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Plasma iperimmune contro il Covid, la diffida dell’avvocato Grimaldi: raccolta e impiego del plasma in fase precoce 

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La partita contro il Covid-19 deve essere vinta prima del ricorso all’ospedalizzazione, nella fase precoce dell’infezione, con un’efficace e tempestiva terapia domiciliare e sfruttando tutti i farmaci e le armi a nostra disposizione. Ma nei primissimi giorni di insorgenza dei sintomi non ci stiamo giocando al meglio le nostre carte. A sostenerlo con fermezza, da mesi, è l’avvocato napoletano Erich Grimaldi, che con il Comitato Cura Domiciliare Covid sta invocando a gran voce l’approvazione di uno schema terapeutico condiviso di cura domiciliare precoce: uno schema basato sulle evidenze provenienti dai territori, in cui centinaia di medici hanno curato i pazienti a domicilio in fase precoce con ottimi risultati. Nonostante le continue sollecitazioni alle istituzioni competenti, il protocollo condiviso non è stato ancora approvato. 

Erich Grimaldi. L’avvocato napoletano che sta dando battaglia sulle cure contro il covid

Ma non solo. Fra le istanze portate avanti dal legale insieme al suo comitato, vi è quella per l’utilizzo del plasma iperimmune. La terapia prevede il prelievo del plasma da persone guarite e la sua successiva somministrazione ai pazienti affetti dal virus. Mediante questa trasfusione, gli anticorpi neutralizzanti sviluppati dai pazienti guariti vengono trasferiti ai pazienti con infezione in atto che non ne abbiano prodotti di propri. La validità di questa opzione terapeutica in fase precoce è stata ribadita dai risultati di una ricerca pubblicata a gennaio sul prestigioso New England Journal of Medicine. Lo studio clinico randomizzato in doppio cieco sancisce l’efficacia del plasma nel contenimento dell’infezione, a patto però che venga somministrato precocemente, ossia entro settantadue ore dall’insorgenza dei sintomi.

In Italia la terapia con il plasma iperimmune sta procedendo a rilento e in maniera assai parziale e disomogenea sul territorio nazionale, nonostante gli ottimi risultati ottenuti negli ospedali di Mantova e Pavia, dove il suo utilizzo tempestivo ha giocato un ruolo importante nella riduzione del rischio di trasferimento dei pazienti in terapia intensiva. Per questo motivo Grimaldi ha inviato un atto di diffida, fra gli altri, al Centro Nazionale Sangue e alle Regioni e per conoscenza anche all’AIFA e al Ministero della Salute. L’invito è a “raccogliere su tutto il territorio nazionale il plasma iperimmune di tutti i guariti dal Covid e sollecitare ospedali e Asl ad utilizzarlo entro 3-4 giorni dal ricovero”. Grimaldi denuncia di aver ricevuto “diverse segnalazioni, sia di pazienti guariti, che non riuscivano a donare il plasma nella propria Regione, in assenza di adeguati centri di raccolta e/o informazioni, sia di familiari che non riuscivano a reperire sacche presso i centri trasfusionali regionali ovvero di ospedali Covid che, benché sollecitati, non adottavano tempestivamente la predetta terapia”.

Sono centinaia i pazienti da tutta Italia che, non riuscendo a reperire negli ospedali della propria Regione le sacche di plasma iperimmune, si sono rivolti direttamente all’ospedale di Mantova. “Benché venga raccolto in alcuni centri trasfusionali regionali, il plasma poi non è impiegato negli ospedali, vanificando così lo sforzo di raccolta – denuncia Grimaldi -. C’è poi un altro problema. Il plasma può essere donato ventotto giorni dopo l’esito negativo del tampone, e per un solo mese a partire da quel momento; è quindi importante sensibilizzare i guariti, altrimenti molti, sconfitto il virus, potrebbero non prendere in considerazione questa possibilità”. 

“Il comitato – si legge poi nella diffida – ritiene opportuno valorizzare il grande lavoro svolto in questi mesi dai centri trasfusionali territoriali, con il prezioso contributo dei donatori, convogliando tutte le energie verso un obiettivo comune: raccogliere, conservare e distribuire il plasma in tempi rapidi”. A tal fine “sollecita un coordinamento delle attività di conservazione e distribuzione del plasma da parte dei centri trasfusionali regionali, operanti su tutto il territorio nazionale”. E sottolinea la necessità che coordinamento e sinergia vi siano anche tra le attività dei suddetti centri trasfusionali regionali e le strutture riceventi, un fatto che consentirebbe di somministrare il plasma ad una sempre crescente platea di pazienti. Il comitato, infine, si riserva la possibilità di denunciare alle autorità giudiziarie competenti eventuali inadempienze, come sempre col fine unico di garantire la tutela del diritto alla salute dei cittadini italiani. 

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Covid, ok Ue a vaccino aggiornato di Moderna contro JN.1

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Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha raccomandato l’autorizzazione all’immissione in commercio per la formulazione aggiornata del vaccino contro Covid-19 di Moderna. Il nuovo vaccino è indirizzato contro la variante JN.1. Lo ha reso noto l’azienda. Si attende ora la decisione definitiva della Commissione europea. “Dato che le malattie respiratorie aumentano durante i mesi invernali, è fondamentale che le persone si proteggano vaccinandosi con un vaccino Covid-19 aggiornato”, ha detto in una nota Stéphane Bancel, amministratore delegato di Moderna. La raccomandazione di inserire la variante JN.1 nel vaccino di questa stagione era stata espressa dalla Emergency Task Force (ETF) dell’Ema lo scorso aprile e poi confermata dalla stessa agenzia a luglio. Esiste, però, anche una versione del vaccino aggiornata alla variante KP.2 – ceppo discendente da JN.1 – approvata nelle scorse settimane in Usa. L’azienda non ha anticipato quando inizierà la distribuzione del prodotto, ma ha reso noto che l’Unione Europea sta partecipando a una procedura di gara per i vaccini a mRNA attraverso l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA).

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La Corte Ue per diritti dell’uomo boccia sanitari novax

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Curve Covid stabili. Verso l'estate senza mascherine

La Corte europea per i diritti dell’uomo, dopo la Corte Costituzionale italiana, boccia i sanitari novax che durante l’emergenza Covid-19 rifiutarono nel 2021 la somministrazione del vaccino essendo per questo sospesi dalla loro funzione. Con una sentenza pubblicata il 29 agosto, la Corte europea afferma infatti che non vi fu violazione dei diritti, ritenendo “manifestamente infondata” l’accusa di discriminazione. Intanto, il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, invita a non sottovalutare la persistente diffusione del virus ed a proteggere i soggetti fragili. I sanitari che hanno fatto ricorso alla Corte Ue sono 26: 19 sammarinesi, 6 italiani e uno di nazionalità moldava, tutti impiegati presso l’Istituto per la Sicurezza Sociale di San Marino. Avevano rifiutato la vaccinazione contro il Covid-19 ed erano stati sospesi per questo dalla loro attività di operatori sanitari, per poi essere reintegrati passata la fase di emergenza. Secondo la Corte, non vi fu però violazione dei diritti e le misure adottate furono proporzionate e giustificate al fine della protezione della salute della popolazione in generale, compresi i richiedenti. “L’obiettivo delle misure – si legge infatti nella sentenza – era proteggere la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza, nel contesto di una pandemia che aveva rappresentato un grave rischio per la popolazione in generale”.

Ed ancora: “Le persone non vaccinate erano più vulnerabili alle gravi conseguenze della malattia”. Le parti hanno ora tre mesi di tempo per fare ricorso. La Corte Europea, afferma Anelli, “promuove le misure adottate durante il Covid e le considera non sproporzionate e adeguate per la tutela della salute pubblica e per garantire le necessarie condizioni di sicurezza anche nei confronti delle persone non vaccinate, in quanto più vulnerabili alle gravi conseguenze della malattia”. La sentenza della Corte Ue, rileva, “segue quella della Corte Costituzionale italiana, che aveva sottolineato che le misure adottate dal legislatore al fine di prevenire la diffusione del virus, limitandone la circolazione, non possano ritenersi né irragionevoli né sproporzionate”. Una sentenza che arriva mentre il virus SarsCoV2 continua a diffondersi, anche se i dati italiani segnano attualmente una fase di stabilizzazione dei contagi. Medici ed epidemiologi esortano tuttavia a non abbassare la guardia, ribadendo come le persone fragili siano maggiormente a rischio e vadano protette anche per mezzo di un nuovo richiamo vaccinale.

I dati sul Covid “sono sicuramente sottostimati perchè buona parte dei cittadini non fa più i tamponi ed oggi – spiega Anelli – non abbiamo una reale percezione di quello che sta avvenendo. Personalmente, però, ogni giorno faccio diagnosi di Covid, largamente diffuso al momento soprattutto tra i giovani”. Il Covid, nella forma attuale, precisa, “non sta creando seri problemi: si presenta in genere come una influenza più forte che si autorisolve nel giro di pochi giorni. Tuttavia, il problema sussiste per gli anziani con malattie importanti che possono andare incontro a scompenso anche grave. E’ pertanto opportuno raccomandare il tampone se si hanno sintomi simili all’influenza, per essere coscienti del proprio stato ed evitare il contatto con soggetti fragili se si è positivi”. Quanto alla prossima campagna vaccinale, “al momento non abbiamo indicazioni in merito alla somministrazione del vaccino anti-Covid – aggiunge – e aspettiamo che le autorità sanitarie ci facciano sapere come e quando iniziare la campagna vaccinale per Covid e influenza, che appare opportuna soprattutto per i malati cronici”. A fronte di una attuale stabilità dei contagi, anche l’epidemiologo Cesare Cislaghi esorta tuttavia a non abbassare la guardia: “Si sta andando verso l’autunno e l’esperienza suggerisce che il virus probabilmente circolerà maggiormente. E’ per questo che consiglio una maggior protezione vaccinale ed una maggior precauzione soprattutto a protezione dei soggetti più fragili”.

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In 7 giorni oltre 15.200 casi di Covid, +11% in una settimana

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Salgono a 15.221 i casi di Covid-19 registrati dal 22 al 28 agosto in Italia, con un aumento di circa l’11% rispetto ai 13.690 della settimana precedente (ma in calo se confrontati a quelli di due settimane fa, considerato che dall’8 al 14 agosto i contagi erano stati 16.299). In aumento anche i decessi settimanali, che sono stati 135, rispetto ai 99 del 15-21 agosto. Lo indicano i dati dell’aggiornamento settimanale sul Covid-19 in Italia, pubblicato sul sito del ministero della Salute. Il maggior numero di casi si registra in Lombardia, con 2.562 contagi tra il 22 e il 28 agosto rispetto ai 1.796 della settimana prima. Sempre in Lombardia è stata registrata circa la metà di tutti i decessi per Covid rilevati nella settimana in esame, 66. In aumento anche i tamponi: dal 22 al 28 agosto ne sono stati eseguiti 94.171 rispetto ai 72.266 della rilevazione precedente. Il tasso di positività è al 16,2%, a fronte del 18,9%.

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