Collegati con noi

Salute

Meno Covid ma nei reparti salgono polmoniti da influenza

Pubblicato

del

In Italia continua a preoccupare l’andamento dell’influenza che nelle ultime settimane continua a circolare con forte intensità e sta riempendo reparti e terapie intensive (fino al 20% in più rispetto allo scorso anno) anche di casi seri. Lo conferma l’ultima rilevazione della rete sentinella della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso). “La pressione sugli ospedali non accenna a diminuire per via dell’influenza”, spiega il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore. “Stiamo purtroppo vedendo polmoniti gravi non dovute al Covid ma alle conseguenze dell’influenza anche nelle terapie intensive. Dobbiamo essere ancora prudenti perché nelle prossime settimane vedremo anche sugli ospedali gli effetti della riapertura delle scuole”, ha aggiunto. La discesa dei Covid, invece, continua. Calano bruscamente (-27%) i ricoverati ‘con Covid’, pazienti in ospedale per altre cause ma risultati positivi al coronavirus, segno di una riduzione anche della circolazione del virus SarsCoV2. Scendono (-10%) anche i ricoverati ‘per Covid’. I ricoverati sono in genere pazienti anziani (l’età media è di 77 anni) e quasi nella totalità dei casi hanno altre patologie che aggravano il quadro clinico.

Scendono anche (-27%) i pazienti Covid ricoverati nelle terapie intensive. Non ci sono invece bambini in terapia intensiva, mentre i ricoveri pediatrici, che hanno soprattutto tra 0 e 4 anni, sono in calo del 15%. Completamente diverso invece lo scenario dell’influenza. L’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza Area Critica (Aaroi-Emac) ha segnalato “un aumento dei ricoveri per polmoniti virali non legate al Covid e dall’inizio della stagione influenzale stimiamo un aumento di circa il 20% per questo tipo di ricoveri”. Inoltre, per il il presidente Aaroi-Emac Alessandro Vergallo, “stiamo riscontrando un discreto aumento anche della gravità di queste polmoniti rispetto al passato”. In particolare, “vediamo queste polmoniti in soggetti anziani che dovrebbero fare per diritto il vaccino, ma abbiamo osservato brutte polmoniti anche in 40-50enni”, precisa Francesco Pugliese, responsabile del Dea, Dipartimento di emergenza-urgenza, del Policlinico Umberto I.

Secondo Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in Roma e professore di Microbiologia all’UniCamillus e International Medical University di Roma, questo fenomeno, “è dovuto ai virus influenzali che quest’anno sono particolarmente aggressivi e alla presenza di altri virus, come quello respiratorio sinciziale, che può creare problemi soprattutto ai bambini al di sotto di 1 anno e agli anziani. Ci sono poi anche batteri e Covid che, comunque, non è sparito”, afferma Perno, secondo cui a contribuire alla severità dei sintomi osservati quest’anno potrebbe esserci anche un aspetto legato “al nostro sistema immunitario: ci siamo protetti per tre anni dal Covid e da tutti gli altri patogeni respiratori e il nostro sistema immunitario si è un po’ addormentato”, spiega.

“Scontiamo ancora un residuo di questo fenomeno, ma stiamo tornando lentamente alla normalità”. Sul fronte Covid invece da Ginevra arriva un bilancio sul dato più drammatico della pandemia, quello sulla mortalità. “Purtroppo alla fine del 2023 abbiamo superato la soglia dei 7 milioni di decessi per Covid-19 segnalati. 7.010.586, per l’esattezza. Il vero bilancio delle vittime è più alto, con stime di oltre 3 volte più morti a livello globale”, spiega Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per Covid-19 all’Oms, che ha annunciato così, su X (ex Twitter), il superamento dell’ennesimo traguardo negativo della pandemia. “Covid-19 è ancora una minaccia globale e non possiamo augurarci che scompaia”, ha aggiunto. (

Advertisement

In Evidenza

Sciopero medici e infermieri: ora dimissioni di massa

Pubblicato

del

Chiedono “rispetto” e urlano “vergogna” al governo, che ha messo in campo una manovra “senza risorse sufficienti per salvare il Servizio sanitario nazionale ed i suoi professionisti”. Medici ed infermieri oggi sono scesi in piazza per lo sciopero nazionale di 24 ore indetto da Anaao Assomed (medici ospedalieri), Cimo Fesmed e Nursing up: se non basterà, è il messaggio dei sindacati dal palco della manifestazione a Piazza Santi Apostoli a Roma, “andremo avanti, fino alle dimissioni di massa”. La protesta ha toccato un’adesione dell’85% secondo i sindacati, ma il ministro della Salute Orazio Schillaci, al Tg1, sottolinea: “Verificheremo domani quelli che saranno i dati ufficiali sull’adesione allo sciopero, credo inferiori a questi numeri”.

E’ stata comunque bassa l’adesione media in Veneto (sotto il 5%) ed in Umbria è stata invece alta “l’adesione morale”: molti medici sono andati al lavoro per garantire lo smaltimento delle liste d’attesa rinunciando al pagamento della giornata. Da parte sua, Schillaci ha sottolineato che “questo è il governo che ha messo più soldi sulla sanità pubblica: sono stati stanziati oltre 35 miliardi nei prossimi 5 anni. Abbiamo aumentato le indennità di specificità dei medici e l’abbiamo introdotta anche per gli infermieri, e spero che nella manovra si possa aggiungere qualcosa su questo capitolo”. Quanto alle affermazioni della leader del Pd Elly Schlein secondo cui il governo “sta smantellando la sanità pubblica”, Schillaci commenta: “Credo che questa sia solo propaganda”.

Negli ospedali non sono comunque mancati i disagi, anche se la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) ha precisato che lo sciopero di medici, dirigenti sanitari, infermieri e altre professioni sanitarie ha fatto registrare limitate criticità nell’erogazione dei servizi ai cittadini, con “minimi disagi rilevati a macchia di leopardo nel territorio nazionale”. Secondo i sindacati, però, a saltare sono stati 1,2 milioni di prestazioni: i servizi di assistenza, esami radiografici (50mila), 15mila interventi chirurgici programmati e 100mila visite specialistiche. Garantite, invece, le prestazioni d’urgenza. La protesta, precisano le organizzazioni – che parlano anche di un eccesso di precettazioni da parte delle Asl – non è ovviamente ‘contro’ i cittadini: “Se siamo qui in piazza – afferma il segretario Anaao, Pierino Di Silverio, dal palco – è proprio per i pazienti.

Negli ospedali le condizioni sono ormai inaccettabili”. Sfidando la pioggia ed il cielo grigio, circa 1000 tra medici e infermieri affollano muniti di bandiere la piazza romana. Le parole più urlate sono ‘Rispetto’ e ‘Vergogna’. Di Silverio, con i presidenti di Cimo Guido Quici e di Nursing up Antonio De Palma, espone le ragioni della protesta: “Viviamo in una condizione che definire drammatica è poco: stipendi bassi, strutture fatiscenti, violenza, assenza di medicina sul territorio. E dopo 15 anni di costanti disinvestimenti nella Sanità pubblica, il governo non si vergogna con questa manovra di elargire 14 euro in più al mese ai medici e 7 agli infermieri, a fronte di zero assunzioni e di una legge di Bilancio 2025 che conferma la riduzione del finanziamento per la sanità”.

E la protesta non finisce con lo sciopero di oggi: “Arriveremo ad azioni estreme e alle dimissioni di massa”. Medici e infermieri si sono rivolti anche alla premier Giorgia Meloni, con una lettera in cui denunciano investimenti insufficienti e chiedono un rilancio vero del Ssn ed un incontro urgente. Solidarietà arriva dai medici di famiglia della Fimmg: “Se necessario, anche la Medicina Generale è pronta ad azioni di protesta”. Vicinanza è espressa da esponenti del Pd, mentre Angelo Bonelli (Avs) ricorda che 4,5 milioni di italiani rinunciano alle cure a causa delle lunghe liste d’attesa e 2,5 milioni non possono permettersele per ragioni economiche. Netta, invece, la posizione di FdI: “Rispetto lo sciopero, ma stiamo facendo il possibile per migliorare la situazione”, afferma il vicecapogruppo alla Camera, Alfredo Antoniozzi.

Continua a leggere

Salute

Tumori, in Italia 2 milioni di giovani non protetti da virus hpv

Pubblicato

del

In Italia oltre 2,2 milioni di giovani non sono protetti contro il papillomavirus Hpv e corrono il rischio di contrarre il virus e di diffonderlo. L’11% delle donne, d’età compresa fra i 25 e i 64 anni di età, non ha mai fatto l’Hpv o il Pap test per lo screening del tumore alla cervice uterina. Il 13% di loro invece non lo ha svolto negli ultimi 3 anni.

Dati non confortanti e che allontanano il raggiungimento dell’obiettivo di Sanità pubblica proposto dall’Oms di eliminare il carcinoma cervicale nei prossimi anni. Perciò la Fondazione Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), con il supporto di Siti (Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica) rivolge un appello alle Istituzioni affinché si metta in campo un piano di recupero per la prevenzione.

“Chiediamo al Governo l’impegno per l’approvazione di un Piano straordinario per l’eliminazione dei tumori Hpv correlati attraverso il recupero delle vaccinazioni anti-Hpv e dello screening cervicale. Bisogna abbassare il tasso di incidenza di questa neoplasia a meno di 4 casi su 100mila”, è la richiesta degli oncologi in occasione del convegno ‘Le azioni per un’Italia Hpv-free entro il 2030’ che si è tenuto alla Camera nella Giornata mondiale contro il tumore della cervice uterina, per iniziativa di Annamaria Patriarca (membro Commissione Affari Sociali di Montecitorio).

“In totale ammontano a oltre 7.500 le neoplasie che ogni anno vengono provocate dal pericoloso virus – sostiene Alessandra Fabi, membro del Direttivo nazionale Aiom -. Non vi è solo il carcinoma della cervice uterina ma anche quote rilevanti di quello all’ano, vulva, vagina, pene, orofaringe, cavo orale e laringe. Bisogna poi aggiungere altri casi di malattie come le displasie cervicali. Ridurre l’incidenza di tutte queste patologie è possibile fino ad eradicarle completamente. Vi sono già esempi virtuosi di alcuni Paesi, tra cui l’Australia, che stanno raggiungendo un obiettivo importante e soprattutto non impossibile. Vanno però presi subito alcuni provvedimenti per incentivare e potenziare la prevenzione oncologica primaria e secondaria”. A Montecitorio è stato presentato un documento di Fondazione Aiom e Siti con alcune proposte concrete da attuare a livello nazionale e regionale.

Continua a leggere

In Evidenza

Antibioticoresistenza, attese 10 milioni vittime entro il 2050

Pubblicato

del

Si stima che entro il 2050, le infezioni causate da batteri resistenti potrebbero provocare fino a 10 milioni di morti l’anno a livello globale, con costi economici che supererebbero i 100 trilioni di dollari. In Europa, l’Antimicrobicoresistenza (Amr) è responsabile ogni anno di quasi 700 mila infezioni e oltre 30 mila decessi, con un impatto economico stimato intorno a 1,5 miliardi di euro. Lo ricordano gli esperti dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli) in occasione della Giornata europea per l’uso consapevole degli antibiotici, nell’ambito della più ampia settimana mondiale della consapevolezza antimicrobica.

“Il problema è urgente e globale: gli antibiotici sono essenziali per la medicina moderna, permettendo di trattare infezioni potenzialmente mortali e di eseguire interventi complessi in sicurezza – afferma il Segretario del Comitato di Studio per gli Antimicrobici (Cosa) Tommaso Giani dell’Università degli Studi di Firenze -. Una perdita di efficacia di questi farmaci comporta un grave impatto sulle capacità della medicina contemporanea, con conseguenze su interventi chirurgici, trapianti e trattamenti per pazienti oncologici e immunocompromessi”.

In Italia, i dati mostrano una delle più alte incidenze di resistenza antibiotica rispetto agli altri Paesi europei. All’interno delle strutture sanitarie italiane si registrano numerosi casi di batteri multiresistenti, capaci di resistere a più classi di antibiotici e, in alcuni casi, a tutti i trattamenti disponibili. “L’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli) è da sempre in prima linea per contrastare il problema dell’Amr con molteplici iniziative di formazione, ma soprattutto con il lavoro quotidiano del Microbiologo clinico, grazie anche a tecnologie innovative che permettono sia di accorciare i tempi della diagnostica delle infezioni gravi sia di identificare più precocemente eventuali patogeni multiresistenti, con un importante impatto sull’ottimizzazione della terapia antibiotica e sull’implementazione delle opportune misure di infection control per limitare la diffusione dei batteri multiresistenti”, spiega Pierangelo Clerici, presidente Amcli.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto