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Esteri

Rapporto Russiagate, non c’è stato alcun complotto dell’Fbi contro Trump

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In attesa degli sviluppi dell’indagine di impeachment sull’Ucrainagate, proseguita oggi alla Camera con la presentazione delle prove, arriva una prima ‘sentenza’ sulla genesi del Russiagate. “Nessun complotto dell’Fbi contro Trump”, e’ la conclusione del rapporto dell’ispettore generale del ministero delle giustizia Michael Horowitz. Un documento di oltre 400 pagine che stigmatizza alcuni imbarazzanti errori e omissioni da parte dell’Fbi, anche nella richiesta per intercettare la campagna di Trump. Ma che esclude pregiudizi dei vertici, scarta l’ipotesi di infiltrazioni nella medesima campagna e conferma la legittimita’ delle indagini, respingendo cosi’ l’accusa del tycoon che fu un complotto del ‘deep state’ per abbatterlo. A Trump tuttavia basteranno forse alcuni passaggi per sollevare altra polvere, mentre il suo fidato attorney general William Barr non condivide le conclusioni (le indagini dell’Fbi furono “intrusive”) e confida nel rapporto della parallela inchiesta penale. Intanto alla commissione Giustizia della Camera gli avvocati che rappresentano i democratici e i repubblicani sono arrivati a conclusioni diametralmente opposte sulle prove a favore o contro la messa in stato d’accusa per l’Ucrainagate, ossia le pressioni del presidente su Kiev per indagare il suo rivale nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden usando anche il blocco degli aiuti militari all’Ucraina. Un’udienza tesa, con schermaglie procedurali, cartelli-slogan e scambi di accuse acrimoniose che rispecchiano le divisioni di un Paese spaccato a meta’ in uno dei momenti piu’ drammatici per la sua vita democratica.

“Donald Trump ha messo se stesso davanti al Paese, ha violato le sue responsabilita’ elementari e il suo giuramento”, ha esordito l’arcigno presidente democratico della commissione Giustizia Jerrold Nadler, secondo cui la visita in Ucraina la scorsa settimana di Rudy Giuliani, l’avvocato personale del presidente, aggrava “un modello di condotta” che continua a “mettere a rischio il Paese”. Gli ha risposto a muso duro Doug Collins, il numero due repubblicano della commissione, che si e’ visto negare la richiesta di testimoni: “I democratici non si sono piu’ ripresi dopo che Trump e’ diventato presidente. E’ dal 2017 che vogliono metterlo in stato d’accusa e pensano che se non lo faranno ora vincera’ ancora alle prossime elezioni. E’ solo politica spettacolo!”, ha denunciato. Poi e’ toccato ai legali dei due partiti esporre prove ed argomentazioni sull’impeachment, rispondendo alla cross-esamination dei deputati.

“Le prove che Donald Trump ha abusato del suo potere sono chiare e schiaccianti”, ha sostenuto Barry Bark, l’avvocato che rappresenta i dem insieme a Daniel Goldman. “Il presidente ha usato il potere del governo per una faccenda di politica interna, mettendo la sua rielezione al di sopra della sicurezza del paese e dell’integrita’ delle elezioni”, ha aggiunto il legale, che per illustrare le prove ha usato video con spezzoni di testimonianze chiave. “Le interazioni del presidente con l’Ucraina sono un pericolo chiaro e persistente per le elezioni Usa”, gli ha fatto eco Goldman. Stephen Castor, l’avvocato che rappresenta i repubblicani, ha invece giustificato l’operato del tycoon nel perimetro della politica: “Trump non ha abusato del suo potere ne’ ha ostruito il Congresso, non c’e’ alcuna prova in questo processo frettoloso”. “Caccia alle streghe”, ha twittato Trump durante l’udienza. Ma il countdown verso la messa in stato d’accusa e’ ormai scattato: entro fine settimana la commissione Giustizia votera’ gli articoli, che spaziano dall’abuso di potere all’ostruzione del Congresso e della giustizia fino alla corruzione. Poi la Camera votera’ in sessione plenaria entro Natale. Il processo in gennaio al Senato, dove i repubblicani sono maggioranza e non ci sono i due terzi dei voti per la condanna.

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Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

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Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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