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Cronache

Occupazione di nuovo al top, disoccupazione giù al 6,8%

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L’occupazione tocca un nuovo record. Il secondo trimestre dell’anno concede un bis sul fronte del lavoro mentre la disoccupazione scende ai minimi da 16 anni. A guidare la crescita si confermano i dipendenti a tempo indeterminato, seguiti dagli autonomi, all’opposto continuano a diminuire i dipendenti a termine. I dati Istat fotografano un quadro dinamico, in cui trovano più spazio le donne e in generale la fascia più adulta, over-50 in testa, a discapito però dei più giovani. Dal G7 Lavoro di Cagliari, plaude la ministra Marina Calderone: i dati, “soprattutto per quel che riguarda i contratti stabili, sono positivi e non temporanei”, anzi “denotano un filo conduttore” nel percorso che il governo sta portando avanti.

“Il Paese va nella direzione giusta”, sottolinea anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. In particolare, tra aprile e giugno i dati vedono il tasso di occupazione salire al 62,2%, il livello più alto mai registrato nelle relative serie storiche trimestrali. Sull’altro fronte, il tasso di disoccupazione cala invece al 6,8%, il livello più basso dopo il terzo trimestre 2008 (quando si attestò al 6,7%). Il tasso di inattività, ovvero tra coloro che non hanno un lavoro e neppure lo cercano, resta stabile al 33,1%. In attesa del nuovo trimestre, intanto, i dati provvisori già diffusi di luglio 2024, su base mensile, hanno rilevato il tasso di occupazione al nuovo record del 62,3%, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 6,5%, ai minimi da marzo 2008. In termini assoluti nel secondo trimestre si contano quindi 124mila occupati in più (+0,5%) rispetto al trimestre precedente e 329mila in più (+1,4%) rispetto al secondo trimestre dell’anno scorso: ed è proprio nel confronto annuo che si osserva la crescita maggiore dei dipendenti a tempo indeterminato (+3,3%) e poi degli indipendenti (+0,6%), a fronte del calo dei dipendenti a termine (-6,7%).

L’andamento non è però uniforme tra le diverse aree, con la spinta maggiore che arriva dal Sud, e tra le fasce di età. Sempre su base annua, l’aumento del tasso di occupazione risulta infatti più marcato nel Mezzogiorno (+1,2 punti in un anno rispetto a +0,9 punti nel Centro e a +0,1 punti nel Nord). E’ più forte per le donne rispetto agli uomini (rispettivamente +0,9 punti e +0,4 punti) e coinvolge gli over34 (+1,3 punti tra gli individui di 50-64 anni e +1,2 punti tra chi ha 35-49 anni) diminuendo, invece, tra i giovani di 15-34 anni (-0,4 punti). Allo stesso tempo faticano a cambiare le modalità per trovare un posto di lavoro. Tant’è che nella ricerca continua a prevalere l’uso del canale informale: seppure in diminuzione, rivolgersi a parenti, amici e conoscenti rimane la pratica più diffusa (la quota di chi lo fa è il 74,7%); seguono, in crescita, l’invio di domande e curriculum (65,5%) e la consultazione di offerte di lavoro (47,6%).

In aumento, tra i disoccupati, anche la quota di chi si rivolge al centro pubblico per l’impiego (26,5%) e di chi contatta le agenzie private di intermediazione o somministrazione (21,6%). Sale anche il costo del lavoro: nel secondo trimestre registra un aumento pari all’1,9% sui tre mesi precedenti e pari al 4,5% su base annua, con la crescita delle retribuzioni legata ai rinnovi contrattuali. Tra i sindacati commenta la Cisl rimarcando i risultati positivi dell’occupazione ma anche che “occorre rafforzare ulteriormente questo trend”, puntando sulle politiche per la crescita economica e l’adeguamento del sistema istruzione-formazione, in modo da superare le difficoltà a trovare le competenze richieste. Dal vertice di Cagliari, che si chiude domani, la ministra del Lavoro ribadisce l’importanza di “valorizzare l’ingresso regolare della manodopera a fronte di percorsi formativi che iniziano nei paesi d’origine” dei migranti. Attenzione anche sull’occupazione femminile: è “prima di tutto una questione di giustizia sociale”.

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Cronache

Ancora morti in carcere, due suicidi ad Avellino e Roma

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Ancora suicidi in cella, stavolta due nell’arco di poche ore. Si allunga la lista di persone che si sono tolte la vita in carcere: sono 72 dall’inizio dell’anno secondo i sindacati di polizia penitenziaria. Gli ultimi casi riguardano quello di un detenuto nigeriano di 32 anni, John Ogais, morto nell’istituto di Ariano Irpino, in provincia di Avellino: l’uomo era stato arrestato nel 2017 a Crotone sulla base delle testimonianze dei migranti che lo incolpavano tra l’altro, di essere un torturatore. Ogais, detto Rambo, già domenica scorsa dopo aver aggredito e mandato in ospedale quattro agenti della penitenziaria, aveva tentato di impiccarsi alla grata della cella facendo un cappio con le lenzuola: era stato salvato in extremis da un poliziotto. Nel carcere irpino era giunto il mese scorso e per tutta la giornata di ieri era stato sottoposto a sorveglianza attiva ma in serata è riuscito a mettere in atto i suoi propositi. È il nono episodio in un carcere campano da gennaio. Poche ore dopo nell’istituto romano di Regina Coeli è stato trovato impiccato all’alba un cinquantenne, arrestato il 25 agosto scorso per maltrattamenti in famiglia.

“A queste morti, vanno aggiunte quelle dei sette agenti della polizia penitenziaria che si sono tolti la vita nel 2024. Una strage senza fine e senza precedenti che certifica, ancora una volta, il fallimento più totale del sistema carcerario”, sostiene il segretario generale della Uilpa, polizia penitenziaria, Gennarino De Fazio. A segnalare “l’emergenza rispetto alla presenza di detenuti psichiatrici e l’assenza di personale specializzato che non può più essere negata” è il garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà Samuele Ciambriello, che al di là dei decessi, riferisce di “moltissimi atti di autolesionismo e manifestazioni di gesti estremi”. Intanto il ministero continua a lavorare per mettere a punto i nuovi provvedimenti previsti dal decreto carcere approvato nel luglio scorso.

“In un paio di mesi sarà pronto l’elenco del’albo delle comunità”, annuncia il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, parlando delle strutture residenziali idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale dei detenuti che hanno i requisiti per accedere alla detenzione domiciliare e alle misure penali di comunità, ma che non sono in possesso di un domicilio. Ostellari ha ricordato che sono settemila i detenuti che non escono dal carcere solo perché non hanno un domicilio. In Parlamento la Camera ha invece approvato l’articolo 26 del ddl sicurezza, emendato dal governo, che introduce nel codice penale anche la “resistenza passiva” in carcere. Chi “partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti, commessi in tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni”. In tale contesto “costituiscono atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva”.

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Abusi su due amiche moglie, condannato a 9 anni a Lodi

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Un trentenne di Lodi è stato condannato, oggi, a 9 anni di reclusione per due episodi di violenza sessale che, secondo l’accusa, avrebbe commesso nella stessa notte ai danni di due 25enni amiche di sua moglie. Gli abusi si sarebbero verificati nella primavera del 2022 al termine di una serata che aveva visto riunirsi alcune famiglie di connazionali sudamericani per festeggiamenti. Entrambe le giovani donne avrebbero bevuto birre e superalcolici per diverse ore.

Parte del gruppo, compresi il 30enne e le due donne, si era poi spostato in un altro appartamento, sempre a Lodi per riposarsi. Qui, l’uomo avrebbe primo molestato sessualmente una delle due donne e, poi, sarebbe andato nella camera dell’altra consumando una violenza confermata dal test del Dna. Secondo la difesa, nel primo caso il trentenne si sarebbe fermato non appena la giovane si era sottratta dall’andare oltre e, nel secondo caso, le modalità descritte renderebbero impossibile la mancanza di consenso da parte della donna. Il Tribunale ha disposto risarcimenti provvisionali di 10 e di 50mila euro a favore delle due persone offese costituitesi parte civile dopo aver chiesto supporto a un centro antiviolenza.

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Polizia: Giuseppe Linares nominato nuovo Questore di Catanzaro

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Giuseppe Linares, direttore del Servizio centrale anticrimine della Polizia di Stato, nominato dirigente generale di pubblica sicurezza dal prossimo 2 ottobre prossimo è il nuovo Questore di Catanzaro. Subentra a Paolo Sirna che è stato nominato Questore di Torino. Nato a Trapani il 5 maggio 1969, Linares è stato nominato funzionario di pubblica sicurezza nel 1992. Ha svolto le funzioni di Capo della Squadra Mobile e di Dirigente della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Trapani e Capo della Dia di Napoli. Docente presso la Scuola Superiore di Polizia nella materia di tecniche di misure di prevenzione personali e patrimoniali, è stato relatore presso le università di Bologna, Salerno e Napoli in tecniche investigative in materia di misure di prevenzione. L’1 gennaio 2018 è stato promosso dirigente superiore della Polizia di Stato e il primo di giugno 2018 ha assunto le funzioni di Direttore del Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato.

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