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Mes, cresce il pressing sull’Italia: serve all’Eurozona

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Cresce il pressing europeo sull’Italia perché ratifichi il nuovo trattato del Meccanismo europeo di stabilità. Alle dichiarazioni di rispetto per le prerogative parlamentari, questa volta al consiglio economico informale di Santiago di Compostela si è aggiunta una certa preoccupazione per una ratifica che ormai da mesi – tra venti aderenti – manca solo da Roma. “E’ importante non solo per l’Italia ma per l’intera area dell’euro”, è stato l’appello del presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe. Secondo la riforma, il backstop o paracadute del Meccanismo raddoppierà la potenza di fuoco del Fondo unico di risoluzione bancaria all’avvio il prossimo anno. “Negli ultimi anni abbiamo visto quanto rapidamente le condizioni economiche possano cambiare”, ha avvertito Donohoe. E il backstop offre proprio questo “valore della certezza di un supporto”.

L’Eurogruppo aveva chiesto al ministro Giancarlo Giorgetti di dare un aggiornamento sull’iter di ratifica del Mes, giunto in Aula alla Camera il 6 luglio, per un confronto subito sospeso per quattro mesi. Ai colleghi dell’eurozona Giorgetti avrebbe spiegato, in un confronto sul tema durato in realtà solo pochi minuti, tutte le difficoltà a trovare una maggioranza parlamentare per votare la ratifica. Donohoe ha sottolineato che nessuno sa prevedere come andrà, ma che c’è fiducia nell’impegno di Giorgetti. “Gli sforzi comuni nell’Ue dovrebbero far fronte ai potenziali rischi economici futuri ecco perché è così prezioso”. Dal direttore del Mes intanto è stato chiarito che il meccanismo è pronto ad entrare in vigore nell’arco di “giorni o settimane” da una eventuale ratifica italiana. “Dal punto di vista operativo ci siamo”, ha detto Pierre Gramegna.

“La cosa piu’ importante è che il Mes possa sostenere il mandato per cui è stato creato, ossia assicurare la stabilità finanziaria nell’eurozona”. L’appuntamento in Galizia organizzato dalla presidenza di turno avrebbe dovuto far entrare davvero nel vivo il confronto per la riforma del Patto di stabilità, ma dopo mesi di confronto a livello tecnico si registrano pochi progressi a livello politico. La vicepresidente spagnola ha confermato di non aver portato ai ministri Ue alcun documento, confermando solo l’impegno a trovare un accordo entro fine anno. La Francia con il ministro Bruno Le Maire ha chiesto che la governance abbia incentivi “per riforme strutturali” e non impedisca “di investire nell’innovazione, nelle nuove tecnologie e nella lotta contro il cambiamento climatico”. “Tutti parlano della necessità di ripristinare le riserve fiscali e tutti parlano della necessità di consentire gli investimenti”, ha detto da parte sulla il tedesco Christian Lindner.

“Per il governo federale è importante che, oltre ad un accesso realistico, si tenga conto anche del fatto che porti in modo affidabile ad abbassare i deficit e a ridurre i livelli di debito”. Bankitalia, intanto, ha comunicato che il debito pubblico italiano a luglio è aumentato di 10,4 miliardi rispetto al mese precedente, arrivando a 2.858,6 miliardi. Dopo il nuovo rialzo ai tassi annunciato dalla Bce il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni ha invitato a sostenerne gli sforzi con politiche fiscali restrittive. “Non significa tagliare gli investimenti, ma significa, in particolare, eliminare gradualmente tutte le restanti misure di sostegno energetico e garantire che eventuali nuove misure, qualora si rivelassero necessarie, siano molto più mirate ai più vulnerabili”. La presidente della Bce Christine Lagarde ha intanto rivendicato la decisione annunciata ieri chiarendo che anche se l’eurozona crescerà meno del previsto si riprenderà nel 2024: “Crescita debole non significa recessione”.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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Spagna, imprenditore sotto inchiesta denuncia: diedi 350mila euro a ministro e consulente

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L’imprenditore Victor de Aldama (nella foto col premier, che non è sotto accusa in questa inchiesta), uno dei principali accusati della rete di corruzione e tangenti al centro dell’inchiesta nota come ‘caso Koldo’, ha tentato oggi di coinvolgere numerosi esponenti dell’esecutivo, mentre il Psoe ha annunciato azioni legali per diffamazione. In dichiarazioni spontanee oggi davanti al giudice dell’Audiencia Nacional titolare dell’indagine, de Aldama ha segnalato anche il premier Pedro Sanchez, che a suo dire lo avrebbe ringraziato personalmente per la gestione che stava realizzando a favore di imprese spagnole in Messico, della quale “lo tenevano informato”, secondo fonti giuridiche presenti all’interrogatorio citate da vari media, fra i quali El Pais e Tve.

Al punto che lo stesso presidente avrebbe chiesto di conoscerlo, per ringraziarlo, in un incontro che – a detta dell’imprenditore, presidente del club Zamora CF e in carcere preventivo per altra causa – avvenne nel febbraio 2019 nel quartiere madrileno di La Latina, durante un meeting socialista. Un incontro che sarebbe documentato nella fotografia con Pedro Sanchez, pubblicata da El Mundo il 3 novembre scorso. Il presunto tangentista avrebbe sostenuto che Koldo Garcia, da cui deriva il nome del ‘caso Koldo’, divenne consulente dell’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, per decisione dello stesso Sanchez. Avrebbe sostenuto, inoltre, di aver consegnato tangenti per 250.000 euro ad Abalos e per 100.000 euro Koldo Garcia, arrivando a dire “io non sono la banca di Spagna, state esagerando”, secondo le fonti citate.

La rete di corruzione si sarebbe avvalsa dell’ex segretario di organizzazione del Psoe, Santos Cerdàn, al quale Aldama sostiene di aver consegnato una busta con 15.000 euro. Il tangentista avrebbe affermato anche si essersi riunito in varie occasioni con la ministra Teresa Ribera, per un presunto progetto di trasformazione di zone della Spagna disabitata in parchi tematici, secondo fonti giuridiche citate da radio Cadena ser. Un progetto al quale avrebbe partecipato anche Javier Hidalgo, Ceo di Globalia e al quale fu presente, in almeno una riunione, Begona Gomez, moglie di Pedro Sanchez. Fonti governative, riportate da Cadena Ser, definiscono un cumulo di menzogne le dichiarazioni di Aldana, che “non ha alcuna credibilità” ed è in carcere preventivo, per cui punterebbe a ottenere un trattamento favorevole in una prevedibile condanna.

“Il presidente del governo non ha né ha avuto alcuna relazione” con Aldama, segnalano le fonti. “Tutto quello che dice è totalmente falso”, ha dichiarato da parte sua ai cronisti Santos Cerdàn, “Questo signore non ha alcuna credibilità, sta tentando di salvarsi dal carcere. Non ha alcuna relazione con il presidente del governo, io non ho ricevuto mai denaro da lui e non lo conosco”, ha aggiunto l’esponente socialista, annunciando azioni .giudiziarie. Lo stesso ha fatto il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, che ha confermato “azioni legali” del partito della rosa nel pugno “perché la giustizia chiarisca tutte queste menzogne”.

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