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Cronache

Napoli, lavoro a rischio per 300 professionisti sanitari

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In Campania sono circa 300 i posti di lavoro a rischio per professionisti sanitari che operano nelle attività della riabilitazione e questo potrà avere una pesante ricaduta sulla qualità dell’assistenza a persone particolarmente fragili a cui bisogna continuare a garantire il pieno diritto alla salute. Sulla questione sono intervenuti con una nota congiunta Paolo Esposito, Presidente dell’Ordine dei Fisioterapisti di NA-AV-BN-CE e Teresa Rea, Presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Napoli.

“Siamo seriamente preoccupati – scrivono la Rea ed Esposito – per il futuro di trecento professionisti sanitari impegnati nelle attività di riabilitazione e per le inevitabili ripercussioni che un’eventuale perdita di posti di lavoro potrebbe ricadere sulla qualità dell’assistenza a persone particolarmente fragili.

Seguiremo con attenzione l’evolversi dello stato di crisi, auspicando al più presto una risoluzione che scongiuri la perdita di tanti posti di lavoro in un settore, quello sociosanitario, già pesantemente in sofferenza per forme di precariato mai superate e per la scarsità di posti di lavoro. Perdere tanti professionisti impegnati nelle attività di riabilitazione significherebbe, oltretutto, far mancare la necessaria continuità assistenziale a pazienti particolarmente bisognosi di cure e di assistenza”.

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Stallo per la casa di ‘Ciro’ il dinosauro, un’interrogazione

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Istituito con la legge 388/2000 l’Ente geopaleontologico di Pietraroja (Benevento), dove venne ritrovato nel 1980 il primo fossile di dinosauro in Italia e meglio conservato al mondo, lo “Scipionix Samniticus”, ribattezzato col nome di “Ciro”, a distanza di più di vent’anni stenta a partire “per una lacuna amministrativa di cui è a conoscenza il Ministero dell’Ambiente”. Di qui l’interrogazione parlamentare al ministro Gilberto Pichetto Fratin da parte del deputato Stefano Graziano (Partito Democratico) in quanto “la mancata adozione dello statuto e dei regolamenti, nonché il conseguente ritardo nella nomina degli organi del consorzio – a giudizio dell’interrogante – sono riconducibili esclusivamente alle competenze del ministero dell’ambiente che, nonostante sia da anni a conoscenza della lacuna normativa che preclude l’adozione dello statuto, ha omesso di provvedere tempestivamente alle modifiche normative necessarie” a far partire l’ente geopaleontologico di Pietraroja.

“Un ente – continua Graziano – che riveste un ruolo fondamentale nella valorizzazione e nella tutela del patrimonio geologico e paleontologico italiano, rappresentando un’importante attrazione per il turismo scientifico e culturale di un territorio (Pietraroja, ndr) conosciuta a livello internazionale per la scoperta di fossili risalenti al periodo Cretaceo”. Nella interrogazione c’è quindi la richiesta al ministro Fratin di “nominare, con estrema urgenza, un commissario straordinario nella figura di un dirigente ministeriale che possa compiere gli atti di gestione ordinaria dell’ente e curare l’iter procedimentale per l’approvazione dello statuto necessaria per la designazione e nomina dell’assemblea consortile di gestione ordinaria dell’ente geopaleontologico di Pietraroja”.

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Auto contro albero nel Foggiano, muore una donna di 47 anni

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È di un morto ed un ferito il bilancio dell’incidente avvenuto la scorsa notte lungo la strada provinciale 13 che da San Severo porta a Castelnuovo della Daunia, nel Foggiano. La vittima è una donna di 47 anni di San Severo che viaggiava a bordo di una Fiat 500 guidata dal marito. Il mezzo, per cause in corso di accertamento, è uscito di strada finendo contro un albero e prendendo fuoco. L’uomo è riuscito a salvarsi, mentre la donna è rimasta incastrata tra le lamiere. L’uomo ha tentato di prestarle soccorso ed ha riportato ustioni. Sul posto sanitari del 118, vigili del fuoco e forze dell’ordine.

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Mostro di Firenze, riesumati i resti di Francesco Vinci

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Lo dirà tra 90 giorni l’esame del Dna se i resti riesumati in un cimitero di Montelupo Fiorentino sono veramente di Francesco Vinci, una figura chiave nella cosiddetta “pista sarda” sui delitti sul mostro di Firenze. L’operazione è stata ordinata dalla procura di Firenze. Ma solo dopo che la vedova Vitalia Melis e i figli avevano chiesto, in via autonoma, la riesumazione del cadavere per sapere se il corpo dell’uomo trovato ucciso, incaprettato e carbonizzato nel bagagliaio di un’auto nell’agosto 1993, nella campagna di Chianni (Pisa) fosse veramente quello del loro congiunto. Poco dopo l’alba, nel cimitero, chiuso al pubblico, ufficialmente per lavori, oltre ai carabinieri sono arrivati le due pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, e Sergio Vinci, uno dei figli della vittima.

L’urna coi resti è stata poi portata all’istituto di Medicina legale di Firenze, dove già nei prossimi giorni saranno esaminati dagli esperti incaricati dalla procura – il medico legale Martina Focardi e il genetista Ugo Ricci – e i consulenti nominati da Vitalia Melis, il genetista forense Eugenio D’Orio e il medico legale Aldo Allegrini. Dovranno estrarre il Dna poi da confrontare con quello dei familiari. “Vitalia Melis ha il forte sospetto che il marito sia ancora vivo — spiega il criminologo e investigatore privato Davide Cannella, che assiste i familiari di Vinci — Racconta di aver visto Francesco che da un’auto la salutava con un cenno della mano. Questo avveniva qualche giorno dopo la scoperta della morte del marito. Andò dai carabinieri, ma la cosa non ebbe seguito”. E aggiunge: “Vitalia è sempre stata la detentrice dei segreti del marito e afferma di aver avuto, negli anni, segnali inequivocabili della sua esistenza in vita”.

“La procura – prosegue – si è mossa con rapidità ammirevole: vuol dire che c’è interesse a capire di chi siano veramente quei resti. Per i nostri consulenti sarà impresa ardua rilevare il dna. Ma è come per la schedina, bisogna sempre tentare”. Insieme al fratello Salvatore Vinci, Francesco fu al centro della “pista sarda” sugli omicidi delle coppiette, a partire dall’omicidio dei due amanti Barbara Locci e Antonio Lo Bianco nel 1968 nelle campagne di Lastra a Signa, uccisi con la pistola Beretta calibro 22. Stefano Mele, marito della donna accusò i due fratelli Vinci, amanti della moglie, ma alla fine fu condannato non solo per il duplice omicidio ma anche per aver calunniato i Vinci. L’arma non fu ritrovata. Ma fu utilizzata nel 1974 in occasione dell’omicidio di Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini a Borgo San Lorenzo. Nel 1982 Francesco Vinci fu arrestato sospettato di essere il mostro. Ma mentre era in carcere, nel 1983 il killer delle coppiette torno a uccidere, lasciando a terra due ragazzi tedeschi. E per lui cadde ogni accusa. Dieci anni più tardi venne attribuito a lui il cadavere, carbonizzato, ritrovato insieme a quello dell’amico Angelo Vargiu, suo servo pastore. I corpi erano nel bagagliaio dell’auto di Vinci, data alle fiamme nelle campagne di Chianni.

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