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Politica

Pressing su Draghi: Berlusconi, Di Maio e Calenda gli chiedono di restare dov’è

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“L’Italia non puo’ permettersi di perdere Mario Draghi. E’ interesse del paese che continui a guidare una situazione cosi’ difficile. Nel 2022 dovremo affrontare la riforma del patto di stabilita’”. Lo dice Luigi Di Maio ma lo pensano anche Silvio Berlusconi, Carlo Calenda e – seppur meno esplicito – Enrico Letta. Tutti d’accordo per una volta: Draghi deve restare esattamente dov’e’, a Palazzo Chigi, a fare le riforme e gestire il Pnrr, uscendo subito dal toto-Quirinale che impazza. “Questo governo, deve rimanere in carica per tutto il tempo necessario, fino al 2023, fin quando saremo usciti dall’emergenza”, ribadisce il Cavaliere, che toglie Draghi dalla partita senza pero’ dire in pubblico se a candidarsi al Colle sara’ invece proprio lui. Se l’attuale premier dovesse trasferirsi sul Colle piu’ alto aprirebbe la via al voto anticipato, per tutti una iattura in una fase cosi’ delicata. Un voto che “neppure Conte vuole”, assicura il ministro degli Esteri Di Maio mentre Mara Carfagna, ministro del Sud, parla di un sogno che forse coltivano “il Pd per arrivare a gruppi parlamentari piu’ gestibili, Salvini e Meloni per risolvere la loro competizione interna, il M5s per consolidare la nuova leadership”. Sognare una donna sul Colle invece si puo’. “Se non dovesse esserci la candidatura di Berlusconi – dice schietta la ministra – sarebbe molto bello se davvero si ragionasse su un profilo femminile. Di donne in giro competenti, autorevoli e credibili ne vedo tante”. Ribatte in tempo reale Enrico Letta, leader del Pd: “Io non voglio andare a votare, le elezioni saranno tra 18 mesi e bisogna usare la maggioranza larga di questo periodo di pandemia per fare riforme”, come per esempio quella sul finanziamento dei partiti o la battaglia sul cambio di casacca. Quanto al Colle, Letta e’ meno netto e allontana la palla: “Non ho mai visto un presidente della Repubblica scelto due mesi prima, continuo a ritenere sempre che il Presidente della Repubblica debba essere eletto con larga maggioranza e largo consenso, a maggior ragione questa volta. Sarebbe incredibilmente contraddittorio se fosse piu’ piccola della maggioranza che sostiene il governo la maggioranza che elegge il prossimo Capo dello Stato”. Un metodo, quello del largo consenso, “giusto sempre e a maggior ragione in questo parlamento frammentato, in situazione di emergenza”. Il leader di Azione Carlo Calenda – come gli altri dal Palco del Festival dell’ottimismo del ‘Foglio’ a Firenze – ribadisce che tutti i leader della maggioranza devono andare in processione “a chiedere solennemente a Draghi di restare presidente del Consiglio fino al 2023 e possibilmente oltre” o “sara’ un gran casino”. E Mario Monti, ex premier che scherza sull’aver ceduto a Draghi il titolo di ‘Supermario’, spera che in ogni scelta (come e’ stato per lui) prevalga l’interesse nazionale. Anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi pensa che “non possiamo permetterci un’incertezza politica”. La ministra renziana Elena Bonetti promette che “anche stavolta Renzi fara’ sognare il Paese”, mentre il ministro della Sanita’ Roberto Speranza invoca “un presidente di unita’”. Un ‘piano B’ rispetto alla eventuale candidatura di Berlusconi lo chiede il partito di Giorgia Meloni con il Governatore del Molise Marsilio: “L’unica condizione che ha posto il mio partito, correttamente, e’ se esiste un piano B. Cioe’, se non c’e’ la condizione per eleggere Berlusconi al Quirinale, dobbiamo scegliere tutti insieme quale sara’ il candidato al Colle”. Intanto, guardando alle strategie sulla corsa quirinalizia e a quelle interne ai Cinque stelle, Luigi Di Maio avverte Giuseppe Conte: “la strategia sul Quirinale la si fa con la leadership che ascolta i gruppi parlamentari. Il partito dei franchi tiratori e’ vivo e lotta insieme a noi. Nessuna coalizione puo’ farcela da sola”.

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Psi, per Regionali in Campania lista aperta al riformismo e al futuro del Sud

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Il segretario regionale del Psi, Michele Tarantino ha convocato una riunione insieme ai membri della direzione nazionale di Napoli(Antonio Demitry, Roberto De Masi, Pasquale Sannino e Antonella Marciano, Felice Laudadio), al consigliere regionale socialista, Andrea Volpe, Marco La Monica, Felice Iossa e Giulio Di Donato, per discutere il nuovo percorso politico del Partito Socialista Italiano in vista delle Regionali 2025. Il PSI lancia un appello a tutte le forze riformiste, ai movimenti civici e a quei cittadini “che non si sentono rappresentati dagli attuali partiti ma vogliono contribuire a costruire una proposta politica innovativa, inclusiva e concreta.

La lista socialista è pronta ad accogliere le istanze di chi desidera un Mezzogiorno più forte, coeso e protagonista di un’Italia moderna e solidale. Invitiamo tutte le realtà riformiste, associative e civiche, e i cittadini che non si riconoscono nei partiti tradizionali a unirsi alla nostra lista e al nostro progetto. Insieme possiamo costruire una Campania e un Mezzogiorno più giusti, moderni e capaci di rispondere alle sfide del futuro”. “La recente bocciatura da parte della Corte Costituzionale delle proposte di autonomia differenziata rende evidente la necessità di ripensare il regionalismo in Italia”.

Il PSI “intende aprire un dibattito serio e costruttivo su questo tema cruciale per il futuro del Mezzogiorno. A gennaio, avvieremo una grande Conferenza sul Regionalismo, coinvolgendo esperti, rappresentanti istituzionali e cittadini. Sarà un’occasione per elaborare proposte innovative che coniughino equità territoriale, efficienza amministrativa e solidarietà tra i territori, garantendo risorse e opportunità uguali per tutti”. “Guardando alle elezioni regionali del 2025, il PSI invita tutto il centro-sinistra ad avviare un dialogo aperto e costruttivo per definire un programma condiviso e ambizioso, così come indicato dal Segretario Nazionale, Enzo Maraio. È necessario rispondere insieme alle sfide della Campania, con particolare attenzione a temi come la giustizia sociale, la sanità, il lavoro, l’ambiente e il rilancio del Mezzogiorno. L’obiettivo è costruire una coalizione forte e coesa, in grado di offrire ai cittadini una visione chiara e condivisa per il futuro della Regione”, conclude la nota.

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Università e ospedali plurisecolari su francobolli Italia

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Tre universita’ e cinque ospedali ”storici” italiani compariranno sui francobolli italiani. L’emissione dedicata alle università e’ stata emessa oggi e riguarda le universita’ di Napoli, Trieste e Firenze. La serie dedicata agli ospedali comparira’ invece il 24 novembre prossimo e riguardera’ ospedali di Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze. Le vignette dei francobolli (tutti validi per la posta ordinaria) mostrano per le universita’:

  • -una prospettiva della facciata principale dell’Università degli Studi di Napoli” Federico II” istituita il 5 giugno 1224 dall’Imperatore del Sacro romano Impero;
  • -su uno sfondo che riprende i colori istituzionali del centenario dell’Università degli Studi di Trieste, una rivisitazione del logo dell’anniversario che raffigura, un’illustrazione al tratto, l’edificio centrale dell’Ateneo;
  • -l’ingresso del Rettorato dell’Università degli Studi di Firenze che, nel 2024, celebra i 100 anni dalla sua fondazione; Per gli ospedali le vignette mostrano;
  • -ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze: il Loggiato di ingresso, progettato da Bernardo Buontalenti nel 1574, in cui è visibile l’affresco “Annunciazione” del XVII secolo attribuito al Pomarancio; -ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia;
  • – il Portego delle Colonne della Scuola Grande di San Marco a Venezia (1485-1495);
  • -Ca’ granda ospedale maggiore policlinico di Milano: la Sala del Capitolo d’estate, edificata nel 1637 su progetto di Francesco Richini, che ospita l’archivio storico;
  • -ospedale di Santo Spirito in Sassia di Roma: le Corsie Sistine risalenti al XV secolo; -ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli: la Farmacia storica degli Incurabili con i vasi in maiolica del 1747-1751.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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