“Difficile ma non impossibile”. Un senatore della maggioranza risponde così a chi gli chiede se si possa arrivare a un nuovo Consiglio di Amministrazione Rai entro l’estate. I tempi “sono molto stretti”, si osserva, ma, se si riuscisse a trovare l’intesa tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, alla fine “ci si potrebbe riuscire”. E, in questo senso, gli occhi sono puntati sull’incontro in programma entro lunedì tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di ritorno dalla Cina e i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. Ma al momento c’è il braccio di ferro con la Lega, che non molla la presa sul direttore generale. Per questo la Conferenza dei Capigruppo di Palazzo Madama non è risolutiva. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, prima di entrare in Capigruppo dice ai giornalisti che lui il problema della calendarizzazione del voto sul Cda lo porrà.
Ma al termine della riunione si viene a sapere che, alla sua proposta di indicare una data, il “Pd si è opposto” e la Lega ha chiesto “altro tempo per riflettere”, come racconta il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri. Nella stessa riunione si decide, però, di riconvocare una nuova Conferenza dei capigruppo lunedì prossimo. Lo “spiraglio”, appunto. Cioè, l’occasione per fissare in extremis una data per votare. La strada si presenta dunque ancora in salita. Anche perché, come sottolinea sempre Gasparri, “la procedura” per arrivare a un nuovo Cda nel pieno delle sue funzioni è “lunga e complessa”. Non solo, sia la Camera, sia il Senato, devono indicare ciascuno i nomi di 2 componenti del Cda. Anche Palazzo Chigi deve designarne altri 2. Poi, il Consiglio di Amministrazione si deve riunire per eleggere il proprio Amministratore delegato e indicare il presidente. E la scelta deve venire approvata dalla Commissione di Vigilanza con una maggioranza di 2/3. Il tutto, con il Parlamento che vorrebbe chiudere i battenti per la pausa estiva entro il 7 agosto.
“All’89% si va a settembre” assicura un parlamentare leghista, mentre in Fratelli d’Italia si ritiene ancora possibile “un’accelerazione”. In realtà, si spiega nel centrodestra, grande urgenza di arrivare ad una ricomposizione sul punto non c’è, anche perché “tutti i palinsesti sono già stati decisi” e quindi, a prescindere da chi arriverà ai vertici Rai, “poco o nulla potrà essere modificato”. Quello che “pesa”, oltre al “comprensibile pressing” che starebbero facendo gli eventuali diretti interessati, è anche l’aspetto politico, cioè “l’equilibrio” tra le forze di maggioranza. Dove diktat e “imposizioni” sembrano sempre più difficili da digerire. Lo schema al quale starebbe lavorando FdI è quello di Simona Agnes alla presidenza; Giampaolo Rossi come Ad, alla Lega toccherebbe un consigliere. Ma il partito di Salvini insiste per indicare il direttore generale e si fanno anche i nomi, tra gli altri, di Marco Cunsolo, attuale direttore della produzione, e di Maurizio Fattaccio, direttore di Rai Pubblicità.
Una posizione netta il cui punto di caduta- si ragiona in ambienti della maggioranza-potrebbe anche essere la concessione di un dg senza deleghe forti. O in alternativa, la nomina di uno o due direttori centrali di peso. Si parla anche di un piano B sulla presidenza nel caso ci fossero problemi di ratifica di Agnes in Vigilanza: la maggioranza può contare su 24 voti e altri 2 da parte dell’opposizione si danno per scontati. Ma servirebbe il soccorso dei 2 componenti di Italia Viva per arrivare a 28, la quota necessaria per decidere. Se così non fosse, la maggioranza potrebbe indicare un nome super partes gradito al Pd per allargare il consenso.
E anche per questo si guarda alle scelte dei Dem che, come consigliere, potrebbero indicare uno tra Antonio Di Bella e Roberto Natale. M5s dovrebbe confermare Alessandro Di Majo, la Lega potrebbe eleggere Alessandro Casarin più che Antonio Marano e Fdi Valeria Falcone. Mentre Meloni, si avverte, sul direttore del Tg1 non intende mollare. “Ma tutto è “ancora in itinere”, si osserva. Anzi, “in alto mare”, come commenta il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia che critica l’atteggiamento della maggioranza perché “il Cda Rai non è un suk”.