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Cronache

Militari in ospedale Vibo contro aggressioni a medici

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Uno stillicidio continuo. Non passa giorno che, da nord a sud, non vengano denunciati casi di aggressioni a medici ed infermieri in servizio negli ospedali. Solo oggi una quarantina di persone hanno fatto irruzione nel reparto di oncologia dell’ospedale di Pescara minacciando i medici e un dottoressa è stata aggredita nel Pronto soccorso del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria. Ma a parte gli ultimi casi, gli episodi di violenza in corsia sono all’ordine del giorno. Quotidianamente si fa la conta di quanti sanitari riportano ferite o contusioni. A Foggia, al Policlinico Riuniti, dopo tre casi registrati in cinque giorni, il direttore generale della struttura Giuseppe Pasqualone ha avvertito che “se continuiamo così finiremo per chiudere il pronto soccorso perché rimarremo senza medici, infermieri ed operatori sanitari”. Un fenomeno contro il quale, in Calabria, è intervenuto il prefetto di Vibo Valentia Paolo Giovanni Grieco che ha mandato l’Esercito a vigilare sull’ospedale cittadino.

Il prefetto ha deciso di rimodulare l’impiego dei militari impegnati nel vibonese nell’operazione Strade sicure disponendo una vigilanza dinamica che avverrà in coordinamento con le altre forze dell’ordine. Non ci sarà quindi una militarizzazione della struttura ma pattuglie dell’Esercito transiteranno più volte davanti e nelle vicinanze del nosocomio quale deterrente per chiunque fosse intenzionato a dare vita ad episodi di violenza. Anche perché all’interno del nosocomio è presente il posto fisso di polizia e la stessa Azienda sanitaria provinciale ha disposto autonomamente una vigilanza al pronto soccorso. A Vibo, nei mesi scorsi, si sono verificati diversi casi di medici od infermieri aggrediti da pazienti o da loro familiari. Il prefetto ha quindi deciso di dare una stretta e di disporre un diverso controllo del territorio da parte dell’Esercito che sarà chiamato a far vedere le proprie insegne, non solo nella zona dell’ospedale ma anche nella zona marina della città dove insistono le due stazioni ferroviarie.

La Federazione nazionale degli Ordini dei medici anche oggi è tornata a chiedere al Governo “una risposta forte ed esemplare per garantire sicurezza e serenità ai medici e a tutti i professionisti sanitari” in assenza della quale, i camici bianchi “sono pronti a scendere in piazza e a manifestare”. Una presa di posizione che giunge nonostante la soluzione indicata solo pochi giorni fa dal ministro della Salute Orazio Schillaci, in accordo con il titolare del dicastero della Giustizia Carlo Nordio, di ricorrere alla misura dell’arresto in flagranza differita per fermare la crescente violenza e le aggressioni. E intanto oggi il giudice monocratico del tribunale di Foggia ha convalidato nel giudizio con rito direttissimo gli arresti di un 18enne (in carcere) e un 33enne (ai domiciliari) che nei giorni scorsi hanno aggredito in due episodi distinti – a distanza di poche ore l’uno dall’altro – operatori sanitari del policlinico Riuniti di Foggia. Contestualmente è stata confermata la custodia cautelare.

Per la Fnomceo – secondo i cui dati le segnalazioni di episodi di violenza sono state oltre 16mila nel 2023 – “è necessario un decreto-legge che contenga provvedimenti di tipo normativo, come l’arresto in flagranza differita e la piena applicazione della procedibilità d’ufficio, ma anche organizzativo, come sistemi di videosorveglianza, controlli agli ingressi con metaldetector, presenza di vigilanti ma anche postazioni fisse delle forze dell’ordine”. Dal canto suo, il commissario straordinario del Gom di Reggio Calabria Gianluigi Scaffidi, dopo l’aggressione odierna, ha sostenuto di non voler commentare oltre “perché già si sta parlando troppo sulla soluzione del problema, anche con sciocche invenzioni, mentre il Legislatore, che dovrebbe agire per dovere istituzionale, tace”.

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Deteneva 12 kg droga, armi e munizioni, arrestato 32enne di Acerra a Lecce

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Più di dodici chili di droga, hashish, marijuana e cocaina, tre pistole pronte all’uso, centinaia di proiettili, una lanciarazzi e circa 5mila euro in contanti ritenuti il provento dello spaccio. È questo il bilancio del sequestro effettuato nel corso di una operazione messa a segno dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, che hanno arrestato un pregiudicato 32enne della zona. L’uomo, Antonio Baldassarre 32enne di Acerra (Napoli) ma residente a Lecce, aveva nascosto l’ingente quantitativo di droga e le armi all’interno di due garage nella sua disponibilità. Il nervosismo mostrato durante il controllo ha insospettito i militari. Dopo aver consegnato ai carabinieri un sacchetto contenente 2 kg e mezzo di hashish occultato sotto il sellino della moto, i militari hanno fatto scattare la perquisizione nei due garage di pertinenza dove poi è stato scoperto l’ingente quantitativo di sostanze stupefacenti.

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Uccide la moglie e si presenta ai carabinieri

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Femminicidio a Sestri Levante questa mattina. Un uomo di 74 anni, Giampaolo Bregante, ha sparato alla moglie, Cristina Marini. Dopo l’omicidio si è presentato dai carabinieri e ha confessato. Secondo le prime informazioni l’uomo ha detto di avere ucciso la moglie per “porre fine alla sua depressione e visto che la moglie si rifiutava di prendere le medicine per le cure”. Sul posto sono arrivati i medici del 118 e i carabinieri del nucleo investigativo. I militari sono coordinati dal pm Stefano Puppo.

Comandante di lungo corso, Giampaolo Brigante è conosciuto come una persona tranquilla, amante del mare. Ieri era con alcuni suoi amici a giocare a pinnacolo, come tutti i giorni. “Amava raccontare le sue avventure per mare sui traghetti – raccontano gli amici – Era preoccupato solo per la depressione della moglie ma non faceva trapelare nulla”. Il primo ad accorrere sul luogo dell’omicidio è stato il figlio Righel avvisato dal padre dopo che aveva sparato alla moglie, assieme ai carabinieri che avevano ricevuto la telefonata da parte dell’omicida. Il corpo di Cristina Marini si trovava riverso in cucina. Giampaolo Bregante è stato quindi condotto nella caserma di via Val di Canepa a disposizione del magistrato di turno.

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San Gennaro fa il miracolo e il Cardinale chiede giustizia sociale per Napoli

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Questa mattina, alle 10 in punto, il miracolo di San Gennaro si è ripetuto nel Duomo di Napoli, portando con sé un profondo significato religioso e sociale. Come da tradizione, l’annuncio della liquefazione del sangue del santo Patrono è stato dato dall’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, ai fedeli che gremivano la cattedrale. Il sangue, contenuto nella famosa ampolla, era già sciolto al momento in cui è stato portato sull’altare maggiore, trasportato dai seminaristi. La celebrazione eucaristica, come sempre, ha attirato numerosi fedeli e personalità illustri, tra cui il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il governatore Vincenzo De Luca, il principe Carlo di Borbone, il principe Emanuele Filiberto di Savoia e l’attrice Marisa Laurito.

La tradizione del miracolo di San Gennaro, atteso tre volte l’anno – il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre – è un momento di grande devozione per i napoletani, che vedono in questo evento un segno di protezione e speranza.

Durante la sua omelia, l’arcivescovo Battaglia ha collegato il miracolo del sangue con la sofferenza e le difficoltà vissute dalla città. “Questo sangue si mescola sempre con il sangue dei poveri, degli ultimi, con il sangue versato a causa della violenza e del degrado sociale”, ha dichiarato, ricordando tragedie recenti come il crollo di Scampia e l’esplosione di Forcella. Con queste parole, Battaglia ha voluto sottolineare la necessità di una risposta collettiva e solidale alle sfide che Napoli affronta quotidianamente.

L’arcivescovo ha proseguito il suo discorso ponendo l’accento sull’importanza di affrontare le emergenze sociali come opportunità per costruire un futuro di giustizia e pace. Ha menzionato l’emergenza educativa e abitativa come priorità che richiedono interventi immediati, ma che al tempo stesso offrono la possibilità di disegnare una nuova traiettoria per la città. “Occorre avere il coraggio di superare la logica della competizione ad oltranza per abbracciare quella della cooperazione”, ha esortato Battaglia, invitando la comunità a riscoprire il valore della solidarietà e della cura reciproca.

Napoli, città dalle profonde contraddizioni ma anche dalle grandi risorse umane, è stata al centro di un appello accorato a ripartire da quei gesti semplici ma fondamentali che la sorreggono ogni giorno: “Ricorda sempre di custodire con tutto te stessa e ripartire ogni giorno dalle poche cose che contano”, ha detto Battaglia, invitando i napoletani a non voltare mai lo sguardo di fronte alla sofferenza altrui e a lottare per una città più giusta e pacifica.

Il miracolo di San Gennaro, dunque, non è solo un evento religioso, ma un invito a riscoprire la dimensione della solidarietà, della cooperazione e della speranza, elementi essenziali per costruire una Napoli migliore e più equa. Concludendo, l’arcivescovo ha invocato la protezione del santo Patrono affinché il segno del suo sangue “ravvivi sempre in noi il desiderio di realizzare per la nostra terra e per il mondo intero il sogno di Dio”.

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