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Politica

Nomine Rai, il voto slitta al 12 settembre

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Slitta tutto a dopo la pausa estiva, come annunciato, ma arriva un chiaro segnale della volontà chiudere la partita alla ripresa dell’attività parlamentare. La capigruppo del Senato ha deciso che l’aula di Palazzo Madama voterà la nomina dei due componenti del cda della Rai giovedì 12 settembre, previa intesa con la Camera che dove procedere con l’elezione degli altri due membri. A Montecitorio, per il momento, si è deciso che ci sarà una nuova capigruppo alla ripresa per definire la data. Qualcosa, insomma, si muove. Segno che dai piani alti della maggioranza è arrivato un input per provare comunque a definire l’accordo in tempi non troppo lunghi. Per tutto il giorno si sono rincorse voci di possibili contatti tra i leader del centrodestra. Fratelli d’Italia ha cercato nelle ultime settimane di accelerare, per procedere con la nomina di Giampaolo Rossi come nuovo amministratore delegato.

A mettere i bastoni tra le ruote degli alleati in primo luogo la Lega che chiede di poter indicare il direttore generale, che potrebbe essere Marco Cunsolo o Maurizio Fattaccio, oltre a rassicurazioni sulle direzioni di genere di peso. E’ tornata, comunque, in auge l’ipotesi che il Carroccio proponga come dg l’attuale Ad Roberto Sergio, anche se circolano indiscrezioni, pur smentite dai diretti interessati in passato, su una presunta incompatibilità con Rossi. Lo scoglio principale è però, probabilmente, quello della presidenza. Forza Italia punta dritto sulla nomina di Simona Agnes che dovrebbe avere però l’avallo dei due terzi della Vigilanza. L’intesa nell’opposizione, compatta sull’uscita dall’aula di San Macuto in caso di voto sul presidente, per evitare franchi tiratori, ha aumentato i dubbi sulla riuscita del piano che prevedeva un appoggio di Azione e Italia Viva.

Si vedrà a settembre se gli equilibri cambieranno e se si virerà su un presidente di garanzia, eventualmente indicato dalla maggioranza, ma gradito all’opposizione. Non solo le nomine. La ripresa si preannuncia calda per la Rai perché, dopo lo sciopero dell’Usigrai del 6 maggio, sono ora gli altri sindacati a proclamare uno stop nazionale per il 23 settembre. Non solo per la mancata approvazione da parte dei lavoratori dell’ipotesi di rinnovo del contratto per quadri, dipendenti e operai, ma anche per l’incertezza sulla situazione economica dell’azienda.

Da un lato a preoccupare Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Snater c’è la vendita di ulteriori quote di Rai Way per sostenere il piano industriale, dall’altro l’ipotesi avanzata dalla Lega di intervenire nuovamente sul canone dopo l’ultimo taglio. All’orizzonte c’è anche la pronuncia del Tar del 23 ottobre dopo il ricorso di alcuni candidati al cda contro l’attuale normativa sulla governance, che dovrebbe essere adeguata ai nuovi criteri di trasparenza e indipendenza previsti per i servizi pubblici europei dal Media Freedom Act. Il nuovo regolamento Ue richiede che gli stati membri si adeguino entro l’agosto del 2025 e non è escluso che vengano sollevate obiezioni anche sulla regolarità del prossimo consiglio di amministrazione.

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Salvini: processo attacco a governo, sarà Pontida di lotta

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Niente armi per carità, ridimensiona netta Giulia Bongiorno. Né uno scontro a viso aperto con i pm. Ma una battaglia “pacifica e democratica” a difesa di Matteo Salvini, ci sarà. Scandita a tappe, dal prossimo weekend e, di sicuro, fino al 6 ottobre. Quella domenica, il sacro pratone di Pontida accoglierà di nuovo il popolo della Lega per il tradizionale raduno bergamasco e stavolta avrà una causa in più da sostenere: la difesa della libertà. Quella del suo segretario, prima di tutto. Messa a rischio da “un tentativo della sinistra di attaccare il governo e il diritto alla difesa dei confini nazionali”. Salvini descrive così i sei anni di carcere che rischia, per l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. E’ quanto gli contesta la procura di Palermo per aver impedito lo sbarco di 147 migranti dalla nave Open Arms a Lampedusa, da ministro dell’Interno nel 2019. Ora la Lega fa scudo attorno al suo leader. E in un consiglio federale convocato d’urgenza, 48 ore dopo la requisitoria dei pm, il partito traccia la linea. Un po’ difensiva e parecchio di attacco, è l’impressione.

“Si tratta di un processo politico”, arringa i suoi il Capitano, a inizio riunione. Tesi che il presidente dell’associazione magistrati smonta: per Giuseppe Santalucia, di politico c’è solo l’imputato ma “non è un processo alla politica” perché, rimarca, “in un sistema di democrazia costituzionale come il nostro, anche un ministro può essere soggetto a controlli di legalità”. Quindi l’ipotesi che “la magistratura si arresti di fronte a politica e politici sarebbe incostituzionale”, taglia corto il magistrato a La7. Intanto la Lega va avanti. E nella riunione di un’ora definisce un battage con gazebo nelle piazze dal prossimo weekend e nel successivo. Così fino a Pontida, che il numero due di Salvini, Andrea Crippa promette sarà “vivace” e “internazionale”. Invitati i principali alleati internazionali: da Marine Le Pen (che fu la super ospite l’anno scorso) all’olandese di ultradestra Geert Wilders. Un marcamento, serrato nei toni e stretto nei tempi, per tenere alta la causa con elettori e militanti. E non si esclude che possa essere un crescendo verso una grande manifestazione di piazza a Palermo il 18 ottobre. Quel giorno è prevista l’arringa dell’avvocata di Salvini (oltre che senatrice della Lega), nell’aula bunker di Palermo dove si celebra il processo. Un luogo più che simbolico per la giustizia in Italia. Forte, allora, la tentazione di “una chiamata alle armi” a tutti i leghisti per blindare – anche fisicamente – il leader a ridosso del suo momento più difficile. Inevitabile il ricordo di tutta Forza Italia davanti al palazzo di giustizia di Milano nel 2013 a difesa di Berlusconi, a processo per il caso Ruby. Un’immagine che però lascia scettici molti leghisti preoccupati dal confronto. Per Salvini, la sentenza di primo grado arriverà dopo le cosiddette ‘udienze di repliche’, ricorda Bongiorno, forse “dopo una settimana o due”.

In ogni caso la legale di Salvini impone cautela: “Non c’è nessuna voglia di acutizzare scontri con la magistratura. C’è assoluta e piena fiducia nei confronti della magistratura” ma insiste “in questo processo ci sono alcune anomalie” ossia “si è focalizzata l’attenzione sul singolo caso” pur essendoci stati altri precedenti. Intanto, oltre al sostegno degli alleati di governo in Italia, il vicepremier leghista incassa la rinnovata vicinanza di Viktor Orban: il presidente ungherese lo incorona “il patriota più coraggioso d’Europa” e soprattutto “il nostro eroe!” parlando a nome dei sovranisti probabilmente. In un tweet aggiunge che è stato “punito per aver fermato l’immigrazione” e che “coloro che difendono l’Europa vengono costantemente penalizzati”. Il Capitano lo ringrazia annunciando: “Ci vediamo venerdì nella splendida città di Budapest” (l’occasione sarà il vertice informale dei ministri dei Trasporti nella capitale ungherese) e assicura: “Il processo e le minacce non fermeranno il vento del cambiamento e della libertà che soffia in Europa”.

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Caso Cospito, il testimone Donzelli: Delmastro disse che erano notizie non riservate

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“Delmastro mi assicurò che quelle notizie che mi aveva riferito” sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito “non erano segrete” ed in prima battuta “non gli ho chiesto da chi arrivassero queste informazioni ma supponevo arrivassero dal Dap”. E’ quanto ha sostenuto in tribunale, a Roma, il parlamentare di Fdi, Giovanni Donzelli, sentito come testimone nel processo che vede imputato il sottosegretario alla Giustizia per l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio in relazione al caso dell’anarchico abruzzese protagonista, tra l’ottobre del 2022 e l’inizio del 2023, di un lungo sciopero della fame attuato per protestare contro il regime del carcere duro a cui è sottoposto.

Il processo ruota intorno alle dichiarazioni fatte nel gennaio del 2023 dal responsabile dell’organizzazione di Fdi, Donzelli, alla Camera dei deputati. L’esponente di Fratelli d’Italia riferì il contenuto di conversazioni avvenute nell’ora d’aria nel carcere di Sassari tra Cospito e alcuni detenuti di camorra e ‘ndrangheta, anche loro al 41 bis. Informazioni che Donzelli ebbe proprio dal sottosegretario, che ha la delega del ministro della Giustizia al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Nel processo compaiono, come parti civili, quattro parlamentari Pd: Silvio Lai, Debora Serracchiani, Walter Verini e Andrea Orlando. Nel corso dell’audizione, davanti ai giudici dell’ottava sezione collegiale di piazzale Clodio, Donzelli ha fornito la sua versione ricostruendo le tappe dei colloqui avuti con il collega di partito.

“Ricordo che il 30 gennaio del 2023 parlai con lui per la prima volta dei rapporti tra Cospito e altri detenuti – ha detto il testimone -. Fu un colloquio generico, il tema era il 41 bis. La mattina seguente, dopo avere letto un articolo su un quotidiano, ho incontrato Delmastro per caso in Transatlantico: gli ho chiesto ulteriori dettagli sui colloqui tra Cospito e altri detenuti al 41 bis. Mi fece anche i nomi che mi sono appuntato sul cellulare. Non gli ho chiesto da chi arrivassero queste informazioni ma supponevo venissero dal Dap”.

Dopo l’intervento alla Camera le opposizioni vanno alla carica. “Dopo l’esplosione del caso chiesi della natura di quelle informazioni a Delmastro: lui mi assicurò che quelle notizie che mi aveva riferito non erano segrete e aggiunse di averlo chiesto anche al magistrato Sebastiano Ardita che gli assicurò che non si trattava di notizie riservate”.

E ancora: “Delmastro ha una memoria incredibile su tutto, cita anche cose di dieci anni prima, io ho una memoria pessima. Suppongo che lui lo avesse letto il verbale del Nic, Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria, non l’ha letto davanti a me, mi ha riferito delle parti. Io quel verbale non l’ho mai letto”. Donzelli è quindi tornato sul suo intervento alla Camera. “Ho pensato che fosse necessario evidenziare in Parlamento quanto fosse utile difendere il 41bis. Perché ero preoccupato delle posizioni che avevo visto”. Donzelli ha aggiunto che era sua intenzione “fare i nomi in Aula dei parlamentari del Pd che incontrarono Cospito in carcere e ricordo che mi appuntai anche quanto avevano dichiarato fuori dal penitenziario. Io reputo che fu un errore istituzionale andare a trovare Cospito in carcere mentre erano in corso attentati in relazione al suo sciopero della fame”.

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Il futuro del M5s, nuovo scontro Grillo-Conte

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Nuovo scontro fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sul futuro del M5S. La Costituente voluta dal leader del Movimento altro non sarebbe che una “farsa per farmi fuori”: questa la convinzione del garante cinquestelle. Si tratta solo dell’ennesima iniziativa di Grillo, volta a impedire lo svolgimento del percorso partecipativo e a delegittimare i risultati, la replica. E dunque il percorso andrà avanti, basta con “i finti vittimismi”, dicono dal Movimento.

A parlare per primo stavolta è il fondatore: fonti a lui vicine raccontano di una “lettera privata” inviata da Conte, i cui toni sarebbero “al limite del ricatto”. Un’iniziativa che avrebbe “estremamente infastidito” Grillo, certo che se i contenuti venissero resi pubblici metterebbero in “seria difficoltà” l’ex premier. Tutt’altro, è la risposta che arriva dopo qualche ora. Non saranno certo “diffide, carte bollate e sgambetti di ogni tipo a fermare questo processo democratico”, è la tesi. Le distanze fra Grillo e Conte non sono certo una novità ma la tensione continua a salire. Il primo, accusato spesso di comportarsi come “un padre padrone”, ribalta l’addebito: nel mirino l’apertura di Conte al campo largo sancita dal “patto della birra” con la leader del Pd Elly Schlein e i vertici di Avs.

La linea politica andrebbe condivisa: “queste scelte perché non vengono decise alla Costituente? E viene esclusa la Comunità 5 Stelle?”, le domande di Grillo ai suoi interlocutori. E non servirebbe dunque a rilanciare il dibattito interno neanche la scelta di convocare l’Assemblea Costituente e tantomeno il suo percorso. Perché Conte – è la tesi di Grillo – vuole farsi “un partito tutto suo”. Parole pesanti, “esternazioni e tentativi” che “delegittimano l’assemblea degli iscritti” e “contrastano con gli specifici obblighi contrattuali che il Garante ha sottoscritto con il M5S per ciò che concerne malleveria e consulenza comunicativa”, mettono in chiaro fonti del Movimento.

Modi e toni che appaiono come un sabotaggio, secondo la lettura sempre del M5s, che temono anche conseguenti “danni di immagine”. E’ ora, l’ultimo invito che arriva da chi è vicino a Conte, che Grillo “dimostri di avere ancora a cuore il Movimento” lasciando che “la comunità si misuri in questo percorso democratico che ha sinora raccolta tanto entusiasmo”. Qualora il clima non dovesse rasserenarsi, avvertono infine dal Movimento, lo stesso “carteggio” potrebbe essere pubblicato dal Movimento” e così “tutta la Comunità potrà esserne informata”.

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