Sono state le Guardie d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon a dare l’annuncio della morte del Principe Amedeo, duca di Savoia e duca d’Aosta, morto per arresto cardiaco la notte scorsa all’ospedale San Donato di Arezzo, all’ eta’ di 77 anni, il corpo segnato da sedici tatuaggi, tra i quali un drago e un fiocco di neve. Imparentato con i reali europei di piu’ antico e prestigioso lignaggio – Juan Carlos di Borbone e Carlo del Galles sono suoi cugini, lui stesso a dieci anni era presente all’incoronazione della Regina Elisabetta II – il suo cuore ha ceduto proprio quando si pensava che il peggio fosse alle spalle e le dimissioni imminenti. Nato nel settembre del 1943 a Firenze, poco dopo l’armistizio di Cassibile che pose fine alle ostilita’ contro inglesi e americani, non aveva nemmeno un anno quando insieme alla madre Irene di Grecia e alle cugine Margherita e Maria Cristina nel luglio del 1944 viene internato dai nazisti nel campo austriaco di Hirschegg, vicino Ganz, su ordine di Heinrich Himmler. La liberazione arriva con i francesi nel maggio del 1945, sua madre Irene temeva l’arrivo dell’armata russa per via della parentela con lo zar Nicola. Fu solo allora che conobbe suo padre Aimone di Savoia che era in guerra e che mori’ quando Amedeo aveva solo quattro anni. “Aveva combattuto con straordinaria tenacia contro il cancro e per questo nessuno di noi pensava che sarebbe morto”, ha detto di Amedeo d’Aosta la principessa palermitana Signoretta Alliata – intervistata da La Sicilia – tra le piu’ care amiche di Silvia Paterno’, discendente di una delle famiglie siciliane piu’ aristocratiche e sposata dal principe in seconde nozze nel 1987 dopo la fine del matrimonio con Claudia D’Orleans. Dalla prima unione, Amedeo ha avuto tre figli, Aimone, Bianca e Mafalda. Poi c’e’ Ginevra, nata da una relazione con la regista olandese Kyara van Ellinkhuizen, e da lui riconosciuta come figlia. Da sempre pessimi, seguendo la tradizione, i rapporti con il cugino Vittorio Emanuele – che per una lite banale, sparo’ a un giovane tedesco nell’isola di Cavallo provocandone la morte dopo un lungo calvario – con il quale arrivo’ ai ferri cortissimi nella disputa su chi dei due fosse l’erede senza trono di casa Savoia. Nel 2006, la Consulta dei Senatori del Regno, un’associazione senza alcun potere giuridico, attribuisce ad Amedeo, che ha sempre sposato nobildonne, il titolo dinastico. Prevale sul detestato cugino perche’ Vittorio Emanuele si e’ sposato con Marina Doria – nemmeno una punta di sangue blu – senza il consenso del padre Umberto, e nel mondo dei nobili si puo’ anche sposare una ‘common’ ma non senza chiedere il permesso. La saga continua e nella puntata successiva, Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto di Savoia registrano lo stemma di ‘principe ereditario d’Italia’ come logo imprenditoriale assieme a simboli di Casa Savoia per impedirne l’uso ad Amedeo e al figlio Aimone, ai quali viene ingiunto di utilizzare il cognome per esteso, ovvero ‘Savoia- Aosta’. Nel 2008, Amedeo perde la causa e nel 2010, viene condannato insieme al figlio, dal tribunale di Arezzo, per l’uso del cognome ‘di Savoia’ al pagamento del risarcimento danni per 200mila euro. Ma nel 2018, la fortuna torna da Amedeo che vince l’appello. I rapporti tra i due cugini sono cosi’ tesi che gia’ nel maggio del 2004 al ricevimento dato a Madrid dalla allora regina Sofia per le nozze del figlio Felipe di Spagna con la giornalista Leticia Ortiz, oggi regina, Amedeo finisce a terra travolto da un pugno sferratogli da Vittorio Emanuele che aveva preso come una ‘provocazione’ la pacca sulle spalle ricevuta dall’odiato cugino. Tutto davanti a una cinquantina di teste variamente coronate ed esterrefatte, la stessa Sofia aiuta Amedeo a tirarsi su, mentre Marina Doria porta fuori il marito, e poi rientra a scusarsi al posto suo. Cose da ‘common’. Terra amata ed eletta e’ stata per Amedeo la Toscana, in particolare l’aretino, anche dopo la vendita della tenuta del Borro ai Ferragamo, e’ rimasto qui in una casa che lui definiva “colonica”, e si era dedicato ai vitigni e produceva un buon vino. Laureato in Scienze Politiche all’Universita’ di Firenze, ha studiato al Collegio Navale Morosini di Venezia; e dopo l’Accademia Navale di Livorno e’ stato ufficiale della Marina Militare. Amava il mare, anche quello scuro di Pantelleria, buon retiro scoperto con Silvia, e attorno al loro dammuso cresceva una collezione di succulente, le piante grasse e orgogliose come le agavi che crescono incuranti del sole e del vento. Aveva un sogno, Amedeo, trovare le prove del tentativo dei Savoia – forse di suo padre Aimone tramite contatti con gli inglesi nel 1942 – di capovolgere le alleanze e affrancare l’Italia dalla morsa di Hitler. Ma il sogno non si e’ realizzato, il giudizio della storia continua a legare i Savoia alle leggi razziali e alla dittatura fascista.