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‘Migliaia di ucraini in Russia’. Mosca promette vendetta

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“Siamo all’offensiva”. E’ un funzionario della sicurezza ucraina, sotto anonimato, a fornire dettagli di un’operazione, quella delle truppe di Kiev nella regione russa di Kursk, fatta da “migliaia” di soldati con l’obiettivo di “indebolire le posizioni del nemico, infliggere le massime perdite e destabilizzare la situazione in Russia”. E che da giorni sta dando filo da torcere alle forze di Vladimir Putin che dicono di contrastare efficacemente le incursioni nemiche, ma che al tempo stesso ammettono che i soldati di Kiev sono arrivati a lambire villaggi a 25-30 chilometri dalla linea di frontiera. Per questo affronto senza precedenti, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha promesso che l’esercito darà “una dura risposta” all’offensiva nemica, dopo che almeno 15 persone sono rimaste ferite in seguito alla caduta su un condominio dei detriti di un missile ucraino abbattuto nel Kursk. Nel frattempo, le bombe russe sono tornate ad abbattersi sulla regione di Kiev, dove nella notte un raid degli invasori ha colpito un distretto vicino alla capitale uccidendo un padre e il suo bambino di 4 anni, e ferendo altre tre persone.

“Secondo le prime informazioni, i russi hanno utilizzato un missile nordcoreano” su Kiev, ha denunciato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, prima di tornare a chiedere ai partner di togliere qualunque limite nell’uso delle armi occidentali per poter colpire anche in territorio russo. “Abbiamo bisogno di soluzioni che eliminino le restrizioni alle nostre azioni difensive”, ha detto il leader ucraino. “Quando la capacità a lungo raggio dell’ucraina non avrà più limiti, avvicineremo davvero la sua giusta fine”. L’appello del presidente arriva all’indomani della prima chiara ammissione dell’operazione ucraina per “spingere la guerra” in territorio russo. Decine di blindati ucraini sono stati avvistati al confine della regione di Sumy, per partecipare a un’operazione che – ha sottolineato il funzionario anonimo parlando all’Afp – “ha alzato notevolmente il nostro morale”: l’effetto sorpresa sembra infatti aver ridato a Kiev l’iniziativa sul terreno, anche se – ha precisato – le operazioni oltre confine non hanno indebolito l’offensiva di Mosca nell’ucraina orientale: “La situazione è sostanzialmente immutata. La loro pressione nell’est continua, non ritirano le truppe dalla zona”, ma “l’intensità degli attacchi russi è un po’ diminuita”, ha affermato.

Rispondendo alle critiche di chi accusa Kiev di fare lo stesso gioco di Mosca ‘invadendo’ il suo territorio, il funzionario ha sottolineato che nell’incursione a Kursk “non c’è alcuna idea di annessione”. E le truppe “stanno operando in stretta conformità con il diritto internazionale. Non giustiziamo prigionieri, non stupriamo donne, non saccheggiamo”, ha precisato, come a prendere le distanze dai comportamenti di cui sono accusati i russi in ucraina. E in merito alla centrale nucleare di Kursk, Kiev non esclude di spingersi fino a una sua possibile cattura: “Vedremo come si svilupperà l’operazione”. Ma in ogni caso, “non creeremo assolutamente problemi alla sicurezza nucleare. Questo possiamo garantirlo”, ha chiarito, provando a rassicurare l’Aiea che nei giorni scorsi ha esortato entrambe le parti “a esercitare la massima moderazione per evitare un incidente”.

Alla domanda se i partner occidentali fossero stati tenuti all’oscuro dell’offensiva nel Kursk, il funzionario ha detto che si tratta di una ricostruzione “sbagliata”: “A giudicare da quanto attivamente vengono utilizzate le armi occidentali, i nostri partner hanno avuto un ruolo indiretto nella pianificazione”, ha detto.

Il funzionario ha detto di aspettarsi che la Russia “alla fine” riuscirà a fermare le forze ucraine a Kursk, e che con ogni probabilità reagirà all’offensiva con un attacco missilistico su larga scala, compresi “i centri decisionali” inucraina. Kiev si prepara quindi a una inevitabile vendetta di Mosca, che vede nell’incursione una inaccettabile “provocazione” nonostante stia tentando di minimizzarne la portata in patria: secondo il think tank statunitense Isw, il Cremlino ha infatti deciso di ordinare solo un regime antiterrorismo a Kursk – anziché uno stato di guerra o la legge marziale – per prevenire il panico interno o una reazione negativa.

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Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

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Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

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Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

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Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

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New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

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Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

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