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Cronache

Ragazzo suicida, Procura dei minori apre un fascicolo

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La comunità di Senigallia si divide. Il giorno dopo i funerali di Leonardo, il 15enne che si è tolto la vita con la pistola d’ordinanza del padre perché vittima di presunti episodi di bullismo, in città si respira un’aria di polemiche e accuse reciproche. Genitori contro le istituzioni scolastiche, presidi contro docenti, studenti contro altri ragazzi, adulti contro giovani. E in pochi fanno da pacieri.

Non è bastata la cerimonia funebre ad avvicinare le persone, non è bastata la presenza dei due dirigenti scolastici dell’istituto Corinaldesi-Padovano, frequentato dal giovane l’anno scorso, e Panzini di Senigallia, dove la frequenza era cominciata solo a settembre, per mettere a tacere alcune delle accuse. La caccia alle streghe è cominciata. L’accusa principale e più grave è quella rivolta alla dirigenza scolastica e agli insegnanti di Leonardo: non solo per molti sarebbero responsabili di non essersi accorti di ciò che stava avvenendo nella scuola, ma secondo qualcuno avrebbero fatto finta di non vedere gli episodi di bullismo che “era impossibile non vedere”. Come se fossero quindi dei complici di chi – questa è l’accusa della famiglia del 15enne – lo bullizzava. Ma c’è anche chi punta il dito contro gli stessi compagni di classe, parlando di omertà e declinandolo in questa realtà di provincia.

“Nessuno ha capito quanto ha sofferto questa stellina… tutti capiscono quando succede la tragedia – scrive una donna sui social. Possibile i professori in un anno non hanno capito, neanche gli amici…”. Ma sono tanti i commenti di questo tenore. Nel mirino degli hater c’è però anche la famiglia.

“Possibile che i genitori non si siano accorti prima di quei segnali che un cambiamento tanto grande e con motivazioni così forti porta sempre con sé? “Dov’era finita la famiglia?” si chiedono altri. Le indagini dei carabinieri vanno avanti, coordinate ora dalla procura dei minori di Ancona per le accuse mosse dai genitori di Leo a tre minorenni, mentre nei confronti della scuola la procura ordinaria non ha ravvisato reati.

Chi prova a sostenere gli studenti dei due istituti sono i dirigenti scolastici che hanno anche ascoltato diverse voci per ricostruire la vicenda senza però aver raccolto elementi certi su atti di bullismo nelle due scuole. Di questo si occuperanno gli ispettori del ministro Valditara, subito intervenuto per capire se effettivamente i germi del bullismo sono maturati in quell’istituto. L’ex garante regionale dei diritti dei minorenni delle Marche Andrea Nobili chiede di non puntare il dito contro altri giovanissimi e le istituzioni scolastiche, perché non è questo il modo giusto “per affrontare drammi che hanno radici molto più profonde e che ci impongono riflessioni e interventi seri sul tema del disagio giovanile”.

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Trovata morta carbonizzata Silvia Nowak, la cittadina tedesca scomparsa a Castellabate

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Una tragica scoperta ha scosso la comunità di Castellabate, nel salernitano. Questa mattina, in località Ogliastro Marina, tra la fitta vegetazione di un terreno vicino all’abitazione in cui viveva, è stato ritrovato il corpo senza vita di Silvia Nowak. Il corpo della donna era stato bruciato.

La scomparsa di Silvia Nowak era stata denunciata dal marito lo scorso martedì pomeriggio. Secondo il suo racconto, la donna si era allontanata da casa di primo mattino senza portare con sé alcun effetto personale. Le telecamere di videosorveglianza avevano registrato la donna mentre si dirigeva verso il centro di Castellabate, ma da quel momento si sono perdute le sue tracce.

Il cadavere della donna, rinvenuto tra la vegetazione dagli agenti della polizia municipale , presentava evidenti segni di bruciature. Il ritrovamento ha subito sollevato numerosi interrogativi, e le indagini si concentrano ora sulla ricostruzione degli ultimi momenti di vita della 53 enne tedesca che da alcuni anni con il marito si era stabilita a Ogliastro Marina.

Attualmente, il marito di Silvia Nowak, anche lui di nazionalità tedesca, è stato sottoposto a interrogatorio presso la Stazione dei Carabinieri di Santa Maria di Castellabate. Gli inquirenti stanno cercando di far luce su questa tragica vicenda, senza escludere alcuna pista. Gli investigatori stanno vagliando tutte le possibili ipotesi, compreso un eventuale coinvolgimento di terze persone.

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Uccide la moglie e poi si spara, lei lo aveva denunciato

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Le buste della spesa sull’asfalto. Detersivi e alimentari acquistati per preparare il pranzo finiti per terra nel parcheggio di un supermercato a fianco al corpo di Celeste Palmieri, una donna di 56 anni uccisa a colpi di pistola questa mattina a San Severo dal marito da cui si stava separando. L’uomo, Mario Furio, di 59 anni, un agente della polizia penitenziaria in pensione, si è suicidato subito dopo sparandosi con la stessa pistola nella sua automobile, parcheggiata poco distante. La donna, ferita gravemente alla testa, è stata ricoverata in condizioni disperate ed è morta qualche ora dopo nel reparto di rianimazione del policlinico di Foggia dove era stata trasferita in elisoccorso. A casa la attendevano cinque figli. Lui indossava il braccialetto elettronico, ma non è bastato.

L’apparecchio alle 11.00 ha segnalato ai carabinieri la presenza dell’uomo, che era sottoposto a divieto di avvicinamento, nelle vicinanze della donna. I militari hanno subito avvertito la donna e dirottato sul posto una pattuglia. Lei ha avuto il tempo di dire loro che il suo dispositivo (che dovrebbe allertare la vittima quando il suo persecutore si avvicina troppo) non aveva suonato, ma che lei aveva incrociato il marito al supermercato e lo aveva visto uscire quando lei era dentro. Poi tutto si è svolto nel giro di pochissimo. Mentre la donna stava raggiungendo la sua automobile nel parcheggio del supermercato con le buste della spesa, l’uomo le si è avvicinato e le ha sparato più volte ferendola a morte. Poi, mentre la pattuglia arrivava sul posto, ha raggiunto la sua vettura e si è sparato con la stessa arma. Il tutto è avvenuta davanti a tantissima gente che affollava il supermercato. In molti hanno sentito gli spari che hanno suscitato il panico tra i presenti, poi il silenzio e i segni della tragedia sull’asfalto. Celeste Palmieri aveva denunciato più volte il marito perchè, racconta chi conosce la coppia, veniva continuamente minacciata. Per questo lui era stato sottoposto al divieto di avvicinamento con il braccialetto elettronico.

I servizi sociali del comune le avevano anche proposto di trasferirsi con i figli in una località più sicura ma lei aveva rifiutato, voleva restare nel suo paese. A quanto si è appreso, l’uomo era in quiescenza dal 2017 e non si sa come si sia procurato l’arma che ha utilizzato. La tragedia ha suscitato incredulità e dolore a San Severo. “La conoscevo benissimo Celeste. Sono cresciuto nella sua famiglia di origine perché ho frequentato le scuole medie con uno dei suoi tre fratelli (due più piccoli ed uno più grande ndr) – racconta In lacrime Armando Dell’Oglio, consigliere comunale. “La chiamavo affettuosamente Celestina. Era una donna buona, solare.

Una donna di altri tempi”. L’uomo racconta che qualche mese fa uno dei fratelli di Celeste gli aveva segnalato la situazione della sorella, “continuamente perseguitata dal marito con il quale era in atto una separazione e che lei aveva denunciato in più occasioni. Mi chiedo come mai fosse ancora libero”. La famiglia di origine della donna, una mamma quasi 90enne e i tre fratelli, da anni risiede a Milano. “Ho sentito diversi colpi di pistola e mi sono precipitato fuori – ha raccontato il titolare di un market a due passi dal luogo dell’omicidio – . Non se ne può più di sentir parlare di queste tragedie”. Sgomento da parte dei tanti testimoni, tra clienti del supermercato e personale.

“Non ho capito nulla. Ho sentito tantissime sirene, ma solo una volta all’esterno ho realizzato cosa fosse accaduto”, dice uno dei dipendenti. “Non la conoscevo ma non si può morire così. Ogni giorno una donna viene uccisa. È una mattanza”, dice un’anziana con gli occhi gonfi di lacrime. Solidarietà e cordoglio da parte dell’intera amministrazione comunale è stata espressa dalla sindaca Lydia Colangelo che ha sottolineato fin da ora “la presenza dell’amministrazione comunale ai figli della coppia”.

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Un 20enne denuncia: legato, picchiato e gettato in mare

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Spaventato, intontito e confuso. Le labbra livide, farfugliava per il freddo. Poche parole, poi la perdita di conoscenza. Così è stato trovato la scorsa notte, tra i frangiflutti del molo di Santo Spirito, quartiere a nord di Bari, un uomo di 20 anni di origini africane. Le mani legate con degli indumenti, una gamba incastrata tra gli scogli e sul volto i segni del freddo. Ad accorgersi di lui è stato un pescatore che di lì a poco avrebbe preso il largo con la sua imbarcazione. Ha sentito flebili urla, ha cercato nel buio della notte e lo ha visto: riverso su se stesso, con una gamba che sembrava non esserci perché impigliata tra i massi bagnati dal mare. L’uomo ha composto il numero unico di emergenza e ha chiesto aiuto. Il personale del 118 è arrivato in un attimo.

I vigili del fuoco ci hanno messo un po’ per liberarlo. Nelle acque antistanti il molo, una motovedetta della Capitaneria di porto ha iniziato le ricerche di possibili dispersi, pensando che qualcuno fosse finito in mare. Un’ipotesi smentita in poco tempo. La corsa in ospedale a Bari e l’arrivo in Pronto soccorso dove è stato curato e sottoposto a esami e analisi. Cosa gli è accaduto sarà stabilito dalle indagini degli agenti della squadra mobile di Bari a cui il caso è toccato dopo l’intervento dei colleghi delle Volanti.

A loro il 20enne, in Italia da poco più di due anni e in possesso di un regolare permesso di soggiorno, avrebbe raccontato di un’aggressione. Picchiato da chissà chi, e lasciato tramortito sugli scogli. Quanti erano non ha saputo dirlo. Neppure se si trattasse di ragazzini o adulti. La sua ricostruzione è apparsa lacunosa, a tratti imprecisa. Avrebbe prima riferito prima di essere stato avvicinato da sconosciuti mentre era in stazione a Santo Spirito. Poi, la sua versione sarebbe cambiata. Accerchiato, insultato, malmenato, legato e scaraventato sui frangiflutti. Sul suo corpo non ci sarebbero, però, evidenti segni di un pestaggio: in ospedale è rimasto poche ore, dimesso alle due del pomeriggio è rientrato in una comunità a Bari, in cui è ospitato. Cosa è accaduto è complesso da decifrare e per ricostruirlo saranno necessarie le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza su cui i poliziotti si stanno concentrando.

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