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Qualcuno spieghi a De Luca che non è un Governatore ma il presidente della Regione Campania e che Napoli è una polveriera davvero

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Allora, riassumendo: Il presidente della regione Vincenzo De Luca ieri pomeriggio ha annunciato che avrebbe “chiuso tutto” in Campania. Con la morte nel cuore e per il bene del popolo campano, per salvare migliaia di campani da morte sicura per Covid aveva deciso di fare il lock down. Prima di chiudere tutto, però, ha spiegato ai campani che la Campania ha decine di primati di cui menar vanto e tra questi c’è la straordinaria ed efficiente Sanità. Dove in questi mesi di pandemia hanno speso per il Covid oltre 337 milioni di euro e spiccioli per fare cose. Che cosa? Cose importanti che “emeriti imbecilli”, “sciacalli mediatici” e “tangheri” non possono capire. Ma De Luca ha le idee chiarissime su Facebook.

In attesa del lockdown, la sera stessa dell’annunciato lock-down, una protesta cívile contro le idee (si dice così) del presidente De Luca stimola frange di feccia (che qualche deprivato mentale si affanna a etichettare di destra, di sinistra, rossi o neri) che sporcano la manifestazione. Sono i soliti noti professionisti della piazza che danno il via alla solita guerriglia urbana con la classica caccia al poliziotto o al carabiniere. Chi indossa una divisa deve essere menato fino ad eventualmente anche ucciderlo. Almeno a giudicare dalla potenza di fuoco di cui disponevano e dal livello di organizzazione con cui hanno tentato di accerchiare le Forze dell’Ordine. Che per fortuna a Napoli sanno come fare in piazza.

Oggi il premier Giuseppe Conte e il ministro della Salute Speranza (membri di un governo amico di De Luca, che è o dovrebbe essere esponente del Pd), hanno ricordato a De Luca che lui (benché i giornalisti lo definiscano governatore) non è un Governatore di uno Stato Federale ma un presidente di un ente locale importante che in materia di ordine e sanità pubblica in tempi di pandemia e in costanza di stato di emergenza nazionale non può decidere quello che gli pare ma deve avere l’avallo dell’Esecutivo e trovare un minimo comune denominatore con tutte le altre regioni. Per capirci, De Luca potrebbe proclamare il lock-down in Campania solo dopo aver fatto la secessione dall’Italia e proclamato l’agognato Principato di Salerno. Non è ironia ma un sogno giovanile di De Luca sindaco di Salerno.

Sempre oggi in conferenza Stato-Regioni il premier Conte fa “digerire” a tutti i presidenti di Regione un DPCM nuovo con nuove misure più restrittive in molti campi per frenare il contagio. Così si eviterebbe un lock-down nazionale che sarebbe letale per l’economia. E così De Luca si piega alle decisioni degli altri presidenti di Regione e si inchina al nuovo DPCM che domani il premier Conte varerà.

Ma siccome De Luca non ha ancora capito che non è un Governatore (e questa è purtroppo una colpa dei giornalisti), ha fatto sapere che non potendo chiudere tutto in Campania, se il Governo dovesse decidere che i ristoranti devono abbassare le serrande alle 18, lui manterrà l’attuale ordinanza. Cioè chiusura alle 23. E sapete perché? Perché è preoccupato dei contagi e dei morti futuri nella sua regione, ma è meglio tenere aperti gli esercizi commerciali 5 ore in più di quello che deciderà il Governo per non far fallire imprenditori, ristoratori e commercianti che da giorni a Napoli provano a spiegargli che il suo proposito di fare un lock-down è sbagliato. Ovviamente anche questo, mantenere un orario più largo rispetto a quello che dovesse imporre il Governo, De Luca non lo può decidere. Ma si vede che i suoi collaboratori non riescono a spiegarglielo. Deve essere una fatica enorme.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Università e ospedali plurisecolari su francobolli Italia

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Tre universita’ e cinque ospedali ”storici” italiani compariranno sui francobolli italiani. L’emissione dedicata alle università e’ stata emessa oggi e riguarda le universita’ di Napoli, Trieste e Firenze. La serie dedicata agli ospedali comparira’ invece il 24 novembre prossimo e riguardera’ ospedali di Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze. Le vignette dei francobolli (tutti validi per la posta ordinaria) mostrano per le universita’:

  • -una prospettiva della facciata principale dell’Università degli Studi di Napoli” Federico II” istituita il 5 giugno 1224 dall’Imperatore del Sacro romano Impero;
  • -su uno sfondo che riprende i colori istituzionali del centenario dell’Università degli Studi di Trieste, una rivisitazione del logo dell’anniversario che raffigura, un’illustrazione al tratto, l’edificio centrale dell’Ateneo;
  • -l’ingresso del Rettorato dell’Università degli Studi di Firenze che, nel 2024, celebra i 100 anni dalla sua fondazione; Per gli ospedali le vignette mostrano;
  • -ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze: il Loggiato di ingresso, progettato da Bernardo Buontalenti nel 1574, in cui è visibile l’affresco “Annunciazione” del XVII secolo attribuito al Pomarancio; -ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia;
  • – il Portego delle Colonne della Scuola Grande di San Marco a Venezia (1485-1495);
  • -Ca’ granda ospedale maggiore policlinico di Milano: la Sala del Capitolo d’estate, edificata nel 1637 su progetto di Francesco Richini, che ospita l’archivio storico;
  • -ospedale di Santo Spirito in Sassia di Roma: le Corsie Sistine risalenti al XV secolo; -ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli: la Farmacia storica degli Incurabili con i vasi in maiolica del 1747-1751.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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