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Nave da Capri contro la banchina, sale ancora il bilancio: 44 feriti, uno in codice rosso

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Il bilancio di feriti e contusi nell’incidente che ha visto coinvolta la nave veloce Isola di Procida della Caremar, proveniente da Capri e finita contro la banchina del molo Beverello a Napoli, continua ad aggravarsi: nell’ultimo bollettino della Asl 1 di Napoli si evidenza che in 44 hanno fatto ricorso alle cure dei sanitari. Urtata probabilmente a causa del forte vento durante la manovra di attracco, la nave veloce trasportava più di 100 persone, molti appartenenti alle forze dell’ordine in servizio a Capri per il G7 dei ministri degli Esteri.  Solo una persona è stata ricoverata in codice rosso ma non. è in pericolo di vita. La Asl 1 ha allestito un PMA, posto medico avanzato pe rprestare i primi soccorsi direttemante sulla banchina dove è avvenuto l’incidente : il personale sanitario intervenuto valutava le condizioni dei feriti e li smistava negli ospedali cittadini. Nel comunicato della direzione il ringraziamento a tutti gli intervenuti per soccorrere e curare i passeggeri coinvolti

 

Napoli, nave da Capri contro la banchina: 18 feriti, donna grave

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In carcere 50 suicidi, in 19 erano in attesa di giudizio

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Cinquanta suicidi dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane. E’ il drammatico bilancio aggiornato al 5 luglio e diffuso dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale che confermano un trend già emerso nei mesi scorsi: rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e del 2022 sono 16 in più gli episodi. Si tratta di 48 uomini e 2 donne, 27 sono italiani e 23 stranieri, provenienti da 14 diversi Paesi. Delle persone che si sono tolte la vita 19 (il 38%) erano in attesa di giudizio. L’età media è di circa 39 anni e il 52% ha deciso di farla finita nei primi sei mesi di detenzione, tre persone addirittura dopo soli cinque giorni.

Numeri che arrivano nella settimana in cui è stato approvato il decreto ‘Carcere sicuro’ che nelle intenzioni del governo rappresenta la prima risposta alla situazione di emergenza all’interno degli istituti penitenziari. Il provvedimento promosso dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, viaggia sostanzialmente su due binari: semplificare le procedure per accelerare i tempi della burocrazia nel carcere e umanizzare gli istituti garantendo anche l’alternatività della pena in comunità.

“Noi stiamo cercando di dividere le categorie di questi detenuti: per i minori, per i tossicodipendenti, per chi vive situazioni di disagio psichico c’è la grande possibilità di inserirli in comunità – ha sottolineato nei giorni scorsi il ministro -. Una liberazione incondizionata e gratuita di queste persone, così come avveniva una volta con le amnistie, significa una resa dello Stato”. Misure adottate per cercare di fornire strumenti per rallentare questo tragico fenomeno. Storie drammatiche che fanno emergere anche le condizioni in cui i detenuti sono costretti a vivere dietro le sbarre. E’ il caso del ventenne tunisino che ha deciso di farla finita giovedì scorso nel carcere fiorentino di Sollicciano. Il giovane nel febbraio scorso aveva presentato un reclamo al tribunale di sorveglianza per chiedere “il ripristino delle condizioni di salubrità”, dovendo vivere in cella senza acqua ma con cimici, muffa e topi. Il detenuto sollecitava i giudici a “ordinare alla amministrazione penitenziaria di porre fine alla lesione e alla limitazione dei suoi diritti”, legata alle condizioni degradanti della struttura fiorentina.

E’ stato invece sventato il tentativo di suicidio di un detenuto di origini nordafricane nel carcere di Brissogne, in provincia di Aosta: l’uomo è riuscito ad arrampicarsi su di un muro di cinta interno dell’istituto penitenziario e ha minacciato di gettarsi nel vuoto. Ci sono volute diverse ore, oltre all’intervento dei vigili del fuoco e degli agenti della polizia penitenziaria, per tirarlo giù e portarlo in infermeria. Sull’emergenza sovraffollamento torna anche l’Anm e non risparmia critiche al provvedimento varato dal governo.

“Se oggi il l’emergenza è il sovraffollamento nelle carceri non trovo nessun tipo di risposta nel decreto – afferma il presidente dell’Associazione magistrati, Giuseppe Santalucia -. Ce ne potevano essere tante, non c’è nessun tipo di strumento che consenta uno sfoltimento del numero dei detenuti”. Per il sindacato delle toghe in questo modo “il carcere diventa criminogeno: deve privare soltanto della libertà non degli altri diritti. Deve essere il luogo della rieducazione e risocializzazione, non il luogo della sofferenza”.

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Donna uccisa nel Trevigiano, le pugnalate sono cinque

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Non sono soltanto due ma cinque i colpi di arma da taglio, di cui uno letale, alla carotide, che hanno provocato la morte, nel tardo pomeriggio dello scorso 2 luglio, di Vincenza Saracino, la 50enne di Preganziol il cui corpo privo di vita era stato ritrovato circa 24 ore dopo in un vecchio stabile industriale dismesso a poche centinaia di metri da casa sua. È una delle risultanze emerse dall’autopsia condotta oggi sul cadavere dall’anatomopatologo Claudio Terranova e consegnata alla Procura della Repubblica di Treviso che sta procedendo ancora contro ignoti.

Tra le altre lesioni, il perito ha evidenziato anche una frattura ad uno zigomo, circostanza che fa ritenere l’omicidio essere giunto al termine di una lite con percosse a mani nude. Un’aggressione dalla quale la donna, che non risulta essere stata abusata sessualmente, avrebbe cercato inutilmente di difendersi, dati alcuni graffi ed ecchimosi rilevati sulle braccia. Visto l’impeto con cui l’omicida si è accanito sulla donna le ipotesi ora si orientano su un episodio d’impulso, dunque non correlato ad una premeditazione.

È plausibile che Saracino avesse concordato un appuntamento con la persona che poi l’ha aggredita e dunque ulteriori indicazioni sono attese dall’esame del traffico telefonico e di messaggistica registrato nello smartphone della donna sequestrato assieme ad altre possibili fonti di prova. Paiono anche non avere fondamento letture della vicenda che la classificano come un tentativo di rapina. Dunque le linee di investigazione, affidate ai carabinieri, sembrano concentrarsi su chi potrebbe aver avuto interessi di tipo sentimentale nei confronti della donna o, se di natura patrimoniale, riferibili a rapporti più complessi, come controversie connesse ad esempio a debiti.

Un altro ambito in cui potrebbe aver radici l’accaduto riguarda gruppi di persone frequentatrici, più o meno abituali, ed in modo molto riservato, di eventi promozionali collegati alla particolare natura della merce trattata nei negozio da Saracino e marito. La donna gestiva infatti uno dei punti vendita di oggettistica erotica appartenenti ad una piccola catena in franchising avviata dal consorte, Fabio Stefanato, figura sulla quale per ora non gravano particolari sospetti. L’anomalia nei suoi comportamenti è limitata alla decisione di cercare personalmente la moglie tra gli esercizi pubblici della zona quando il suo allontanamento dal negozio era avvenuto da non più di un’ora.

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Bozzoli: compagna chiusa in casa, i dubbi di chi indaga

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Tutta la verità non la dirà mai. E anzi “le bugie” e “i non ricordo” saranno sempre la strada più facile da percorrere. Ne sono certi gli inquirenti che per ore hanno ascoltato Antonella Colossi, la compagna 42enne del latitante Giacomo Bozzoli, in fuga dal carcere a vita da solo dopo che la donna e il figlio sono tornati a Brescia. “Era una vacanza, non una fuga” ha fatto mettere a verbale. Però Giacomo Bozzoli per la “vacanza” aveva lasciato a casa il suo cellulare, l’ultimo numero che usava a livello personale e che i carabinieri hanno sequestrato nella villa di Soiano del Garda (Brescia). La compagna del 39enne non è indagata e non è indagabile per favoreggiamento in virtù dell’articolo 384 del codice penale per il quale “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore”.

E la donna starebbe sfruttando al massimo la sua posizione di non indagabile e quindi non ha tradito il compagno in fuga dopo aver subito in via definitiva la condanna all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, gettato nel forno della fonderia di Marcheno nel Bresciano l’8 ottobre 2015. “Ha confermato quello che non poteva non confermare perché ci sono elementi che la smentirebbero” si lasciano sfuggire gli inquirenti bresciani che però stanno verificando ogni parola della donna.

La 42enne, che ha dichiarato di aver “perso il cellulare la prima notte a Cannes” e poi di “aver perso la memoria per lo choc dopo la sentenza”, ha ripercorso le presunte tappe della fuga dall’Italia. Che sarebbe partita il 23 dal Lago di Garda, a bordo della Maserati Levante finita sotto sotto i lettori delle targhe all’alba in provincia di Brescia, per proseguire a Cannes una notte, all’acquario di Valencia dove la famiglia avrebbe passato un’altra notte e poi a Marbella, nel sud della Spagna. Qui Giacomo Bozzoli, Antonella Colossi e il loro bambino sarebbero rimasti insieme fino alla lettura della sentenza. La donna ha spiegato che i tre hanno appreso della conferma dell’ergastolo guardando Internet attraverso un computer dell’albergo. Poi le strade dei Bozzoli si sono divise, non senza prima aver messo il bambino davanti alla realtà.

“È stato uno shock dover dire che il padre si sarebbe allontanato” ha riferito la donna ai carabinieri di Brescia che l’hanno interrogata per quattro ore. “Non so dove sia Giacomo e neppure che fine abbia fatto l’auto. Ho provato a dirgli di rimanere con noi” le parole della compagna del latitante bresciano. Dopo l’interrogatorio al Comando provinciale di Brescia la donna e il bambino si sono chiusi nella casa dei genitori di lei a Chiari, nell’ovest bresciano. Lontani da tutti e da tutto. La famiglia ha pure chiamato le forze dell’ordine per far allontanare i giornalisti. “Non rilasciano dichiarazioni” fa sapere l’avvocato Paolo Botticini, penalista bresciano che sta seguendo la vicenda. Come legale, ma non come difensore dato che la 42enne non è indagata e quindi lui non era presente all’interrogatorio della compagna di Giacomo Bozzoli sentita come persona informata sui fatti. Informata su una fuga che il compagno sta proseguendo all’estero.

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