I conti restano in ordine senza aumentare le tasse, i sacrifici li faranno banche ed assicurazioni, mentre il governo concentra tutte le sue risorse sulle famiglie e sulla sanità. Dopo settimane passate a cercare un delicato equilibrio nella maggioranza, la premier Giorgia Meloni ringrazia i due vicepremier, il ministro dell’Economia e si dice “molto orgogliosa e soddisfatta” di una manovra “seria e di buon senso”.
Nel dettaglio la illustrerà tra lunedì e martedì, ma all’indomani del varo fissa i punti salienti: mai così tante risorse sulla sanità e focus su redditi bassi, famiglie numerose, mamme lavoratrici. Per il ministro Giorgetti il ddl bilancio farà contenti “pescatori e operai, un po’ meno le banche” che, assieme alle assicurazioni, dovranno fare quei “sacrifici” che qualche settimana fa avevano spaventato la Borsa di Milano e che adesso invece i mercati hanno “interiorizzato”.
Nello specifico si tratta di 2,5 miliardi che entreranno nelle casse dello Stato grazie allo slittamento delle deduzioni fiscali su Dta e stock option per due anni per le banche, e di un miliardo che arriverà dalle assicurazioni tramite l’imposta di bollo su alcune polizze che, di solito pagata a scadenza, sarà invece modulata anno per anno. La manovra, spiega il ministro, prima di tutto conferma e rende strutturali il taglio del cuneo fiscale e contributivo, i cui benefici restano invariati per i redditi fino a 35 mila euro. Ma si cercherà di dare “qualche beneficio” anche nella fascia 35-40 mila euro, e “anche altre classi di reddito ne beneficeranno”.
Di certo, i redditi medio bassi “avranno una situazione migliore alla precedente, e nessun altro avrà nuove tasse”. Strutturale diventa anche la riforma dell’Irpef, con le tre aliquote al 23%, 35% e 43%. Sulle pensioni il ministro assicura la rivalutazione piena all’inflazione delle minime e “un innovativo meccanismo” che incentiva chi vuole restare al lavoro, rafforzando il cosiddetto bonus Maroni. Tra le conferme c’è anche il taglio del canone Rai, la maxideduzione per chi assume, più alta per giovani e donne al Sud, e i fondi per il rinnovo dei contratti della Pa. Un’attenzione particolare alla famiglia c’è anche nel riordino delle detrazioni fiscali: Giorgetti lo chiama “quoziente familiare”, ed è “un nuovo sistema di calcolo” delle spese da portare in detrazione “che favorisce le famiglie numerose”.
Restando in tema detrazioni, il viceministro Maurizio Leo conferma che anche nel 2025 si potrà usufruire del bonus casa, ovvero lo sconto del 50% sulla spesa per ristrutturazione (ma vale solo per la prima casa), e resta invariato il bonus mobili. Nessuna novità sul catasto rispetto agli obblighi già esistenti: chi ha usufruito del Superbonus deve fare l’aggiornamento delle mappe catastali. Ma è sulla sanità che il governo fa l’investimento maggiore, ma anche il tema sul quale si accendono le polemiche. “Non ci sono mai state così tante risorse”, sottolinea la premier, spiegando che il fondo sanitario arriverà a 136,5 miliardi nel 2025 e a 140 miliardi nel 2026. Il Mef dà le cifre del prossimo anno: nel 2025, rispetto all’anno precedente, ci saranno 2.366 milioni di euro in più. Numeri che rassicurano il ministro Orazio Schillaci ma non i sindacati dei medici, pronti allo scontro. Nonostante i tagli ai ministeri che valgono 2,3-2,4 miliardi di euro, i ministri non sono troppo delusi. Il titolare dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, è soddisfatto di avere già le risorse per il nuovo contratto scuola. E il vicepremier Antonio Tajani plaude all’accordo con le banche, “non frutto di una imposizione dall’alto e non una tassa sugli extraprofitti”.
Le critiche delle opposizioni si accentrano proprio su banche e sanità. Il ‘sacrificio’ delle banche viene definito un gioco delle tre carte dalla leader Pd, Elly Schlein, un imbroglio dal presidente M5s, Giuseppe Conte, una cavolata dal leader di Azione, Carlo Calenda: i soldi – affermano – sono un’prestito’ per due anni che poi va restituito. E poi si lamentano le scarse risorse per la sanità. Tra le novità della manovra spunta anche il taglio agli stipendi dei manager di enti pubblici e privati che ricevono contributi dallo Stato. Saranno chiamati a rispettare “alcune regole fondamentali di buona finanza”, spiega Giorgetti, ovvero i loro compensi non potranno essere più alti di quello del presidente del consiglio e dei ministri, circa 80 mila euro netti.