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Renzi rilancia intesa col Pd. Schlein, perimetro sui temi

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Nel centrosinistra, che ormai nessun leader chiama più ‘campo largo’, è ancora Matteo Renzi a tenere alta la tensione. Dalla scuola politica di Italia Viva a Gaeta, rilancia il feeling con il Pd e attacca i 5 Stelle. Quello con Elly Schlein, spiega il leader di Iv, è un “rapporto politico tra persone che hanno un disegno”. Poi la frecciata: “Conte non ce l’ha con con me, ma con la segretaria dem”. Per lui, affonda, “una candidatura a presidente del Consiglio che non sia la sua è lesa maestà”.

Ancora scintille, dunque, tra i due ex premier, che Schlein schiva mantenendo la sua linea “testardamente unitaria”. A chi le chiede se riuscirà a costruire una coalizione che vada da Conte a Renzi, risponde: “io non non l’ho mai presa dal perimetro dei nomi, come se fossero delle figurine Panini, ma sempre dal lato dei contenuti, e su questo lavoriamo tutti i giorni”. La leader del Pd guarda alla battaglia sulla manovra in Parlamento e alla sfida delle Regionali.

Nessuna intenzione di entrare nella querelle, dove il pressing di Renzi si scontra con i veti posti da 5s e Avs. Che, solo qualche giorno fa, avevano chiesto alla segretaria un chiarimento sulla presenza di Renzi nell’alleanza. Ma solo dopo le Regionali. In Emilia Romagna, intanto, l’apertura delle urne è alle porte e il nodo non è ancora sciolto. A far ballare fino all’ultimo l’intesa sulla coalizione resta la possibile presenza di una lista con il simbolo di Iv a sostegno di Michele De Pascale. Ipotesi che si scontrerebbe sulle barricate alzate dei 5 Stelle e che finirebbe per scompaginare il lavoro di tessitura del candidato alla presidenza. Schlein ribadisce che sulla coalizione “stanno lavorando i territori, sta lavorando De Pascale”. E il candidato rassicura: “la linea tracciata è molto chiara, la stiamo definendo, l’intesa verrà stretta la prossima settimana”.

Dalle parti di Iv, sarebbero arrivati nelle ultime ore richieste di segnali di distensione che vadano verso l’unità. Mentre continuano i contatti tra De Pascale e Renzi. Insomma, trattative ancora aperte. Rimanendo sul fronte Regionali, sembra esserci già accordo tra i leader nazionali per una piazza unitaria delle forze che sostengono Andrea Orlando in Liguria: hanno detto sì Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli e Calenda.

Che, però, guardando agli scenari futuri sul piano nazionale, si smarca: “andare a fare il cespuglio della sinistra, come Matteo Renzi, o della destra? Rispondo no grazie, gli elettori ci hanno messo al centro”. Che la strada resti in salita per il centrosinistra, lo ammette anche l’ex premier Paolo Gentiloni. Lui vorrebbe “alleanze larghissime”, ma richiamando le distanze in politica estera, aggiunge: “ci vorrebbe po’ di credibilità di programmi di governo”.

E Schlein puntella il ragionamento: “abbiamo idee diverse, altrimenti staremmo nello stesso partito, noi ad esempio riteniamo che un’eventuale vittoria di Trump sarebbe un pericolo”. Però, la segretaria tiene a precisare: “la politica internazionale non è secondaria, ma non impedisce di costruire convergenze su altro”.

Intanto, per la leader dem si riapre un fronte interno. Con il governatore campano Vincenzo De Luca che torna ad alzare i toni. Per lui, la questione del terzo mandato è “una balla che non esiste, il problema è la continua aggressione politica verso di me”. Quindi attacca il gruppo dirigente dem, e dichiara: “il Pd non è credibile per governare l’Italia”. Poi lancia l’ultimatum: “Schlein ha poco tempo davanti per cambiare Pd, che oggi ospita tutto quello che è contro natura, contro ragione e contro decenza”.

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Meloni: gruppi di pressione non accettano chi non è ricattabile

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“In questa Nazione ci sono probabilmente gruppi di pressione. I gruppi di pressione non accettano di avere al governo qualcuno che pressioni non se ne fa fare che non si puo’ ricattare. E allora, magari tentano di toglierselo di torno con altri strumenti. Temo che non riusciranno”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Tg5. Poi rivolgendosi al direttore Clemente Mimun aggiunge: “Lei ricorda questo fenomeno che noi conosciamo dei ladri che entrano dentro casa, rubano i gioielli e li vendono al ricettatore. Io penso che stia accadendo la stessa cosa con il mercato delle informazioni. Penso che ci siano dei funzionari, dei dipendenti pubblici e privati, che prendono illegalmente delle informazioni e le vendono sul mercato. A chi ? Questa è la risposta che stiamo aspettando”.

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L’Ue lavora a una condanna degli attacchi a Unifil

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Non siamo ancora al traguardo finale ma gli sherpa sono al lavoro. In vista del Consiglio Affari Esteri di lunedì – in trasferta in Lussemburgo – e poi del vertice dei leader a Bruxelles del 17-18 ottobre, l’Unione Europea sta cercando di trovare la quadra per smettere di balbettare sul Medio Oriente e condannare senza se e senza ma gli attacchi delle forze israeliane alle postazioni dell’Unifili in Libano.

“Tel Aviv ha oltrepassato la misura”, è la sintesi di un alto funzionario Ue. Ma la decisione ultima, come sempre, resta in capo ai Paesi e serve l’unanimità. I “tentativi” per arrivare ad una dichiarazione a 27 di condanna “sono in corso” ma non sono ancora “completi”, dichiarano infatti diverse fonti europee. Tra le capitali, è noto, ci sono sensibilità diverse e nelle scorse settimane non si è riusciti ad arrivare ad una posizione unitaria sull’operazione di terra in Libano a causa dell’opposizione di Praga, che giudicava il linguaggio “troppo netto”. Come sempre, quando si tratta dell’Ue, la speranza è l’ultima a morire.

“Possiamo divergere su molte cose, su Israele, ma non che bombardare l’Onu sia una linea rossa”, spiega un diplomatico. Naturalmente siamo alle parole. Ogni misura pratica, infatti, è esclusa, perlomeno a livello comunitario. L’embargo sulle armi – ventilato da Emmanuel Macron – per avere effetto a livello Ue avrebbe bisogno di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite oppure di una decisione unanime dei 27. E

d è improbabile, in entrambi i casi. Parallelamente, in vista del Consiglio Europeo della prossima settimana proseguono i negoziati sulle conclusioni da adottare sul capitolo Medio Oriente, dove si registra consenso a condannare l’Iran per il lancio di missili contro Israele, molto meno sul resto. “Le discussioni rimangono complicate, con la maggior parte degli Stati membri che chiede un linguaggio forte sulla situazione attuale, in particolare sugli attacchi contro l’Unifil e le violazioni del diritto umanitario internazionale, mentre alcuni (pochi) Stati membri vogliono avere un linguaggio più morbido”, spiega un diplomatico.

Insomma, la pressione aumenta e lo sguardo è sempre fisso a quanto accade sul terreno. Anche perché c’è grande preoccupazione sulla sorte dei due milioni di sfollati in Libano e il rischio di un aumento dei flussi migratori verso l’Europa (con un conflitto in corso la probabilità di meritare la protezione internazionale sarebbe alta). Silenzio alquanto sorprendente, invece, dalla Nato.

“Non credo ci sarà tempo per discutere della situazione in Medio Oriente perché l’Alleanza non ha nessun ruolo diretto”, confida un alto funzionario americano alla vigilia della ministeriale difesa, che si terrà sempre il 17-18 ottobre a Bruxelles. Vero. Ma è anche vero che la Nato ha una missione di addestramento in Iraq, ha recentemente nominato un inviato per i rapporti con il vicinato meridionale e nel suo Concetto Strategico ha deciso di adottare “una politica a 360 gradi” sulle sfide da affrontare.

“Ovviamente molti dei Paesi che siedono intorno al tavolo hanno scelto di impegnarsi diplomaticamente o militarmente e hanno diversi modi per affrontare la situazione ma non penso che tutto ciò si tramuterà in una discussione a livello Nato”, ha aggiunto la fonte Usa. Per quanto riguarda il possibile rischio posto dall’Iran agli alleati, il funzionario ha poi dichiarato: “C’è molto da discutere quando si parla dell’Iran, del suo comportamento globale e sul fronte interno. Ma l’attenzione della Nato tende a concentrarsi sugli aiuti militari forniti alla Russia per la sua guerra in Ucraina, come droni prima e missili balistici poi. Oltre questo, l’Iran non emerge con un argomento di conversazione chiave all’interno dell’Alleanza”.

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Conti spiati, Piantedosi: temo volontà alterare democrazia

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“In un’azione sistematica di spionaggio e dossieraggio di grandi personaggi politici, in gran parte appartenenti ad una parte politica, è chiaro che c’è forte il sospetto della volontà di creare un’alterazione del percorso democratico”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, intervenendo alla festa de Il Foglio, in riferimento alla vicenda dell’impiegato di banca, ora licenziato, che ha effettuato oltre seimila accessi in conti correnti di personaggi politici, dello sport e dello spettacolo.

“In un’azione sistematica di spionaggio e dossieraggio di grandi personaggi politici, in gran parte appartenenti ad una parte politica, è chiaro che c’è forte il sospetto della volontà di creare un’alterazione del percorso democratico”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, intervenendo alla festa de Il Foglio, in riferimento alla vicenda dell’impiegato di banca, ora licenziato, che ha effettuato oltre seimila accessi in conti correnti di personaggi politici, dello sport e dello spettacolo.

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