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Mosca nega la telefonata Trump-Putin: non ci fermiamo

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“Pura fiction”. Il Cremlino ha liquidato così le indiscrezioni pubblicate dal Washington Post su una telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump per discutere di una soluzione diplomatica in Ucraina. Ma il quotidiano americano ha confermato tutto, citando come fonti ben “cinque persone a conoscenza della questione”. Forse, ha ipotizzato Abbas Gallyamov, ex speechwriter di Putin e analista politico, a Mosca non è piaciuta la frase sulla presenza di truppe statunitensi in Europa, troppo simile ad una “minaccia”. I due protagonisti sono rimasti in silenzio mentre la posizione ufficiale di Mosca, espressa dal portavoce dello zar, è che la Russia non accetterà di mettere fine al conflitto “fino a che tutti gli obiettivi stabiliti saranno raggiunti”.

Facendo così capire quanto sia in salita il cammino delle possibili trattative, nonostante i tempi rapidi promessi dal tycoon. Mentre la vittoria elettorale di Trump ha fatto entrare in fibrillazione le diplomazie, le parti alzano la posta, e tutto ciò lascia intendere quale sarà il clima nelle prossime settimane o mesi, anche se – o soprattutto se – un compromesso dovesse realmente profilarsi. Anche da parte di Volodymyr Zelensky sono arrivate nelle ultime ore parole dure: Mosca “vuole solo prolungare la guerra e ogni attacco smentisce qualsiasi pretesa di diplomazia da parte della Russia”, ha detto il presidente ucraino commentando gli ultimi raid.

In questa atmosfera di incertezza si inseriscono bordate propagandistiche e avvertimenti neppure troppo velati. Donald Trump Jr., il figlio maggiore del presidente eletto, ha ricordato sui social l’intenzione espressa dal padre in campagna elettorale di tagliare i fondi per lo sforzo bellico ucraino, condividendo su Instagram un video di Zelensky postato dall’ex candidata vicepresidente repubblicana Sarah Palin con la scritta: “Mancano 38 giorni alla perdita della tua paghetta”. E il servizio d’intelligence esterno russo (Svr) ci ha messo del suo affermando in un rapporto che già ora il Dipartimento di Stato sta lavorando a una possibile sostituzione di Zelensky, “se fosse necessario”, giudicandolo “arrogante”.

Se il processo dovesse seguire un corso “legale”, aggiungono i servizi di Mosca, esso potrebbe passare per la tenuta di elezioni presidenziali e parlamentari il prossimo anno, anche con il conflitto ancora in corso, ma sotto la direzione americana. A completare lo scenario caotico è la smentita del ministero degli Esteri ucraino della notizia riportata dal Washington Post nel suo articolo secondo la quale Kiev sarebbe stata informata in anticipo della telefonata Trump-Putin e non vi si sarebbe opposta. L’iniziativa negoziale di Trump potrebbe saldarsi con quella che il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto più volte di volere avviare. I due hanno avuto una conversazione telefonica nel corso della quale si sono detti “pronti a lavorare insieme per il ritorno della pace in Europa”, ha annunciato Berlino. E in un’intervista al gruppo televisivo Ard, Scholz ha ribadito di volere “parlare con Putin al momento giusto”, cioè “prossimamente”.

Dal Cremlino, tuttavia, Peskov ha detto che ancora “nessun segnale” è arrivato dal governo tedesco. Di fronte all’accelerazione degli eventi, altri Paesi europei e i vertici dell’Ue cercano di reagire. Il capo della diplomazia dell’Unione, Josep Borrell, si è recato in visita a Kiev, dove, in un’intervista alla Afp, ha affermato che l’obiettivo di aiutare l’Ucraina a vincere la guerra resta “esattamente” lo stesso. Quanto alla volontà di Scholz di parlare con Putin, “ciò fa parte del gioco”, ha aggiunto. Il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer si sono invece incontrati a Parigi. I due leader, ha fatto sapere l’Eliseo, hanno “ribadito il loro impegno a coordinarsi strettamente, sottolineando la propria determinazione a sostenere l’Ucraina in modo indefettibile e per tutto il tempo necessario al fallimento della guerra d’aggressione condotta dalla Russia”.

Nel frattempo Mosca ha accusato l’Ucraina di cercare di coinvolgere la Moldavia nel conflitto, dopo che ieri il governo di Chisinau ha denunciato la caduta sul suo territorio di due droni russi. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha lasciato intendere che si trattava probabilmente di droni ucraini, precipitati durante un massiccio attacco delle forze di Kiev alla Russia, e ha invitato la Moldavia a “non cadere in tali provocazioni”.

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Cina, auto lanciata contro la folla: 35 morti e decine di feriti

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Trentacinque persone sono morte e 43 sono rimaste ferite a Zhuhai, nel sud della Cina, dopo che un’auto si è lanciata contro la folla in un impianto sportivo. Lo riferiscono i media cinesi. L’incidente è avvenuto ieri. Il presidente Xi Jinping ha ordinato oggi di curare i feriti e di punire con la massima severità il responsabile dell’incidente. Secondo le informazioni, alla guida dell’auto era un sessantaduenne, che si sarebbe scagliato contro la folla in un momento di furia omicida seguita a un divorzio. L’uomo sarebbe stato scontento dalla divisione dei beni e avrebbe tentato di suicidarsi con l’auto. E’ ricoverato in seguito alle ferite connesse all’incidente.

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Pakistan: bus festa di nozze cade in fiume, 26 morti e 10 dispersi

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Almeno 26 persone sono morte e altre 10 risultano disperse a causa di un incidente automobilistico avvenuto nel nord del Pakistan ieri sera, quando un autobus con 40 persone a bordo è precipitato in un fiume nella regione montuosa di Gilgit-Baltistan: lo hanno reso noto oggi i servizi di emergenza. Il gruppo era di ritorno da un matrimonio e ieri pomeriggio le autorità locali avevano riferito che nella sciagura erano morte 26 persone. “L’autobus trasportava 40 passeggeri. Solo la sposa è sopravvissuta. Finora sono stati estratti 14 corpi”, ha detto Wazir Asad Ali, uno dei responsabili delle operazioni di soccorso.

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Somalia: oggi elezioni nella regione separatista del Somaliland

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In un clima di grande tensione nel Corno d’Africa, si tengono oggi le elezioni presidenziali nell’autoproclamato Stato indipendente del Somaliland, da tempo al centro di una disputa tra il governo federale di Mogadiscio e l’Etiopia, che ha recentemente firmato un accordo con la regione separatista per avere accesso al suo spazio marittimo sull’oceano indiano. A sfidarsi nella tornata elettorale della regione, che non è mai stata riconosciuta dall’Onu, sono l’attuale leader Muse Bihi Abdi, al potere dal 2017, e Abdirahman Mohamed Abdilahi, capo dell’opposizione che ha comunque più seggi nel parlamento regionale, come riporta Garowe Online.

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