Non è solo una delle perle del Cilento con il suo mare, le spiagge e le coste incontaminate e nemmeno è soltanto il territorio sotto la lente di ingrandimento di ben tre università internazionali Sapienza, Texas e Corea del Sud, che hanno condotto indagini sulla longevità dei suoi abitanti. Acciaroli, passata su tantissime televisioni mondiali per questa sua particolarità, ha da tempo deciso di essere anche un centro vitale per la cultura, non solo territoriale, ma che si tuffasse, a pieno titolo, nel circuito nazionale. Oggi si è arrivati alla VII edizione del PAC, Porto d’Arte Contemporanea di Acciaroli-Pollica, questa importante rassegna d’arte, sarebbe sicuramente piaciuta al compianto e mai dimenticato Angelo Vassallo, il sindaco pescatore, sottratto alla comunità da, ancora, ignoti assassini sui quali la commissione antimafia sta ora indagando con sopralluoghi e investigazioni di cui l’ultimo è stato lo scorso 23 Luglio effettuato proprio nei luoghi dell’omocidio. Al Porto d’Arte Contemporaneo, più comunemente conosciuto come PAC hanno partecipato dal 2015 ad oggi gli artisti Lello Lopez, Riccardo Dalisi, Angelomichele Risi, Sergio Fermariello, Vincenzo Rusciano, Bianco-Valente, Eugenio Giliberti, Miltos Manetas, Matteo Fraterno, Franco Silvestro, Sasà Giusto, Federica Limongelli, Gino Quinto e per questa edizione 2021, sono presenti Ilaria Abbiento e Gabriele Di Matteo. Ilaria abbiento, artista visiva partenopea. La sua ricerca, incentrata sul tema del mare, parte da una profonda immersione introspettiva per costruire una narrazione poetica che indaga il suo oceano interiore, presenta “Acquario” che come ci descrive la curatrice Valentina Rippa “è tutto nell’empatia che riempie il cosmo, riesce a carpirla solo chi è attento all’alchimia dei raggi luminosi, delle costellazioni e dei marosi. In fotografia entrano in gioco processi che coinvolgono l’argento e la luce, nella sfera spirituale accade qualcosa di simile. Di Ilaria Abbiento, artista, amica e contemplatrice solitaria mi ha sempre colpito il totale abbandono e l’amore nei confronti di un unico elemento: il suo mare. Mare che è specchio e cura, luogo prescelto per cogliere e raccontare il manifestarsi della spiritualità. Riporta al pensiero orientale il dialogo costante e silenzioso tra Ilaria-Artista e le altre entità viventi che si spartiscono il mondo: cielo terra – montagne acque. La sua ricerca è un invito alla fusione dei contrari, all’ apertura e al cambiamento. Il suo segreto sta nell’osservare da molto vicino per entrare in simbiosi con la sostanza delle cose al punto in cui si confondono il dentro e il fuori.”
Gabriele Di Matteo anch’egli artista visivo, come ci dice Massimo Sgroi. “Nel rappresentare la pittura commerciale come “altro da sé” e non come oggettualizzazione di un’opera, Gabriele Di Matteo compie una operazione che richiama alla memoria Roland Barthes; il suo film che racconta la creazione di quadri funzionali alla festa della Madonna dell’Arco del lunedì Albis, solo apparentemente ricade in una struttura del racconto. In realtà l’artista napoletano non ha bisogno di rappresentare la storia in quanto tale, piuttosto il suo intreccio narrativo sottintende quella che, appunto Barthes, definisce “nozione di differenza”. E, quindi, il sentire la tensione religiosa (per giunta di origine pagana) e la compresenza della filosofia demoantropologica dell’evento si traducono, attraverso il film, in un sentire oggettivo: il “si sente” che non è affatto il soggettivo “io sento”. Raccontare la storia di una devozione che è basata, però, sul lavoro commerciale di pittori come Salvatore ‘a mimosa è come narrare una storia per immagini cinematografiche senza guardare nell’obiettivo della videocamera; è come eliminare la rappresentazione dell’evento antropologico identificandosi totalmente con ciò che accade. Gabriele Di Matteo non usa il pittore commerciale, il falsario di opere cinesi (un suo meraviglioso doppio falso) o il paesaggista dell’ottocento napoletano, lui è tutti questi, quasi come se fosse il gallerista di immagini non viste. In questo film egli distrugge i contorni dell’opera come della storia; al racconto di una cristiano/pagana devozione sovrappone l’idea che l’opera d’arte straripa dai suoi contorni poiché non può restare rinchiusa nella sua forma. In fondo è rimasto: Il ragazzo che tirò la pietra.”
PAC è l’ennesima testimonianza forte e chiara di una vitalità culturale, oramai irrefrenabile e contagiosa, che i piccoli borghi hanno fatto propria, non in contrapposizione con i grandi circuiti cittadini, che anche economicamente la fanno da padroni e che attingono, non solo dagli sponsor privati, ma in specialmodo da quelli istituzionali, gran parte delle risorse, ma offrendo importanti spunti sulla rappresentazione dei fenomeni culturali che non siano solo indirizzati ad un elitè metropolitanocentrica, ma si estenda sui territori, dialogando con tutto l’enorme bacino di potenziali visitatori attento alla bellezza dell’arte in tutte le sue declinazioni.
Le mostre di Ilaria Abbiento e Gabriele Di Matteo saranno visitabili fino al 10 Settembre.