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Cronache

Poche speranze per gli alpinisti sul Monte Bianco

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La sopravvivenza di due alpinisti italiani dispersi sul Monte Bianco resta appesa al filo della speranza. Sono ormai passate due notti, e sta per sopraggiungere la terza, da quando Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, lei ligure e lui lombardo, hanno chiesto aiuto ai soccorritori. “Non vediamo nulla, veniteci a prendere, rischiamo di morire congelati”, hanno detto poco sotto la vetta, sul versante francese. Ma sul ‘tetto delle Alpi’ il maltempo non dà tregua e i soccorritori non riescono a raggiungerli. Ricerche impossibili, sempre sul Bianco, anche per altri due alpinisti coreani di cui non si hanno più notizie da sabato. La pagina Facebook del 53enne Andrea Galimberti racconta la sua passione per l’alpinismo e le arrampicate.

Laureato al Politecnico di Milano, maratoneta, centochilometrista e sky runner, residente nel Comasco, Andrea ha dedicato l’ultimo post sul suo profilo, il 3 settembre, alla scalata del Cervino fatta con la “mia Sara”. “Dopo il classico corso di alpinismo tre mesi fa Sara inizia ad arrampicare con me. Davvero tanta roba da subito, in alta quota sul facile non ha problemi anzi va da Dio”. “A causa della situazione meteo non ci sono evoluzioni per il momento”, fanno sapere oggi dal Peloton de gendarmerie de haute montagne di Chamonix. Nella cittadina francese è piovuto tutto il giorno. Sul versante italiano, a Courmayeur, le condizioni nel fondovalle sono migliori ma in alta quota la situazione è la stessa. Questa mattina l’elicottero si è alzato in volo, nella speranza che la cima del Bianco spuntasse fuori dalle nuvole.

Con una schiarita le guide avrebbero potuto essere calate per iniziare le ricerche sul terreno. “Ma è stato impossibile avvicinarsi”, spiegano dal Soccorso alpino valdostano. Domani sono previste condizioni migliori che potrebbero permettere nuovi tentativi. I due alpinisti italiani sabato sono riusciti a fornire le proprie coordinate, prima che i loro telefoni si spegnessero. Si trovavano a 4.600 metri di quota, lungo la via normale francese del Goûter. Ai 4.750 metri di quota del colle Major, sul Bianco, la temperatura misurata la notte scorsa da una centralina di Arpa Valle d’Aosta è scesa a quasi -13 gradi. I soccorritori sperano che i due italiani siano riusciti a ripararsi dal gelo e dalla bufera scavando una profonda buca nella neve, o calandosi in un crepaccio. Il rifugio più vicino è Capanna Vallot, a 4.362 metri. La salita iniziata alle 2 di notte di sabato dal rifugio des Cosmiques per affrontare la via normale francese dei Trois Mont Blanc è durata più del previsto: la cordata è arrivata ai 4.810 metri della vetta intorno alle 13. Undici ore, rispetto a un tempo che di solito va dalle quattro alle sei. Proprio una volta iniziata la discesa, lungo la via normale del Goûter è iniziato il loro incubo: l’arrivo della nebbia, la perdita dell’orientamento e la chiamata, disperata, ai soccorritori.

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Carceri: Garante, 67 suicidi da inizio 2024, +19 rispetto al 2023

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Le persone detenute che dall’inizio dell’anno e fino al 16 settembre 2024 si sono suicidate in carcere sono 67 (di cui 2 avvenuti all’esterno dell’istituto). Si tratta di un dato elevato rispetto allo stesso mese di settembre del 2023 in cui si registrarono 48 suicidi (con un aumento di 19 decessi) e al mese di settembre del 2022 di 7 decessi). È quanto emerge dal Focus suicidi in carcere, per l’anno 2024, del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà nazionale, aggiornato al 16 settembre.Il sessantesimo suicidio è avvenuto presso la camera di stazionamento della cittadella giudiziaria di Salerno. Il sessantaseiesimo suicidio è avvenuto all’esterno dell’Istituto. La persona in carico alla Casa Circondariale di Gorgona era uscito dall’Istituto su concessione del permesso premio. Analizzando i dati personali, si rileva che delle 67 persone morte per suicidio 65 erano uomini e 2 donne. Riguardo alla nazionalità, 36 erano italiane (pari al 54 %) e 31 straniere (pari al 46%), provenienti da 15 diversi Paesi. Le fasce d’età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (30 persone) e tra i 40 e i 55 anni (18 persone); le restanti si distribuiscono nelle classi 18 – 25 anni (7 persone), 56-69 anni (11 persone) e ultrasettantenni (1 persone). Si rileva che l’età media delle persone che si sono suicidate è di circa 40 anni.

La posizione giuridica delle 67 persone che si sono tolte la vita in carcere è la seguente: 29 erano state giudicate in via “definitiva” e condannate (43%), mentre 9 avevano una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè avevano almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso; 24 persone (36%) erano in “attesa di primo giudizio”, 2 ricorrenti, 2 appellanti e 1 internato provvisorio.Dall’analisi è emerso che la maggior parte delle persone che si è tolta la vita in carcere era accusata o era stata condannata per reati contro la persona 34 (pari al 51%), tra questi si riportano quelli di maggiore rilievo: 13 per omicidio (tentato o consumato), 8 di maltrattamento in famiglia e 4 di violenza sessuale. A seguire i reati contro il patrimonio 23 (pari al 34%), per legge droga (5). Poco significativi sul piano statistico appaiono invece gli altri tre tipi di reato: contro le immigrazioni clandestine (1) per detenzione di armi (2) e concorso in reato (1), per atti persecutori (1) e in 1 caso il dato è mancante.

Tra i detenuti che si sono suicidati, 35 persone, (pari al 52%), si sono suicidate nei primi 6 mesi di detenzione; di queste: 7 entro i primi 15 giorni, 5 delle quali addirittura entro i primi 5 giorni dall’ingresso.Analizzando i dati relativi agli eventi critici, è stata rilevata la presenza di eventuali fattori indicativi di fragilità o vulnerabilità. La lettura ha fatto emergere che 36 persone (pari al 54%) erano coinvolte in altri eventi critici e di queste 16 (ossia il 24%) avevano precedentemente messo in atto almeno un tentativo di suicidio. Inoltre, 14 persone (ossia il 21% dei casi) erano state sottoposte alla misura della “grande sorveglianza” e di queste 5 lo erano anche al momento del suicidio.Gli Istituti in cui si sono verificati i suicidi sono 46 (pari al 24% del totale delle strutture penitenziarie): 41 Case circondariali e 5 Case di reclusione. Va evidenziato che le sezioni maggiormente interessate sono quelle a custodia chiusa, con 57 casi (pari all’85%), mentre in quelle a custodia aperta sono stati registrati 10 casi (pari al 15 %).

(Nella foto in evidenza la sede del ministero della Giustizia)

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Ritirati 12 bambini da scuola, ‘troppi stranieri in classe’

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Dopo appena quattro giorni dall’inizio delle lezioni, i genitori di 12 alunni di prima elementare di nazionalità italiana, iscritti all’istituto comprensivo ‘Aspri’ di Fondi (Latina), hanno portato i loro figli in altri istituti della città. Le famiglie – scrive Repubblica – non hanno accettato che quella classe fosse composta per oltre il 50% (14-16 alunni) da bambini di nazionalità indiana, pakistana e albanese.

“Questo è razzismo”, hanno denunciato le famiglie di nazionalità indiana, una comunità numerosa, che nella città che ospita il più grande mercato ortofrutticolo d’Italia, il Mof, manda avanti le decine di aziende agricole. Le famiglie italiane – spiega inoltre l’articolo – hanno deciso di allontanare i bambini dai compagni di altre nazionalità.

“Restano indietro, non possono portare avanti il programma con tutti quegli alunni che non parlano neppure italiano”, hanno detto. Le famiglie di nazionalità indiana, sostenute dal presidente della comunità indiana del Lazio, Gurmuk Singh, denunciano una forma di discriminazione nei confronti dei loro figli e stanno valutando se ritirare anche loro i bambini dall’ ‘Aspri’.

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Il mistero della statua egizia, indagini in corso dopo l’incidente nei Quartieri Spagnoli: Chiara è grave

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Nessuno l’aveva mai notata prima di domenica pomeriggio, quella piccola statua che riproduceva un animale stilizzato secondo l’antica arte egiziana. Eppure, per qualche inspiegabile ragione, si trovava lì, in un punto indefinito, fuori dal raggio visivo degli abitanti di un antico edificio nei Quartieri Spagnoli di Napoli. Un oggetto nero, lungo una ventina di centimetri, dal peso considerevole di circa dieci chili, sconosciuto a tutti fino a quando, in un tragico attimo, è caduto colpendo una turista di Padova, Chiara Jaconis.

L’incidente è avvenuto in via Santa Teresa agli Spagnoli, all’angolo con Vico Storto Sant’Anna di Palazzo. La polizia è già tornata due volte sul luogo dell’incidente, guidata dalle ipotesi investigative del pubblico ministero Gloria Sanseverino, sotto la direzione degli aggiunti Pierpaolo Filippelli e Simona Di Monte. Le accuse principali ruotano intorno alla mancata manutenzione o sicurezza e alle lesioni colpose. Le ipotesi sono due: la statua sacra, forse un elefante, era posizionata in modo inadeguato su un balcone, oppure qualcuno l’ha maneggiata imprudentemente, provocandone la caduta.

Un video, fornito da un gestore di bed and breakfast, ha immortalato l’esatto momento del crollo. La traiettoria verticale sembra escludere l’ipotesi di un lancio intenzionale dalla parte opposta della strada. La polizia ha condotto un sopralluogo minuzioso nell’edificio al civico 4, ispezionando balconi, terrazzi e raccogliendo frammenti della statua.

Nonostante gli interrogatori, nessuno degli abitanti sembra riconoscere la statua. Nessuno l’ha mai vista, eppure quella figura egizia è caduta, provocando un impatto drammatico. Alcuni residenti suggeriscono di controllare gli edifici di fronte, avanzando l’ipotesi di un rimbalzo. Tuttavia, le geometrie non sembrano avvalorare questa teoria.

Resta un mistero. In un palazzo dove si svolge la vita quotidiana, nessuno sembra sapere da dove sia arrivata quella statua. Nessuno ha fornito informazioni utili, e intanto le indagini continuano a concentrarsi sulla tragica vicenda di Chiara, vittima di un oggetto dall’origine sconosciuta, che ha lasciato tutti con una domanda: chi è il responsabile?

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