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Cronache

Ragazzino bullizzato in Campania, identificata la gang

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Sono stati identificati i ragazzi autori degli atti di bullismo su un loro coetano, minorenne, avvenuti a Sirignano, piccolo Comune dell’Avellinese: lo afferma il deputato di Alleanza Verdi Sinista Francesco Emilio Borrelli, che ieri aveva reso nota la vicenda pubblicando un video delle percosse e delle angherie, filmato che gli stessi bulli avevano realizzato e fatto circolare. “Se parli con tua madre ti appendiamo come Cristo in Croce” una delle minacce indirizzate al ragazzino.

In un primo video il minorenne viene picchiato all’interno di un appartamento da un soggetto più grande di lui, mentre c’è chi filma l’accaduto. In un secondo video la vittima, circondata dalla gang, viene prima minacciata affinché non denunci l’accaduto alla madre e poi colpita nuovamente con alcuni schiaffi. Il piccolo viene costretto a ripetere la promessa più volte, e infine a baciare le mani di tutti gli aggressori. Uno di loro riprende anche questa scena. La vicenda è però stata segnalata al deputato Borrelli, che ha subito coinvolto le forze dell’ordine. “I protagonisti di questo gravissimo episodio di bullismo sono stati rapidamente identificati”, commenta Borrelli.

“Avevamo inviato le immagini alle forze dell’ordine per arrivare ai bulli e sanzionarli come meritano, insieme alle loro famiglie che, auspico, non si sottraggano alle loro gravi responsabilità. Così è stato. Ringrazio il Questore di Avellino con il quale sono stato in continuo contatto per la solerzia e la determinazione con il quale ha affrontato il caso. Gli autori di questa vigliaccata devono essere severamente puniti”.

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Cronache

Catturato a Medellin Luigi Belvedere, broker della droga legato ai clan camorristici dei Casalesi

Dopo anni di latitanza, è stato catturato a Medellin, Colombia, Luigi Belvedere, inserito nella lista dei latitanti pericolosi del Ministero dell’Interno italiano. Condannato in via definitiva per traffico internazionale di stupefacenti, Belvedere operava come intermediario tra i cartelli colombiani e il clan camorristico dei Casalesi, accumulando una pena di quasi 19 anni.

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Luigi Belvedere era latitante dal dicembre 2020, ricercato per il ruolo di intermediario tra i cartelli della droga colombiani e il clan dei Casalesi, una delle organizzazioni più potenti della camorra campana. La condanna definitiva di Belvedere riguarda traffico internazionale di stupefacenti, con una pena di 18 anni, 9 mesi e 20 giorni di reclusione.

Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale di Napoli e condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta, insieme alla Sisco di Napoli e allo Sco, hanno portato alla luce la complessa rete di traffici illeciti gestiti da Belvedere, con supporto operativo di Europol e della Dcsa (Direzione Centrale per i Servizi Antidroga). Durante le indagini è emersa anche una foto di Belvedere in visita alla tomba di Pablo Escobar, simbolo storico del narcotraffico colombiano.

La cattura a Medellin e le operazioni investigative

La cattura è avvenuta a Medellin, nell’ambito di una collaborazione internazionale che ha visto la presenza diretta di investigatori della Polizia di Stato italiana in missione in Colombia. Fondamentale è stata l’analisi dei dati estrapolati da un noto sistema di messaggistica, che, grazie alla collaborazione con Europol, ha permesso di confermare la posizione di Belvedere e il suo coinvolgimento nella logistica della droga tra Sud America ed Europa.

Un’operazione internazionale per fermare il narcotraffico

Questa operazione segna un importante colpo per il narcotraffico internazionale e rappresenta un esempio di come la cooperazione tra organismi investigativi internazionali possa avere un impatto rilevante su reti criminali ben radicate e attive su scala globale.

Conclusione: un arresto che colpisce la camorra e rafforza la lotta al narcotraffico

La cattura di Luigi Belvedere rappresenta una vittoria nella lotta al traffico internazionale di droga e colpisce direttamente le strutture della camorra. Mentre Belvedere sarà chiamato a scontare la sua pena in Italia, l’arresto sottolinea la determinazione delle autorità internazionali nell’interrompere le vie della droga tra il Sud America e l’Europa.

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Cronache

Caserta, indagine anti-corruzione: coinvolto il presidente della Provincia Giorgio Magliocca

L’inchiesta anti-corruzione nella provincia di Caserta si arricchisce di nuovi sviluppi. Il presidente della Provincia, Giorgio Magliocca, è al centro di un’indagine che coinvolge politici, imprenditori e funzionari pubblici, in un sistema di favori legato a lavori pubblici e sponsorizzazioni sportive.

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La Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal procuratore Pierpaolo Bruni, ha emesso un decreto di perquisizione e sequestro di dati informatici che riguarda, tra gli altri, Giorgio Magliocca, presidente della Provincia di Caserta e sindaco di Pignataro Maggiore, indagato per corruzione. Insieme a lui, dieci persone, tra cui Cosimo Rosato, imprenditore edile, e funzionari pubblici come Gerardo Palmieri e Clara Di Patria, sono accusate di aver orchestrato un sistema di favori illeciti nell’ambito di lavori pubblici e sponsorizzazioni sportive.

Il sistema di corruzione e gli appalti sotto indagine

Le accuse vertono su un presunto sistema corruttivo attraverso il quale lavori pubblici sotto soglia (con importi inferiori a 150mila euro) sarebbero stati affidati direttamente a imprenditori compiacenti, come Rosato Costruzioni. Magliocca, utilizzando la discrezionalità concessa dall’articolo 50 del Codice degli Appalti, avrebbe favorito imprenditori amici, piegando l’attività amministrativa ai suoi interessi personali.

Tra gli appalti indagati, emergono lavori per oltre 114mila e 130mila euro per la manutenzione straordinaria e la riqualificazione di strade comunali, affidati alla ditta di Cosimo Rosato. In cambio, secondo la Procura, Rosato avrebbe versato tangenti o offerto vantaggi personali.

Sport e favori: un accordo “sportivo” con implicazioni personali

Un altro filone dell’inchiesta riguarda le sponsorizzazioni sportive. Magliocca avrebbe stretto un accordo con Luigi De Lucia, presidente della squadra di calcio Vitulazio ASD, per l’assunzione dell’allenatore Alfonso Valente. L’obiettivo era quello di supportare la carriera calcistica del figlio di Magliocca, che militava nella squadra Gladiator Juniores 1924, allenata da Valente nella stagione precedente.

Cosimo Rosato avrebbe finanziato lo staff tecnico di Valente con un contributo di circa 8mila euro, garantendo così a Magliocca gli appalti pubblici desiderati. Complessivamente, le somme destinate alla stagione calcistica 2022/2023, secondo l’accusa, avrebbero oscillato tra i 30 e i 40 mila euro.

Le dichiarazioni di Magliocca e il prosieguo dell’inchiesta

In una nota, Magliocca ha dichiarato di essere «fiducioso nella magistratura e pronto a collaborare con i pm». L’indagine, soprannominata “Operazione Talpa”, ha portato anche alla scoperta di due presunti informatori interni. Il finanziere Mattia Parente e il sindaco Antonio Scialdone avrebbero passato dettagli riservati dell’inchiesta a Magliocca.

Conclusione: una provincia scossa dalla corruzione

Questa indagine anti-corruzione in provincia di Caserta mette in luce un sistema di interessi personali e favori illeciti, che minano la trasparenza nelle amministrazioni pubbliche locali. In attesa di ulteriori sviluppi, l’inchiesta rappresenta un monito verso l’integrità e il rispetto delle regole in ambito politico e amministrativo. In ogni caso, è sempre il caso di ricordare a chi ci legge che siamo nel campo delle indagini preliminari e che chiunque è da considerarsi innocente sino a sentenza definitiva perchè nel nostro Paese vige il principio di innocenza e non quello di colpevolezza. La colpevolezza la accertano i giudici e una sentenza è definitiva quando viene pronunciata in ultima istanza dalla Cassazione.

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Cronache

Napoli in balia della violenza minorile, l’omicidio di Emanuele Tufano: fermato un coetaneo 15enne

Un nuovo episodio di violenza minorile scuote Napoli, lasciando una scia di dolore e interrogativi. L’omicidio del quindicenne Emanuele Tufano e il coinvolgimento di altri giovanissimi riaccendono l’allarme sulla sicurezza cittadina e la fragilità del tessuto sociale.

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La cronaca nera di Napoli vede nuovamente al centro due adolescenti. Da una parte, Emanuele Tufano, 15 anni, vittima di una sparatoria; dall’altra, un suo coetaneo accusato di complicità nel suo omicidio. Le indagini preliminari indicano che il sospettato farebbe parte di una “paranza” composta da giovani della zona di Piazza Mercato, pronti a difendere il proprio territorio contro gruppi rivali.

La rivalità tra bande giovanili è una problematica sempre più diffusa a Napoli, specialmente in quartieri complessi come quello del Rione Sanità. I recenti scontri e i frequenti episodi di violenza testimoniano un clima di tensione che si alimenta tra adolescenti, spesso coinvolti in dinamiche di gruppo dalle quali risulta difficile svincolarsi.

La dinamica della tragedia: cosa è successo quella notte

La notte dell’omicidio, Emanuele era in compagnia di due amici quando ha incrociato un altro gruppo di adolescenti armati. Tra le due comitive già esistevano pregressi rancori, e forse anche un appuntamento, che le indagini dovranno confermare. Nel tentativo di sfuggire ai loro inseguitori, i tre ragazzi si sono trovati sotto una pioggia di proiettili: un inferno di venti colpi sparati, che hanno tragicamente colpito Emanuele alla schiena, ponendo fine alla sua giovane vita.

Le indagini: un susseguirsi di sospetti e piste da verificare

Le prime ricostruzioni rivelano come la violenza tra bande non sia un fenomeno isolato. Nella stessa zona, circa un mese fa, un episodio analogo ha visto un membro del Rione Sanità mordere l’orecchio di un rivale. Le autorità stanno analizzando i filmati delle videocamere di sorveglianza di via del Carminiello al Mercato e ascoltando i testimoni per identificare i colpevoli. Due Procure sono ora coinvolte, collaborando con la Direzione Distrettuale Antimafia per vagliare ogni possibile movente e collegamento tra bande.

Il contesto: bande e rivalità tra giovanissimi a Napoli

Il caso di Emanuele si inserisce in una lunga serie di regolamenti di conti tra adolescenti, un fenomeno che testimonia come Napoli stia attraversando un momento delicato sul piano della sicurezza urbana. La percezione che la città stia diventando teatro di faide tra bande minorili non è nuova, ma preoccupa il fatto che baby gang siano sempre più presenti e organizzate, pronte a difendere “il proprio territorio”.

Conclusione e riflessione: Napoli può cambiare?

Napoli si trova di fronte a una sfida cruciale: risanare il suo tessuto sociale, fornire un’alternativa ai giovani e, soprattutto, garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Il sacrificio di Emanuele Tufano, come quello di altri giovanissimi coinvolti in episodi simili, rappresenta un appello urgente a intervenire, a ristabilire il senso di comunità e a investire nella prevenzione e nell’educazione.

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