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Cronache

Processo per l’omicidio di Matilde Sorrentino: la Cassazione annulla il verdetto e rinvia al secondo grado

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La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza che confermava la condanna all’ergastolo per Francesco Tamarisco, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Matilde Sorrentino, la “mamma coraggio” di Torre Annunziata. Il delitto, avvenuto il 26 marzo 2004, fu un atto efferato per zittire la donna che, con le sue denunce, aveva permesso di smascherare un giro di pedofilia nella scuola del rione Poverelli.

Un nuovo processo per Tamarisco

La decisione della Cassazione riapre la possibilità di mettere in discussione l’intera vicenda nel merito. Tamarisco, potente narcotrafficante di Torre Annunziata, si è sempre dichiarato innocente, nonostante le accuse che lo indicano come il mandante del delitto, eseguito dal killer Alfredo Gallo.

Durante il processo di primo grado, Tamarisco arrivò persino a minacciare il procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, dimostrando un atteggiamento di sfida nei confronti della giustizia. La nuova udienza in Appello si terrà nel 2025, e tra i punti chiave ci sarà il riesame delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, la cui attendibilità è stata contestata dai suoi difensori, gli avvocati Alessandro Pignataro e Valerio Spigarelli.

Amarezza per la decisione

Elena Coccia, avvocato che ha seguito per anni il caso della pedofilia e l’iter processuale legato all’omicidio di Matilde Sorrentino, ha espresso delusione per il rinvio. «Provo grande amarezza. Non vorrei che la morte di Matilde cadesse in un buco nero e il suo sacrificio venisse dimenticato», ha dichiarato.

Coccia ha anche ribadito la solidità delle ricostruzioni fatte nei gradi precedenti: «Le motivazioni di secondo grado erano ben strutturate e provate. Non comprendo le ragioni della Cassazione, ma le sentenze si rispettano, anche se non si condividono».

La ricostruzione del delitto

Secondo l’accusa, Tamarisco avrebbe assoldato Gallo per punire Matilde Sorrentino, la cui testimonianza era stata fondamentale per smascherare il giro di pedofilia che coinvolgeva anche lui. Il killer, già noto per un altro omicidio commesso da minorenne, sarebbe stato ricompensato con un vitalizio da 500 euro al mese, un’auto costosa e 50.000 euro in contanti.

La Sorrentino aveva contribuito all’arresto di Tamarisco per pedofilia, una condanna che però fu annullata in Appello con una sentenza di assoluzione. L’affronto, secondo l’accusa, spinse Tamarisco a vendicarsi a distanza di anni, orchestrando l’omicidio della donna.

Un lungo percorso verso la giustizia

Il delitto di Matilde Sorrentino è rimasto impresso nella memoria di Torre Annunziata come un atto barbaro contro chi aveva avuto il coraggio di opporsi a un sistema criminale. L’esecutore materiale, Alfredo Gallo, sta già scontando l’ergastolo, mentre Tamarisco fu “incastrato” solo nel 2017 grazie alle indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata, coordinate dalla Procura.

Il nuovo processo rappresenta un ulteriore passaggio in una vicenda lunga e dolorosa, che ha segnato profondamente la comunità di Torre Annunziata. Mentre il sistema giudiziario prosegue il suo corso, il sacrificio di Matilde Sorrentino resta un simbolo di coraggio e determinazione contro le ingiustizie.

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Cronache

Incidente mortale a Nola: 36enne perde la vita su via Ponte di Nola

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Tragedia sulle strade di Nola, nel Napoletano. I carabinieri sono intervenuti in via Ponte di Nola, nei pressi dell’ingresso della zona ASI, per un incidente stradale che ha causato la morte di un uomo di 36 anni.

La dinamica dell’incidente

Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo, alla guida di una Ford Focus SW, ha perso il controllo del veicolo per cause ancora in corso di accertamento. La vettura è finita contro il guardrail, causando un impatto violento.

Il 36enne è stato immediatamente soccorso e trasportato al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Pietà di Nola, dove è deceduto poco dopo l’arrivo.

Indagini in corso

Il veicolo coinvolto nell’incidente è stato posto sotto sequestro per consentire ulteriori accertamenti tecnici, mentre la salma del conducente è stata messa a disposizione dell’Autorità giudiziaria per l’autopsia, necessaria a chiarire eventuali fattori che possano aver contribuito all’incidente, come condizioni di salute o dinamiche del sinistro.

Un tragico bilancio

L’incidente rappresenta un altro episodio di una lunga serie di tragedie stradali che continuano a verificarsi sulle strade della Campania. La sicurezza stradale rimane una priorità per le autorità locali, impegnate a intensificare i controlli e a sensibilizzare i conducenti sull’importanza del rispetto delle norme di guida.

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Cronache

Omicidio Antonio Morione: il racconto della vedova in aula e i dettagli inediti sul delitto

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Torre Annunziata torna a fare i conti con una tragica pagina di cronaca. Il processo per l’omicidio di Antonio Morione (nella foto in evidenza), il commerciante ucciso il 23 dicembre 2021 durante una rapina nella sua pescheria a Boscoreale, entra nel vivo con le testimonianze toccanti dei familiari. Dinanzi alla Corte d’Assise di Napoli, la vedova di Morione ha raccontato tra le lacrime i drammatici momenti che hanno segnato quella sera di festa trasformata in tragedia.

Un sacrificio per salvare i familiari

«Antonio aveva riconosciuto i suoi rapinatori e ha fatto di tutto per attirarli fuori, per invitare tutti a restare calmi», ha dichiarato la moglie durante l’udienza. Morione, 41 anni, cercò di portare i rapinatori all’esterno della pescheria dopo che l’arma era stata puntata verso sua figlia minorenne. Nel tentativo di dissuadere i criminali, squarciò la gomma dell’auto del commando, ma fu raggiunto da un colpo di pistola che gli tolse la vita.

La vedova ha descritto con precisione gli ultimi istanti del marito: «Pensavo che rientrando nel negozio si fosse accasciato per proteggersi. Solo dopo ci siamo resi conto che c’era sangue». Un dettaglio inedito è emerso dalla sua testimonianza: «Il killer aveva gli occhi azzurri sgranati», una descrizione che potrebbe aprire nuovi interrogativi sulla ricostruzione dei fatti.

Gli imputati e il quadro investigativo

A processo ci sono quattro uomini accusati di far parte del commando che ha messo a segno due rapine quella sera, tra cui l’assalto alla pescheria del fratello di Antonio Morione. Luigi Di Napoli, considerato un aspirante boss di camorra, sarebbe entrato armato nella pescheria, passando poi l’arma a Giuseppe Vangone, indicato come l’esecutore materiale del delitto. Angelo Palumbo e Francesco Acunzo, invece, si sarebbero occupati della gestione logistica, dalla custodia dell’arma alla distruzione dell’auto usata per il colpo.

Tuttavia, la descrizione fornita dalla vedova potrebbe entrare in contrasto con le conclusioni investigative, aprendo la possibilità a ulteriori approfondimenti.

Testimonianze e dettagli tragici

Durante l’udienza, sono stati ascoltati anche altri testimoni, tra cui familiari e un cliente presente nei pressi della pescheria al momento del delitto. Un parente ha ricordato: «Antonio ha cercato di parlare prima di morire, ma dalla sua bocca non è uscita alcuna parola». Un cliente ha aggiunto: «Ero a una settantina di metri di distanza quando ho sentito gli spari. Mi sono rifugiato dietro un’auto e sono uscito solo dopo che l’auto dei rapinatori era andata via. Quando sono arrivato nei pressi della pescheria, ho sentito le grida provenire dall’interno».

La posizione della famiglia Morione

La famiglia di Antonio Morione ha scelto di non costituirsi parte civile, pur partecipando al processo con il proprio legale, Giuseppe De Luca. La Fondazione Polis, rappresentata dagli avvocati Alessandro De Costanzo e Gianmario Siani, ha invece richiesto i danni, ribadendo il proprio impegno a sostegno delle vittime innocenti della criminalità organizzata.

Il processo continua a gettare luce su una vicenda che ha profondamente segnato la comunità di Torre Annunziata e Boscoreale. Mentre i familiari cercano giustizia per Antonio Morione, le testimonianze in aula evidenziano il coraggio del commerciante, che ha sacrificato la propria vita per proteggere i suoi cari.

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Cronache

Dal grido di dolore alla rinascita: il Castello di Baia celebra Maurizio Valenzi

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Nel cuore dei Campi Flegrei, il Castello Aragonese di Baia custodisce una storia drammatica e toccante che, a distanza di decenni, continua a lasciare il segno. Negli anni ’30, il castello divenne sede di un orfanotrofio militare, un luogo dove i giovani orfani vivevano in condizioni disumane, tra fredde stanze anguste e sofferenze indicibili. Il 14 novembre 1976, però, la voce di quindici bambini, intrappolati in quel “paradiso fuori, inferno dentro”, arrivò a Maurizio Valenzi, sindaco di Napoli, cambiando per sempre il corso della loro vita e della storia del castello.

La lettera che scosse le coscienze

La denuncia arrivò sotto forma di una lettera, firmata da quindici bambini, che raccontava una realtà agghiacciante: «Ci picchiano. Viviamo tra i topi. Mangiamo solo brodino. Non facciamo la doccia da un mese». Le accuse erano chiare: maltrattamenti, umiliazioni, punizioni corporali e cibo insufficiente.

Maurizio Valenzi, colpito da quelle parole, non esitò a intervenire. Insieme all’assessore Emma Maida, visitò l’orfanotrofio il giorno successivo, mettendo fine alle sofferenze di centinaia di bambini. Fu un gesto che segnò profondamente la comunità di Bacoli e il Castello di Baia, trasformandolo da luogo di dolore in un simbolo di riscatto culturale.

L’omaggio a Maurizio Valenzi

Ieri, in una cerimonia emozionante, il belvedere del Castello di Baia è stato intitolato a Maurizio Valenzi, riconoscendo il suo operato come antesignano della figura di sindaco metropolitano. Durante l’evento, il sindaco di Bacoli, Josi Gerardo Della Ragione, ha sottolineato l’importanza di quel momento storico: «Da quella liberazione ebbe inizio un processo di riscatto culturale che ha trasformato il castello nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei, tra i più importanti d’Italia».

Tra i presenti, l’ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino ha elogiato il ruolo dei sindaci come figure vicine ai cittadini, ribadendo che le azioni di oggi sono frutto del lavoro di ieri. La targa commemorativa è stata scoperta dalla figlia di Valenzi, Lucia, oggi presidente della Fondazione Maurizio Valenzi.

Un monito per il presente

Lucia Valenzi ha lanciato un forte messaggio ai politici di oggi: «La terribile condizione di quei ragazzini non appartiene solo al passato. Ancora oggi esistono sacche di sofferenza dove i diritti umani non vengono rispettati. La politica con la “P” maiuscola deve ascoltare le persone, anche le meno colte e meno attrezzate».

Queste parole richiamano l’essenza del gesto di Valenzi: la capacità di ascoltare, di agire concretamente e di dare speranza anche a chi non ha voce.

Il Castello di Baia: da luogo di dolore a simbolo di cultura

Oggi il Castello di Baia è un centro culturale di primaria importanza, ospitando il Museo Archeologico dei Campi Flegrei. La sua trasformazione è il risultato di un lungo percorso di riscatto, iniziato con quell’intervento decisivo del 1976.

L’intitolazione del belvedere a Maurizio Valenzi non è solo un omaggio alla memoria, ma un invito a continuare a credere nella forza del cambiamento e nella capacità della politica di fare la differenza.

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