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Esteri

Mosca al contrattacco nel Kursk, ‘liberati 10 villaggi’

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Mentre continuano ad avanzare nel Donbass ucraino, le forze di Mosca sono passate al contrattacco anche nella regione russa di Kursk, nel tentativo di ricacciare oltre frontiera le truppe ucraine d’invasione. “Dieci insediamenti sono stati liberati finora”, ha affermato il comandante delle forze speciali cecene impegnate nella battaglia. Una situazione confermata dai più importanti blogger militari russi, mentre anche dall’Ucraina arrivano voci preoccupate che parlano di una situazione difficile.

Il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri britannico David Lammy si sono intanto recati a Kiev per discutere tra l’altro il possibile uso di missili americani Atacms e britannici Storm Shadow per colpire in profondità il territorio russo. “E’ importante togliere tutte le restrizioni sull’uso di armi americane e britanniche contro legittimi obiettivi militari in Russia”, ha affermato in una conferenza stampa congiunta il ministro degli Esteri ucraino, Andriy Sybiha. Blinken ha promesso che la questione sarà esaminata “con urgenza” a Washington, mentre Lammy ha affermato che Londra fornirà altre “centinaia” di missili a Kiev entro la fine dell’anno.

Ma secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, la decisione di concedere l’autorizzazione all’Ucraina è stata “probabilmente” già presa, anche se si attende a darne l’annuncio ufficiale. La risposta della Russia sarà “appropriata”, ha avvertito Peskov. Il portavoce del presidente Vladimir Putin ha anche respinto come “senza fondamento” le accuse degli Usa e di alcuni Paesi europei all’Iran di avere raggiunto un accordo per fornire missili balistici a Mosca, con la conseguente adozione di nuove sanzioni contro Teheran. Al momento, ha sottolineato il presidente Volodymyr Zelensky, l’Ucraina non ha prove che la Russia abbia già utilizzato questi vettori. Anticipando la missione di Blinken a Kiev, il presidente americano Joe Biden aveva detto che Washington sta “lavorando” per autorizzare l’Ucraina ad usare missili a lungo raggio statunitensi.

Ma Il Wall Street Journal scrive che gli Usa e i Paesi europei starebbero cercando di spingere Kiev a un “piano B” per mettere fine al conflitto, con obiettivi più realistici. Da questo scenario sembra distanziarsi, a sorpresa, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, secondo il quale anche “il ritorno della Crimea all’Ucraina è un requisito del diritto internazionale”, e quindi necessario per una “pace giusta”. Da parte sua, Zelensky è tornato a parlare del suo cosiddetto “piano di vittoria” che intende sottoporre a Washington nei prossimi mesi. La sua realizzazione “dipende essenzialmente dal sostegno degli Stati Uniti” e “degli altri partner”, ha detto. Sui contenuti non si sa nulla, ma Zelensky ha sottolineato che esso punta a “rafforzare decisamente” l’Ucraina e “costringere la Russia a mettere fine alla guerra”.

A questo fine punterebbe anche l’offensiva lanciata dal 6 agosto in territorio russo, con la parziale invasione della regione di Kursk. E proprio su questo territorio le forze russe sembrano essersi ora riorganizzate per tentare una controffensiva. A partire da martedì, secondo i più seguiti blogger di guerra di Mosca, è cominciata un’avanzata da nord e da ovest, condotta da truppe della 106/a Divisone aviotrasportata e dalla 155/a Brigata dei marine del Pacifico. Al momento i principali obiettivi sembrano essere i villaggi di Snagost, Apanasovka e Gordeevka.

“Le forze nemiche hanno subito gravi perdite e cominciano a realizzare che sarà difficile mantenere il controllo di questo territorio”, ha affermato il generale Apty Alaudinov, comandante delle forze speciali cecene Akhmat e vice capo del Dipartimento politico-militare delle forze armate russe. Ma anche il canale Telegram ucraino Deepstate riferisce dell’inizio della controffensiva russa, riconoscendo che è peggiorata la situazione delle forze di Kiev nel Kursk. Nella regione ucraina di Donetsk, intanto continuano i bombardamenti russi. Fonti di Kiev riferiscono dell’uccisione di tre civili e del ferimento di altri cinque in due raid sulla città di Kostiantynivka.

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Attacco a Hezbollah, esplodono migliaia di cercapersone

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Poco dopo le tre del pomeriggio, uno spettacolare attacco simultaneo ha fatto esplodere migliaia di cercapersone in dotazione ai miliziani di Hezbollah a Beirut, in diverse altre regioni del Libano e a Damasco. I video pubblicati sui social mostrano uomini che fanno tranquillamente la spesa al mercato quando all’improvviso saltano in aria ricoperti di sangue. I dispositivi di ultima generazione, in dotazione ai miliziani sciiti filoiraniani solo da poco tempo, sono scoppiati tutti insieme provocando caos, terrore, almeno 3 mila feriti, di cui 200 gravi, 7 morti accertati nella capitale siriana e 9 in Libano. Tra cui una bambina di 9 anni, figlia di un membro del partito di Dio che si trovava in casa nel villaggio di Saraain quando la deflagrazione l’ha colpita. Tra le vittime risulta anche il figlio di un deputato del gruppo di Hassan Nasrallah, oltre a leader e alti comandanti del gruppo islamista. Ferito anche l’ambasciatore iraniano in Libano Mojtaba Amani.

Una fonte di Hezbollah ha dichiarato che Nasrallah non è rimasto ferito, inducendo a pensare che anche lui avesse il cercapersone hackerato. Decine di ospedali libanesi sono andati in crisi per l’arrivo di centinaia di persone, il subbuglio e la mancanza di sangue per i feriti. Mentre l’operazione era appena stata messa a segno, non rivendicata da alcuno ma immediatamente attribuita a Israele dal mondo intero, l’aeronautica dello Stato ebraico ha lanciato raid micidiali contro strutture terroristiche nell’area di Ayita al-Sha’ab e al-Khyam, nel sud del Libano, e in profondità nel Paese, a 100 chilometri dal confine.

Secondo gli esperti, chiunque abbia pianificato e messo a punto l’attacco l’ha preparato a monte, introducendo mini cariche esplosive all’interno dei cercapersone sviluppando al contempo la capacità di far deflagrare simultaneamente i dispositivi con un unico comando. Il portavoce del governo libanese ha affermato che l’esecutivo ritiene Israele responsabile dell’attacco coordinato e lo considera una violazione della sovranità del Paese. Il consigliere di Nasrallah, Hossein Khalil, ha dichiarato che ora “il nemico dovrà aspettarsi tutto dal Libano dopo i crimini che ha commesso”. L’ufficio del premier israeliano ha invece preso le distanze da un portavoce che sui social ha adombrato la responsabilità di Gerusalemme. Pochi minuti dopo Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant si sono riuniti nella fossa della Kyria, il bunker del ministero a Tel Aviv, per un incontro d’emergenza tra il governo e i vertici della sicurezza.

I media israeliani hanno riferito di colloqui ‘drammatici’, a cui hanno preso parte i direttori delle agenzie di intelligence riportando inusuali movimenti militari delle unità sciite. Sul tavolo, nel bunker, la risposta di Hezbollah alle esplosioni sincronizzate e le azioni dell’Idf per contrastarle. Soprattutto tenendo conto che nella mattinata di martedì lo Shin Bet (la sicurezza interna) ha rivelato di aver neutralizzato il piano per uccidere un ex alto funzionario della sicurezza israeliana pianificato dai miliziani di Nasrallah che intendevano far esplodere un ordigno a distanza dal Libano. La bomba è stata trovata, l’allarme è salito. E non è detto che ‘il mistero delle esplosioni in contemporanea’, come lo hanno definito nel Paese dei Cedri, non sia una ritorsione immediata, tecnologicamente anni luce più avanzata dei metodi di Hezbollah.

L’Onu in serata ha dichiarato che “gli sviluppi in Libano sono estremamente preoccupanti, considerando il contesto molto instabile” e ha deplorato le vittime civili. Ora l’establishment della sicurezza israeliana stima che l’escalation non sia lontana e prevede che Hezbollah si stia preparando a lanciare un’operazione militare. Netanyahu e Gallant si sono dovuti sedere faccia a faccia, dopo la repentina giravolta politica di Bibi che lo voleva estromettere dal governo nel giro di poche ore passando la sua poltrona al falco di destra Gideon Sa’ar. Il rientro a casa degli sfollati del nord è diventato un obiettivo di guerra israeliano, e per il momento Gallant resta al suo posto.

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Criptovalute: Trump lancia piattaforma World liberty financial

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Donald Trump, insieme ai suoi figli ha lanciato una nuova piattaforma di criptovaluta, che dovrebbe competere con le istituzioni finanziarie tradizionali. World Liberty Financial intende offrire diversi servizi basati sulla cosiddetta finanza decentralizzata, un meccanismo che non utilizza piu’ un intermediario come una banca per effettuare transazioni con terzi. La finanza decentralizzata o DeFi si basa sulla tecnologia “blockchain”, che mantiene un registro delle transazioni teoricamente inviolabile, visibile a tutti. World Liberty Financial consentira’ di prestare e prendere in prestito criptovalute da altri utenti, un servizio che gia’ offrono molte piattaforme, una delle piu’ conosciute e’ Aave. “Questo e’ l’inizio di una rivoluzione finanziaria”, ha detto su X Donald Trump Jr., il figlio maggiore del candidato repubblicano alle presidenziali. Zachary Folkman e Chase Herro, capi del progetto, imprenditori gia’ affermati nel settore delle criptovalute, hanno indicato che la piattaforma utilizzera’ principalmente “stablecoin”, che sono garantiti da una valuta tradizionale, molto spesso il dollaro. Di conseguenza, il loro valore e’ stabile e sono esenti dalle fluttuazioni a volte brutali sperimentate dalla maggior parte delle altre valute digitali.

World Liberty Financial cerca di attirare quante piu’ persone possibile verso le criptovalute, “non per correre molti rischi sul prossimo bitcoin, ma per utilizzare le stablecoin e generare interessi o ottenere liquidita’”, ha spiegato Zachary Folkman. Nel secondo caso, l’utente deposita criptovalute come garanzia per ottenere un prestito di importo maggiore. Il progetto prevede anche la vendita, in un secondo momento, di token, che daranno diritto a partecipare alla governance della piattaforma e non potranno essere rivenduti. “Il 63% circa sara’ messo in vendita al pubblico, ha spiegato Corey Caplan, consulente del progetto, anche se non e’ stato comunicato alcun programma di rilascio. Inizialmente molto critico nei confronti delle criptovalute, da lui definite addirittura una “truffa”, Donald Trump ora ha cambiato radicalmente la sua posizione, al punto da presentarsi ora come un paladino delle valute digitali. Durante un’importante conferenza di settore alla fine di luglio a Nashville (Tennessee), ha promesso che, se rieletto, sarebbe stato “il presidente pro-innovazione e pro-bitcoin di cui l’America ha bisogno”. Donald Trump si schiera quindi in posizione opposta rispetto al governo Biden, favorevole ad una regolamentazione severa del settore.

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Meta bandisce Rt e altri media russi dalle sue piattaforme

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Meta ha dichiarato di aver bandito Rt, Rossiya Segodnya e altre reti di media statali russe dalle sue piattaforme. “Dopo un’attenta riflessione, abbiamo ampliato la nostra applicazione in corso contro media statali russi: Rossiya Segodnya, Rt e altre entità correlate sono ora bandite dalle nostre app a livello globale per attività d’interferenza straniera”, ha affermato oggi in un comunicato la società proprietaria di Facebook e Instagram.

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