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Primo morto a New York, fuga dalla città. E Trump fa il test anti coronavirus

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 Gli americani si preparano al peggio e l’incubo di uno ‘shutdown’ generalizzato a causa dell’emergenza coronavirus cresce di ora in ora, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale e con l’aumentare dei contagi che negli Usa oramai superano i 2.100, con almeno 50 morti. “Non abbiamo raggiunto ancora il picco, vedremo altri casi e altri decessi”, dicono dalla task force istituita alla Casa Bianca, sottolineando pero’ come il blocco dei voli verso gli Usa, ora esteso anche al Regno Unito e all’Irlanda, contribuira’ a contenere la diffusione del virus. E si registra la prima vittima anche a New York, lo stato piu’ colpito con oltre 500 casi di cui 213 dentro i confini della citta’. Si tratta di una donna di 82 anni con problemi di salute pregressi. Ma l’ansia sale e, col diffondersi vertiginoso dei contagi, chi puo’ comincia a lasciare la metropoli, nel timore che arrivi un vero e proprio ‘lockdown’ con la Grande Mela di fatto isolata dal resto dell’America. Ed e’ un boom fuori stagione di seconde case aperte, da Long Island agli Hampton, dal Connecticut a Cape Cod. Per chi resta il fine settimana e’ l’occasione per l’assalto finale ai supermercati i cui scaffali sono gia’ quasi vuoti da un paio di giorni, in attesa che le autorita’ prendano decisioni su scuole e uffici pubblici dopo aver gia’ chiuso teatri, cinema, musei. Non rassicura il fatto che anche il presidente Donald Trump, cedendo alle pressioni, si sia sottoposto al test per il Covid-19, dopo che tre persone da lui ospitate a Mar-a-Lago lo scorso fine settimana – tra cui il portavoce del presidente brasiliano Jair Boslonaro e l’ambasciatore del Brasile a Washington – sono risultate positive.

“L’ho fatto ieri sera”, ha annunciato lo stesso tycoon aprendo a sorpresa il quotidiano briefing con la stampa della task force. “Per i risultati ci vorranno uno, due giorni”, ha aggiunto. E dire che poche ore prima lo stesso medico della Casa Bianca aveva ribadito come il tycoon non mostri alcun sintomo e dunque non abbia bisogno di essere messo in quarantena. Ma gia’ dalla mattinata tutte le persone che lavorano a piu’ stretto contatto con Trump e col vicepresidente Mike Pence hanno cominciato ad essere monitorate con il controllo della temperatura corporea, compresi i giornalisti della sala stampa. Non si hanno notizie invece di test eseguiti su Pence, anch’egli presente agli incontri con la delegazione brasiliana, e su Ivanka Trump, la figlia del tycoon che la scorsa settimana insieme al ministro della giustizia William Barr ha incontrato a Washington un ministro australiano risultato positivo. Intanto Trump posta a sorpresa la suggestiva immagine dell’esibizione delle frecce tricolori: “Gli Stati Uniti amano l’Italia!”, ha twittato. Nella conferenza stampa di 24 ore prima Trump aveva gia’ detto: “Siamo in contatto con l’Italia, e’ un Paese che noi amiamo, qui ci sono milioni e milioni di persone che hanno le loro origini in Italia. Lavoriamo con loro, hanno un situazione difficile”. “L’Italia – aveva poi aggiunto il presidente americano – ha deciso di dare un durissimo giro di vite e dovrebbe vedere dei miglioramenti. Ha preso la medicina”.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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