Le mappe sono dettagliate e, anche se risalgono a prima dell’invasione dell’Ucraina, tratteggiano lo scenario di una guerra totale contro i Paesi della Nato. Dalla costa occidentale della Francia a Barrow-in-Furness e Hull nel Regno Unito, da Bergen in Norvegia al land dell’Assia in Germania, Mosca aveva addestrato la sua marina a colpire trentadue siti nel cuore dell’Europa con missili a testata nucleare in vista di un possibile conflitto. Le nuove rivelazioni del Financial Times – mentre la controffensiva ucraina nell’oblast del Kursk continua ad avanzare – tornano a mettere in luce i piani del Cremlino per compiere “attacchi travolgenti”, spingendosi ben oltre la linea di confine. Attraverso una dottrina che, viene evidenziato, guarderebbe anche al Mar Nero, al Mar Caspio e al Pacifico. Per iniziare – secondo i documenti riservati destinati agli ufficiali della marina russa che il foglio della City è riuscito a ottenere da fonti occidentali -, Mosca aveva immaginato un attacco dimostrativo: l’esplosione di un’arma nucleare in un’area remota per spaventare l’Occidente.
Un primo passo che, si legge nei file, dimostrerebbe “la disponibilità e la prontezza all’uso di armi atomiche di precisione non strategiche” da parte del Cremlino, la cui priorità è quella di “indebolire il potenziale militare ed economico del nemico” rappresentato dalla Nato. I piani redatti tra il 2008 e il 2014 – in corrispondenza delle offensive lanciate da Mosca in Georgia e in Crimea – aggiungono nuovi dettagli a quanto svelato a febbraio dallo stesso quotidiano britannico sui ‘wargames’ russi. E si intrecciano alla simulazione di un attacco nucleare contro Londra, Berlino e Parigi andato in onda sul primo canale russo nell’aprile del 2022. “Tutte e tre le città verrebbero polverizzate entro 200 secondi dal lancio dei missili”, era il calcolo di precisione. Poi c’era chi, come Aleksey Zhuravlyov, presidente del partito nazionalista Rodina, si era spinto anche oltre: “Basterebbe un siluro Sarmat e le isole britanniche non esisterebbero più”, aveva detto in diretta tv.
Nel mirino delle congetture degli ufficiali russi in questo caso però non ci sarebbero state le capitali europee, bensì trentadue siti che, nel giudizio di William Alberque, ex funzionario della Nato ora allo Stimson Center, sulle mappe rappresenterebbero soltanto un piccolo campione di “centinaia, se non migliaia” di altri possibili bersagli, compresi obiettivi militari e infrastrutture critiche, che le flotte russe potrebbero colpire forti della “capacità ancora presente” di trasportare le armi nucleari su navi di superficie mettendo a segno “colpi improvvisi e preventivi da varie direzioni”. Un’ipotesi condivisa da diversi analisti che, dopo aver esaminato i documenti, hanno confermato la coerenza nella valutazione del rischio nucleare eseguita dall’Alleanza Atlantica. La capacità della Russia di colpire in tutta Europa implica, negli avvertimenti di ex funzionari, “che se il suo esercito dovesse scontrarsi con le forze della Nato in Paesi di prima linea come i Baltici e la Polonia, l’intero continente sarebbe a rischio”. Quei Paesi di confine, aveva avvertito Vladimir Putin a maggio tornando a brandire la minaccia nucleare, “devono ricordare che sono stati piccoli e densamente popolati”.