri di correttezza scientifica. Essa ha come obiettivo primario quello di ampliare la conoscenza rispetto al vissuto delle giovani persone con identità di genere non normativa, indagando in particolare i significati da loro attribuiti all’esperienza di rottura con la norma sociale in termini di genere e i fattori sociali che, dal punto di vista delle persone direttamente coinvolte, possono mitigare o aumentare le esperienze di discriminazione e di mancato riconoscimento affrontate.
“Insomma, si tratta di un incontro di ricerca finalizzato ad acquisire direttamente dalla voce dei minori con identità di genere non normativa, le loro valutazioni sul fenomeno e il loro vissuto. Non si tratta, quindi, di un laboratorio aperto al pubblico ma di una sessione di ricerca a cui prendono parte persone che hanno aderito al progetto con il consenso e la presenza dei loro genitori”, sintetizza Fiorucci, secondo il quale il progetto “sarà pioniere in Italia nella discussione che riguarda la diversità di genere nei minori, contribuendo a far progredire la comprensione e la consapevolezza della diversità di genere. I risultati della ricerca e il loro impatto si estenderanno, inoltre, al di là del mondo accademico. Questa collaborazione rappresenta, infatti, un’opportunità per colmare le lacune nella comprensione e nel sostegno a bambini e ragazzi gender diverse, promuovendo la creazione di ambienti inclusivi e aumentando il loro riconoscimento sociale”.
“La ricerca scientifica svolta dall’Università non è mai preceduta da una tesi, ma contribuisce eventualmente a formularne, anche di segno diverso”, conclude il rettore, ricordando che l’Università Roma Tre ha aderito, già da tempo, al Child Protection Policy, un atto che impegna le Università ad agire contro ogni forma di violenza, sfruttamento, oltraggio o brutalità fisica o mentale, abbandono o negligenza rivolta ai minori.