“Prescrizione infermieristica”. Sono bastate queste due parole per far esplodere le polemiche tra medici e infermieri. La scintilla è stata l’annuncio da parte del ministro della Salute dell’istituzione di tre nuovi percorsi di specializzazione per gli infermieri. In questo ambito si concretizzerà la possibilità per l’infermiere di prescrivere alcuni trattamenti assistenziali.
La Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi) esulta: è “una svolta epocale, attesa da anni” che “finalizza un modello di assistenza infermieristica disegnato sulle reali necessità dei cittadini”, afferma in una nota. La notizia, però, non è piaciuta ai medici. “Siamo sconcertati e rammaricati per non essere stati interpellati, così come prevederebbe la legge, a tutela della salute pubblica, su questa delicata materia, che presuppone un passaggio di competenze specialistiche”, ha commentato a caldo il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli (nella foto in evidenza).
A seguire hanno rincarato la dose i sindacati medici Anaao Assomed, Cimo-Fesmed, Fimmg e Sumai: l'”ennesimo blitz perpetuato in spregio a un preliminare confronto con i medici cui, di fatto, sono attribuite inequivocabili prerogative nella diagnosi e terapia”, hanno affermato in una nota congiunta. Il Sindacato Medici Italiani (Smi) ha parlato della misura come di un modo per “traslare competenze mediche verso professioni a più basso costo, che hanno avuto una formazione che è costata di meno”.
Prova a gettare acqua sul fuoco la Fnopi: “La possibilità di prescrizione che viene riconosciuta agli infermieri riguarda presìdi e ausili e tutto quanto legato al processo di assistenza infermieristica”, chiarisce la presidente Fnopi Barbara Mangiacavalli. Dunque, non farmaci.
Nel concreto parliamo, per esempio, di che risposta dare in caso di incontinenza urinaria o di un’ulcera da decubito o di come gestire la sacca per una stomia (l’apertura sull’addome che può essere richiesta da interventi chirurgici). In questi ambiti, gli infermieri rivendicano la possibilità di fare “diagnosi infermieristica, vale a dire la definizione di un bisogno di assistenza infermieristica in capo al paziente”, spiega Mangiacavalli. Un’attività che, in parte, già oggi avviene.
“Negli ambulatori dedicati, sono gli infermieri che si prendono cura delle stomie, individuano il dispositivo più adatto al paziente e poi indicano cosa serve al paziente (e qualcun altro lo scrive)”, illustra con un esempio Mangiacavalli. Lo stesso avviene spesso sul territorio: “In questo caso il referente è il medico di famiglia”, aggiunge.
Si tratterebbe di riconoscere all’infermiere la competenza di comprendere il bisogno e decidere in autonomia in questo ambito, prescrivendo il presidio, come già avviene in molti Paesi europei. In ogni caso, “l’istituzione delle lauree magistrali non è qualcosa che si concretizzerà domani. Ci vorrà almeno un anno e mezzo per arrivare a qualcosa di concreto: tempo utile per trovare equilibri e sinergie”, conclude Mangiacavalli.