A poco più di tre mesi dalla scadenza del suo mandato il Csm continua a dividersi sulle nomine piu’ importanti. Stavolta e’ sulla scelta del nuovo procuratore generale della Cassazione, che è il “capo dei pm”, ma anche titolare, con il ministro della Giustizia, dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati e componente di diritto del Csm. Chiamata a proporre il successore di Giovanni Salvi, prossimo alla pensione ai primi di luglio, la Commissione per gli incarichi direttivi ha indicato due candidati alternativi, di fatto rimettendo la scelta al plenum che si pronuncera’ il 22, o piu’ probabilmente il 23 giugno, in una seduta presieduta dal capo dello Stato. La partita si giocherà tra Luigi Salvato (nella foto in evidenza), procuratore generale aggiunto della Cassazione e dunque “vice” di Salvi ,e Luigi Riello, procuratore generale di Napoli. Ognuno di loro ha ottenuto due voti in Commissione: Salvato quelli di Michele Ciambellini (della corrente di centro Unicost) e Alessandra Dal Moro (del gruppo delle toghe progressiste di Area); Riello quelli di Antonio D’Amato (Magistratura Indipendente)e del laico di Forza Italia Alessio Lanzi. Mentre e’ rimasto fuori dai giochi, il terzo concorrente, il pg di Roma Antonio Mura. Sulla carta Salvato partirebbe gia’ in leggerissimo vantaggio: sommando i consiglieri di Unicost e di Area potrebbe contare su una dote di partenza di 7 o forse 8 voti (se si unisse l’indipendente Carmelo Celentano).
Luigi Riello, procuratore generale di Napoli
Mentre Riello avrebbe una base di 6 voti, conteggiando quelli dei laici di Forza Italia e dei togati di Magistratura Indipendente, la corrente piu’ moderata. A far pendere il piatto della bilancia dall’una o dall’altra parte saranno gli indecisi (si sono astenuti il togato Sebastiano Ardita e il laico M5s Fulvio Gigliotti), e i gruppi che non sono rappresentati in Commissione (Autonomia e Indipendenza e Lega). Non si sa nemmeno se e come voteranno i vertici della Cassazione, anche se sembra improbabile che Salvi non dia il sostegno all’attuale numero due della procura generale. Questa volta non c’e’ una contrapposizione di “bandiere” tra le correnti: Riello e’ un esponente di Unicost, Salvato lo e’ stato in passato anche se da anni non aderisce a nessun gruppo. Le divisioni riguardano piuttosto il modo di interpretare le stesse norme che il Csm si e’ dato sulle nomine in Cassazione. E in particolare quanto peso attribuire alla regola che riconosce come titolo preferenziale per gli incarichi al vertice della Suprema Corte il positivo esercizio per almeno un biennio di funzioni direttive in Cassazione: Salvato ha 4 anni, Riello nemmeno uno, quindi secondo i sostenitori del primo non ci sarebbero dubbi sulla prevalenza dell’attuale numero due della procura generale della Suprema Corte. Non tutti a Palazzo dei marescialli ritengono pero’ vincolante questo criterio, tant’e’ che quando questo stesso Csm nel 2019 nomino’ Salvi, lo preferi’ anche all’unico candidato che aveva svolto per piu’ tempo funzioni direttive in Cassazione.
Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.
Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.
Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.
“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.