Cinque giorni per rasserenare animi e leader, prima del vertice del 7 gennaio: per Giuseppe Conte l’inizio del 2020 è in salita e ha, come primo appuntamento caldo, la riunione del post-Epifania sulla prescrizione. Pd e M5S restano lontani e l’entrata in vigore della riforma Bonafede, celebrata oggi dallo stesso Guardasigilli e da Luigi Di Maio, non raffredda il clima. Anche perche’, dopo l’addio di Lorenzo Fioramonti e le voci insistenti di un nuovo gruppo ecologista-contiano alla Camera, il capo politico del Movimento e’ passato al contrattacco: in serata i probiviri notificano al senatore Gianluigi Paragone (nella foto in evidenza) la sua espulsione dai Cinque Stelle. La cacciata di Paragone era nell’aria. Da troppo tempo il senatore ex M5S non risparmiava critiche ai vertici e ai colleghi e sulla legge di bilancio ha votato contro. Da troppo tempo diceva di essere un eretico, un pungolatore del Movimento che discostava dai valori originari. Che detto da lui, arrivato prima delle elezioni e fatto eleggere in in collegio uninominali, dunque nominato da Di Maio, sapeva di sfottò. La risposta di Paragone all’espulsione è stata immediata. “Sono stato espulso dal nulla. C’era una volta il 33%….ora..” ha scritto il senatore sulla carta intestata del Senato, in un messaggio scritto a penna. La foto è stata pubblicata su Facebook.
Ma l’espulsione di Paragone è anche un avvertimento per gli altri dissidenti: i vertici sono passati al contrattacco e, come già era accaduto nei mesi scorsi, non hanno alcuna remora a lasciare su malpancisti e fuoriusciti la responsabilità della tenuta della maggioranza.
Luigi Di Maio. Lunga diretta Facebook del capo politico del M5S per ribadire che non saranno tollerati finti eretici e chi si mette di traverso
“Qualcuno va al Misto dicendo che c’e’ un problema di verticismo, ma sono gli stessi che venivano a chiedermi una carica”, è la stoccata di Di Maio a Fioramonti, che non viene neanche citato. E la scure dei vertici potrebbe abbattersi, con sanzioni disciplinari, anche sui ritardatari nei rimborsi. Pratica che Di Maio difende: “Non è vero che solo il 12%” dei parlamentari del M5S è in regola”, sottolinea il ministro in una lunga diretta video su Fb. Chissà se la controffensiva dei vertici, e la contrarieta’ di Conte stesso, non freni il progetto di nuovo gruppo – il nome che gira nei rumors di palazzo e’ “Eco” – che Fioramonti ha in mente. Con lui ci sarebbe un drappello di deputati M5S e qualche ex del Movimento. Ma per avere un gruppo servono 20 deputati. Possibile quindi che si componga, almeno inizialmente, una componente nel Misto. Di Maio, nel frattempo, tira dritto. Annuncia che presto verranno nominati i facilitatori regionali e punta sugli Stati generali di marzo, che nei piani del leader dovrebbe registrare una sorta di nuovo inizio del M5S.
“Nel 2020 saremo determinanti e per esserlo dobbiamo essere piu’ strutturati e compatti”, afferma rivendicando i “40 provvedimenti approvati grazie al M5S”. Tra questi, chiaramente, c’e’ la riforma della prescrizione. “Ora ci sara’ la riforma del processo penale e civile per garantire una drastica riduzione dei tempi dei processi: sono obiettivi importanti per i quali ci metteremo subito al lavoro”, assicura Bonafede tendendo una mano al Pd. Ma i Dem restano in subbuglio, stretti tra il pressing di Renzi da un lato e le necessita’ di non strappare su un tema spigoloso e dall’impatto elettorale imprevedibile. Tocchera’ a Conte fare da mediatore. Anche se il premier, dalla conferenza di fine anno in poi, ha ampliato i suoi spazi di manovra proponendosi come attore centrale della politica e come vera e propria antitesi a Matteo Salvini. Certo sulla sua collocazione partitica restano non poche incognite: Conte si rispecchia in una prospettiva di centro-sinistra cercando di dare questa impronta al suo stesso governo ma e’ ancora restio non solo a fare un suo partito ma anche gruppi in suo nome, a suo parere destabilizzanti. Destabilizzante rischia di essere anche il referendum che il 12 gennaio potrebbe essere di fatto ufficializzato dando il la’ alla tentazione del voto subito, senza il taglio dei parlamentari. E, non a caso, Di Maio gia’ attacca: “chi non sara’ eletto non vuole il taglio dei parlamentari perche’ non sarebbe eletto. Di questo referendum non c’era bisogno ma prepariamoci”.
Nove progetti di ricerca sulla Sla, dallo sviluppo di un nuovo test diagnostico all’identificazione di possibili biomarcatori tramite lo studio del ruolo svolto dal muscolo scheletrico nella malattia. Con un finanziamento di 840mila euro, AriSLA, Fondazione italiana di ricerca per la Sla Ets, supporterà i progetti, coinvolgendo 15 gruppi di lavoro distribuiti in sette diverse regioni italiane Tra i nuovi studi, due sono quelli quelli ‘full grant’, cioè che sviluppano ambiti di studio promettenti, basati su solidi dati preliminari. ‘Defineals’, coordinato da Gianluigi Zanusso dell’Università di Verona, ha l’obiettivo di sviluppare un test affidabile per diagnosticare e monitorare la progressione della Sla correlata a TDP-43, una proteina che in condizioni normali svolge un ruolo fondamentale in diverse funzioni cellulari, e nei pazienti con Sla risulta aggregata.
Saranno raccolti tramite tampone nasale campioni da 60 pazienti con diagnosi di probabile Sla e da 60 soggetti controllo (30 controlli sani e 30 con altre patologie neurologiche). Per la ricerca della proteina TDP-43 sui campioni saranno effettuati studi immunocitochimici e molecolari. Il progetto ‘MoonAls’, coordinato da Giovanni Nardo dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs di Milano, studierà la fisiopatologia della Sla indagando il ruolo svolto dal muscolo scheletrico nella malattia per identificare possibili biomarcatori. In particolare, nei modelli murini a lenta e rapida progressione e nelle colture cellulari verranno studiate le molecole rilasciate dalle cellule satellite, ossia le cellule staminali del muscolo scheletrico, per verificare se possono contrastare l’atrofia muscolare indotta dalla Sla.
Infine, sarà valutato l’effetto del trapianto di cellule satellite sull’atrofia muscolare e sulla progressione della Sla in modelli murini. Gli altri sette progetti sono ‘Plot Grant’, ossia studi esplorativi con lo scopo di sperimentare idee innovative. ‘Flygen’, coordinato da Arianna Manini dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, intende identificare nuove cause genetiche di Sla in pazienti con un’alta probabilità di avere mutazioni genetiche, come quelli con forte storia familiare di Sla o esordio estremamente precoce, sinora non diagnosticati dal punto di vista genetico. Tra questi, anche il progetto coordinato da Riccarda Granata dell’Università degli Studi di Torino, nel quale saranno valutati gli effetti protettivi della molecola Mr-409, e quello coordinato da Antonio Orlacchio dell’Università di Perugia, con il quale si mira a identificare nuovi geni correlati alla Sla giovanile.
Alla Cop29 di Baku i paesi ricchi provano a chiudere l’accordo sul fondo di aiuti climatici, alzando l’offerta a 300 miliardi di dollari all’anno dal 2035. Ma ai paesi più poveri sembrano ancora troppo pochi: così lasciano il tavolo delle trattative, anche se non escono dal negoziato. La situazione è confusa, le riunioni si susseguono. In serata viene fissata una nuova assemblea plenaria. La Cop29 doveva chiudersi venerdì. Ma l’accordo sugli aiuti climatici (il dossier più importante) non è stato raggiunto, e la conferenza è stata prolungata ad oggi. Venerdì era stata pubblicata una bozza di documento finale sulla finanza, con un compromesso proposto dalla presidenza azera. I paesi sviluppati si impegnavano a versare 250 miliardi di dollari all’anno dal 2035 in aiuti ai paesi in via di sviluppo per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico. Questa cifra era fatta di contributi pubblici a fondo perduto, ma anche di prestiti da banche multilaterali di sviluppo e banche private. La proposta era stata respinta dai paesi emergenti e in via di sviluppo del G77+Cina.
Questi chiedono 1.300 miliardi di dollari all’anno dal 2025, prevalentemente in contributi pubblici a fondo perduto, e sostengono che non si possa scendere sotto 300 miliardi all’anno dal 2030 e 390 dal 2035 (le cifre minime di aiuti indicate da uno studio di consulenti della Cop). Oggi i paesi sviluppati hanno provato ad alzare l’offerta, arrivando a 300 miliardi. In più, hanno precisato nella bozza che i paesi in via di sviluppo possono erogare aiuti, ma non hanno alcun obbligo, e i loro soldi non rientrano nel conteggio dei 300 miliardi. Un modo per accontentare la Cina, che per l’Onu risulta ancora paese in via di sviluppo: Pechino vuole erogare i suoi aiuti senza avere vincoli. La bozza accontenta anche l’Arabia Saudita, perché non aumenta gli impegni di decarbonizzazione rispetto a quanto deciso l’anno scorso alla Cop28 di Dubai. La Ue ha dovuto cedere su questo, come pure su diritti umani e delle donne, citati in modo generico.
Ma il gruppo dei paesi meno sviluppati (Ldc) e quello dei piccoli stati insulari (Aosis) hanno bocciato anche questa proposta. “Siamo temporaneamente usciti, ma rimaniamo interessati nei negoziati finché non otteniamo un accordo equo”, ha scritto su X Jiwoh Emmanuel Abdulahi, ministro dell’Ambiente e del cambiamento climatico della Sierra Leone. Cedric Schuster, presidente dell’Alleanza dei piccoli stati insulari (Aosis), in un comunicato ha detto che “siamo usciti dalle discussioni in stallo sull’Ncgg (l’obiettivo di finanza climatica, n.d.r.), che non stava offrendo alcun progresso. Ci siamo ritrovati continuamente insultati dalla mancanza di inclusione, le nostre richieste sono state ignorate”. “Un’altra Cop sta fallendo – ha commentato Greta Thunberg su X -. La bozza attuale è un completo disastro”. Più ottimista l’invia americano sul clima, John Podesta: “Spero che sia la tempesta prima della calma”.
Inizia nel migliore dei modi la semifinale di Coppa Davis per l’Italia, grazie alla straordinaria vittoria di Matteo Berrettini. L’azzurro ha sconfitto l’australiano Thanasi Kokkinakis in tre set con il punteggio di 6-7, 6-3, 7-5, regalando il primo punto agli Azzurri nella sfida contro l’Australia.
La partita non è stata priva di difficoltà per il tennista romano, che nel primo set ha sprecato ben tre set point, cedendo poi il parziale al suo avversario nel tie-break. Sembrava che l’inizio in salita potesse compromettere l’esito del match, ma Berrettini ha dimostrato ancora una volta grande carattere e capacità di reazione.
Nel secondo set, l’azzurro ha imposto il suo ritmo, dominando Kokkinakis e chiudendo il parziale con un netto 6-3. Il terzo e decisivo set è stato più equilibrato, ma Berrettini ha saputo mantenere la lucidità nei momenti cruciali, strappando il servizio all’australiano nel finale e conquistando la vittoria con un 7-5 decisivo.
Grazie a questo successo, l’Italia si porta sull’1-0 nella semifinale contro l’Australia. Ora tutte le attenzioni si spostano sulla seconda sfida di giornata, che vede impegnati Jannik Sinner e Alex De Minaur. In caso di parità dopo i singolari, sarà il doppio a decidere l’esito della semifinale.
Una prestazione di grande carattere per Berrettini, che conferma la sua capacità di brillare nei momenti più importanti. Gli Azzurri mettono un primo tassello verso la finale di Coppa Davis