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Minacce e scambi d’accuse, è rottura tra Conte e Schlein

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Il campo largo si sta sgretolando a Bari dopo il “no” alle primarie del M5s a tre giorni dall’apertura dei gazebo. L’inchiesta sul presunto voto di scambio, la terza in pochi mesi, ha convinto Giuseppe Conte e il candidato Michele Laforgia che non ci fossero più le condizioni per votare domenica prossima. Un passo indietro che ha acceso lo scontro Pd-MoVimento proprio quando sembrava che Bari potesse essere il laboratorio per un altro esperimento politico: i pentastellati non avevano mai accettato di confrontarsi alle primarie, quella pugliese sarebbe stata la prima volta.

Il campo progressista, l’alleanza extralarge che va da Sinistra italiana e Verdi sino a Italia Viva e Azione, adesso rischia di frantumarsi. Lo fanno presagire le parole di Conte che, stamattina a Bari, ha rincarato la dose: “Mi dispiace di questa reazione del Pd ma noi non accettiamo mancanza di rispetto e nessuno può permettersi di dire che il M5s è sleale o alludere a questo. Invito il Pd a non reagire in modo scomposto. Se non ritirano le accuse di slealtà diventerà sempre più difficile lavorare con il Pd”. Già da ieri si sono messi in moto i “pontieri”, la loro missione è convincere i pentastellati ad azzerare le candidature di Laforgia e Vito Leccese, ex capo Gabinetto di Antonio Decaro, e individuare insieme una figura terza, del mondo civico, che possa tenere unita la coalizione. Un percorso che però appare da subito quasi impossibile.

“Mercoledì scorso – ha insistito Conte oggi – ho avvertito con una lunga telefonata la segretaria Schlein che la situazione su Bari si stava compromettendo e che se ci fossero state nuove inchieste noi non saremmo stati disponibili a far finta di nulla, proseguendo con le primarie. E’ successa purtroppo una nuova inchiesta, che per altro ha come oggetto proprio l’inquinamento del voto e il voto di scambio, la cosa diventa sempre più seria. Fare finta di nulla non è possibile”. Il presidente del M5s ha ricordato che “noi a Bari eravamo all’opposizione, abbiamo accettato di fare un percorso comune ma su determinati presupposti. Se c’è qualcuno che fa finta di nulla o vuole sminuire non ci stiamo. La situazione è oggettivamente grave”. In serata, dal palco installato nella centrale piazza Umberto, a Bari, per il comizio di Leccese, Schlein ha risposto a muso duro: “Io sono qui con voi perché a differenza di altri, io mantengo la parola data. E mi dispiace per la decisione presa ieri da Giuseppe Conte, unilateralmente, ha deciso senza cercare una soluzione perché così aiuta la destra”.

La segretaria del Pd non ha ceduto di un millimetro: “Agli attacchi a me non rispondo, ma non sono disposta a tollerare attacchi che arrivano alla nostra comunità”. E rivolgendosi al candidato Pd, lancia una piccola apertura: “Avrai il nostro supporto anche se vorrai continuare a cercare con Laforgia quella unità che ieri altri hanno rotto. Anche ieri – svela – noi avevamo avanzato la proposta di fare entrambi un passo indietro, per fare insieme un passo avanti. Ma la risposta è stata negativa, evidentemente quella risposta era già stata architettata. Sono felice di essere qui con Vito Leccese perché sono qui da segretaria del Pd a confermare tutta la nostra fiducia e il nostro supporto a una persona perbene, specchiata, che si è sempre messa al servizio della comunità”.

Schlein rincara: “Chi ha iniziato a fare politica con palazzo Chigi capisco che non abbia dimestichezza con la militanza e con i gazebo. Pretendo però che si abbia rispetto. È una sberla per tutta la gente perbene che si stava preparando ad andare a votare. È un’illazione dire che entrambi i candidati si potessero avvalere di mezzi poco trasparenti”.

“Così – ha concluso – aiutano la destra. Abbiamo bisogno di una politica che guardi alle prossime generazioni e non i sondaggi. Sulla legalità non accettiamo lezioni di moralità da nessuno”. “Per il Movimento 5 Stelle la legalità non è un valore negoziabile, non è merce di scambio”, replica a stretto giro Conte commentando su Fb le parole di Schlein. E questa sembra voler essere la parola finale nel duello tra i due. Almeno a Bari.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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