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Cronache

Rapporto Caritas, in povertà assoluta un italiano su 10

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“La povertà assoluta in Italia interessa 5 milioni 694mila persone, quasi un decimo della popolazione. Il lavoro povero e intermittente dilaga, con salari bassi e contratti atipici che impediscono una vita dignitosa. I giovani e le famiglie con figli sono le fasce più vulnerabili. Il disagio abitativo rappresenta un’emergenza, con famiglie senza casa o in condizioni abitative inadeguate. L’accesso all’istruzione e alle nuove tecnologie diventa un miraggio per sempre più ampie fasce della popolazione, alimentando le disuguaglianze”. E’ la sintesi che emerge dal Rapporto 2024 su Povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana, quest’anno intitolato “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di speranza”.

E un altro dato del Dossier pubblicato in vista della Giornata mondiale dei Poveri istituita da papa Francesco, fa riflettere: oggi in Italia il numero delle famiglie povere delle regioni del Nord supera quello di Sud e Isole. “Dal 2014 al 2023 – si legge infatti – il numero di famiglie povere residenti al Nord è praticamente raddoppiato, passando da 506mila nuclei a quasi un milione (+97,2%); se si guarda al resto del Paese la crescita è stata molto più contenuta, +28,6% nelle aree del Centro e +12,1% in quelle del Mezzogiorno (il dato nazionale è di +42,8%)”. La povertà è comunque in costante aumento nel nostro Paese poichè il dato sulla povertà assoluta risulta “in leggero aumento rispetto al 2022 su base familiare e stabile sul piano individuale” ma “ancora il più alto della serie storica, non accennando a diminuire”. Problemi cronici si sommano dunque a nuove povertà e disagi. Uno scenario nel quale una novità importante è rappresentata dall’impatto delle nuove misure di supporto intervenute in sostituzione del Reddito di cittadinanza.

L’analisi di Adi e Sfl non è però positiva per Caritas che proprio dalle pagine del Rapporto chiede che si torni a misure universalistiche più capaci di incidere sulla povertà assoluta. “Ora l’Adi (ad oggi percepito da 697.640 famiglie) – si legge – è destinato solamente a nuclei familiari con persone non occupabili, come minori e disabili, mentre il Sfl è riservato a chi è ritenuto occupabile e richiede percorsi formativi per il reinserimento lavorativo. Questa distinzione ha ridotto della metà il numero di famiglie raggiunte rispetto al RdC” producendo “331.000 nuclei di esodati”.

Il Supporto alla formazione e al lavoro “pensato per il reinserimento lavorativo attraverso percorsi formativi – afferma il report -, ha dimostrato un impatto ridotto, con poche persone coinvolte e percorsi di breve durata (mediamente 3-4 mesi), insufficienti a garantire un effettivo reinserimento nel mercato del lavoro”. Particolare “allarme” Caritas lo solleva per la povertà minorile e il fenomeno dei cosiddetti working poor. “L’incidenza della povertà assoluta tra i minori oggi è ai massimi storici – si legge -, pari al 13,8%: il valore più alto della serie ricostruita da Istat (era 13,4% nel 2022) e di tutte le altre fasce d’età”.

Complessivamente, “sono 1milione 295mila i bambini poveri: quasi un indigente su quattro è un minore”. Tra i lavoratori, si evidenzia quindi, “continua a crescere in modo preoccupante la povertà tra coloro che possiedono un impiego. Complessivamente tocca l’8% degli occupati (era il 7,7% nel 2022) anche se esistono marcate differenze in base alla categoria di lavoratori; se si ha una posizione da dirigente, quadro o impiegato l’incidenza scende al 2,8%, mentre balza al 16,5% se si svolge un lavoro da operaio o assimilato (dal 14,7% del 2022). Quest’ultimo in particolare è un dato che spaventa – si sottolinea -, segno emblematico di una debolezza del lavoro che smette di essere fattore di tutela e di protezione sociale”.

“Le povertà irrompono sulla scena sociale italiana in maniera sempre più evidente, travolgendo certezze e aprendo a nuovi interrogativi. Non si tratta solo di marginalità economica, ma di una complessa rete di fragilità che coinvolge le famiglie, imprigionandole in una spirale di solitudine, disagio abitativo, precarietà lavorativa e povertà educativa. La povertà assoluta interessa oltre 5,7 milioni di persone, quasi un decimo della popolazione italiana. Dall’analisi dei dati Caritas emerge un quadro preoccupante: tra le mura domestiche il lavoro povero e intermittente dilaga, con salari bassi e contratti atipici che soffocano ogni speranza di una vita dignitosa”. Così il direttore Caritas Italiana, don Marco Pagniello, sul rapporto povertà ed esclusione sociale in Italia 2024. “La povertà assoluta interessa oltre 5,7 milioni di persone – dice ancora Pagniello -, quasi un decimo della popolazione italiana. Dall’analisi dei dati Caritas emerge un quadro preoccupante: tra le mura domestiche il lavoro povero e intermittente dilaga, con salari bassi e contratti atipici che soffocano ogni speranza di una vita dignitosa.I giovani e le famiglie con figli sono le fasce più vulnerabili. Il disagio abitativo assume i contorni di una drammatica emergenza, con migliaia di famiglie senza casa o in condizioni abitative inadeguate. L’accesso all’istruzione e alle nuove tecnologie diventa un miraggio per fasce sempre più ampie della popolazione, alimentando disuguaglianze che rischiano di diventare abissi invalicabili”.

(Nella foto in evidenza don Marco Pagniello – Direttotre della Caritas Italiana)

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Voto di scambio, assolto Pasquale Aliberti sindaco di Scafati

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Il Tribunale di Nocera Inferiore ha assolto il sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, imputato di voto di scambio politico-mafioso. Per i giudici “il fatto non sussiste”. La Dda di Salerno aveva chiesto una condanna di 6 anni e 8 mesi. Assolti con formula piena anche tutti gli altri imputati, tra cui la moglie di Aliberti, l’ex consigliere regionale della Campania, Monica Paolino, e il fratello del primo cittadino, Nello Aliberti. L’inchiesta ipotizzava l’esistenza di un voto di scambio politico-mafioso sia in occasione delle amministrative del 2013 a Scafati che per le regionali del 2015. Il Consiglio comunale di Scafati, a seguito degli accertamenti effettuati dalla commissione di accesso, fu anche sciolto per infiltrazioni.

Pasquale Aliberti era accusato di associazione camorristica legata al presunto patto politico-mafioso. Le accuse, dopo quasi dieci anni di indagini e processi, sono risultate prive di fondamento. Molto emozionato Aliberti che dal suo profilo FB si rivolge così ai suoi concittadini: “Cari amici, oggi sento il cuore pieno e svuotato insieme. Vorrei parlarvi con leggerezza, ma non è possibile quando la tua vita viene stravolta, quando vieni trascinato nel fango, chiamato camorrista, e rimani solo con la tua voce, inascoltato. Per otto anni ho dovuto ingoiare umiliazioni, convivere con lo sguardo impaurito dei miei figli, vedere mia moglie lottare per una famiglia che sentiva franare. Mio padre è morto portandosi dietro una vergogna che non meritava, e io sono rimasto solo, spesso incapace persino di piangere. Oggi la giustizia ha detto quello che ho sempre saputo: assolto perché il fatto non sussiste.

Ma non c’è gioia piena. Il tempo non torna, e la vergogna ha lasciato segni che nessuno potrà mai vedere. Sono grato a chi ha creduto in me, anche quando era più facile girarsi dall’altra parte, a chi ha saputo vedere la verità nel buio delle menzogne”. “La mia lotta, però – prosegue – non finisce qui. Voglio restituire dignità a me stesso e alla nostra città, a Scafati, che ha sofferto con me, infangata com’ero io. Voglio che insieme ci liberiamo di questo peso, che torniamo a essere una comunità fiera, capace di guardarsi in faccia senza paura. Non sono mai stato un camorrista, né un uomo che si piega al potere della malavita. Ho resistito, messo da parte il dolore e continuato a combattere. E continuerò, per me, per la mia famiglia, per tutti voi. Questo giorno è di chi ha resistito, di chi ha creduto che la verità sarebbe emersa. Grazie a tutti”.

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Perquisizioni al Comune Roma, mazzette su lavori stradali

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Un sistema corruttivo con schema “classico”: un imprenditore che per ottenere i ricchissimi appalti sulla manutenzione delle strade di Roma, gare da 100 milioni di euro complessivi, dispensava mazzette e utilità, come orologi e ristoranti, a pubblici ufficiali compiacenti. E’ quanto emerge dall’inchiesta della procura capitolina che ha portato ad una serie di perquisizioni, con acquisizione di una gran massa di documenti, anche negli uffici del Dipartimento dei Lavori Pubblici del Comune di Roma e della Astral, Azienda strade Lazio Spa.

Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha disposto immediatamente una “verifica approfondita” ed escluso, “al momento”, che si tratti di interventi legati al Giubileo. Sono cinque i pubblici ufficiali finiti nel registro degli indagati, tra loro anche funzionari dell’amministrazione capitolina oltre a due agenti della Polizia Stradale. Nel procedimento si contesta anche l’associazione a delinquere, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, riciclaggio e autoriciclaggio. Secondo l’impianto accusatorio a tirare le fila era l’imprenditore Mirko Pellegrini, 46 anni, ‘dominus’ di una piccola galassia di aziende con cui puntava ad ottenere, in modo illecito, l’aggiudicazione degli appalti per il rifacimento del manto stradale “che nella maggior parte dei casi – si legge nel decreto di perquisizione – hanno avuto quale controparte ‘Roma Capitale’ per importi di circa 100 milioni di euro”.

Le “attività di intercettazione ed i successivi accertamenti – sostengono gli inquirenti – hanno consentito di far emergere l’esistenza di un unico disegno criminoso e di un’associazione per delinquere”. L’imprenditore, in particolare, avrebbe commesso frode nella pubblica fornitura di appalti tra i quali quelli in via della Serenissima, via della Magliana e piazzale De Bosis. A Pellegrini è contestato di non avere adempito “dolosamente agli obblighi contrattuali previsti e ponendo in essere espedienti maliziosi e ingannevoli idonei a fare apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti, in particolare in relazione allo spessore del manto di asfalto e alle quantità del materiale impiegato”. In sostanza con il pubblico ufficiale compiacente si utilizzava meno materiale di quanto previsto. Le verifiche sono ancora in una fase embrionale e riguardano una quarantina di appalti affidati negli ultimi due anni. Sotto la lente dei inquirenti sarebbe finita anche una gara per i lavori relativi alla ‘Ryder Cup’ di golf.

In particolare quella ad oggetto “interventi sul Sistema Viario Regionale per la sostenibilità della manifestazione sportiva Ryder Cup in un’ottica di miglioramento della capacità e della fruibilità delle dotazioni infrastrutturali. Intervento di adeguamento mediante raddoppio di Via Marco Simone” con “importo complessivo a base d’asta di quasi 5 milioni di euro (4.992.216)”, come emerge dalla Gazzetta Ufficiale. La Procura in almeno due capi di imputazione scrive di “fatti tuttora in corso”, segno che le presunte attività illecite sarebbero quanto mai attuali.

Tra le società riconducibili a Pellegrini, definito negli atti “promotore, organizzatore e capo dell’associazione a delinquere” compare anche una società che nella primavera scorsa si sarebbe aggiudicata diverse gare – almeno quattro sarebbero quelle su cui si concentra l’attenzione degli inquirenti – nell’ambito “degli interventi essenziali e indifferibili connessi alle celebrazioni del Giubileo”. Su possibili irregolarità nella gestione dei fondi è intervenuto il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, annunciando di “avere disposto una verifica approfondita su tutti gli interventi realizzati dalle ditte coinvolte nell’indagine”. “Al momento – ha sottolineato il primo cittadino della capitale – non risultano interventi legati al Giubileo, ma naturalmente la verifica è ancora in corso”.

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Noto chef russo anti-guerra trovato morto a Belgrado

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Aleksei Zimin, noto e popolare chef russo che da alcuni anni gestiva un ristorante a Londra, è stato trovato morto nella tarda serata di ieri in un appartamento a Belgrado. Ne dà notizia il quotidiano belgradese Danas, nella sua edizione online. Secondo media internazionali, Zimin era un oppositore dell’intervento militare russo in Ucraina. Lo chef, 52 anni, era a Belgrado dove il 7 novembre scorso aveva presentato il suo nuovo libro ‘Anglomania’, e aveva preparato proprie specialità per una cena in un club del quartiere centrale di Stari Grad, nella via Gospodar Jevremova.

Nessun particolare è stato fornito finora sulle cause e le circostanze del decesso. Giornalista, scrittore, con la passione della cucina, Zimin – scrive Danas – aveva fondato la rivista gastronomica ‘Afisha Food’ e aveva diretto altre pubblicazioni come GQ e Gourmet, oltre ad aver animato popolari trasmissioni di carattere culinario in televisione. A Mosca aveva aperto alcuni locali, compreso il ristorante Ragout. Dal 2015 cominciò a collaborare con il progetto giornalistico Zima a Londra, dove si trasferì nel 2022 dalla Russia. Per il suo amico e collega Ivan Shishkin, come riferito da Danas, Aleksei Zimin era il “nostro Jamie Oliver, una persona dalla grande anima e dai molteplici interessi… Studiava continuamente, leggeva, era come una enciclopedia”.

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