Mi pare che la faccenda continui a girare in tondo. I turchi stanno scalando le mura della città, ormai, ma i maggiorenti di Costantinopoli continuano a discettare inesausti sul sesso degli Angeli.
Non c’è famiglia italiana, ormai, senza almeno un infetto in casa. E’ la variante Omicron, bellezza! Contagiosissima. Capace di disconoscere la fratellanza virale e di ficcarsi nelle cellule perfino di chi il Covid l’ha avuto: una o più volte. Il Paese si avvia verso un lockdown di fatto. San Vaccino sta facendo la parte che ci aspettavamo da lui. Ma importante almeno quanto il vaccino, in tre dosi, è la narrativa della “variante influenzale”. Speriamo che regga alla verifica scientifica, che per ora ancora non c’è ma che speriamo non tardi a venire.
Detesto il verbo sperare in politica come nelle condotte pubbliche. Ma adesso dico: speriamo. Prima che gli ospedali si intasino del tutto e si installino logiche sanitarie d’emergenza, con medici costretti a decidere chi curare e chi scartare a causa di una pandemia capace di mandare in palla il SSN per il terzo inverno consecutivo, nell’ultimo esattamente come nel primo. Le ambulanze di Napoli, in fila davanti al Cotugno, richiamano alla mente annichilita di tutti noi le bare di Bergamo. Ciò significa che affidando la sanità pubblica alle sole misure di prevenzione vaccinale, “la struttura del sistema” non è stata intaccata in questi due anni. Due anni! Se ne potevano fare di cose, oltre che limitarsi ad “attendere” il vaccino, prima, e poi a “somministrarlo”. Una concezione del tutto p.a.s.s.i.v.a. ed e.m.e.r.g.e.n.z.i.a.l.e, della pandemia. Qualcosa che avrebbe fatto fremere di sdegno le Magistrature di sanità pubblica che, prime in Europa, hanno affrontato con i mezzi di allora il governo degli spazi epidemici di questo nostro Paese dopo la Peste Nera del Boccaccio.
A quelli del bla-bla infinito -comprendendo in un unico, insopportabile salotto, replicanti conduttori di talk show, politicanti ormai acquattati attorno al Colle, e medici tuttologi- a costoro ecco vorrei dire, se riescono a tacere un minuto, di ascoltare coloro che provano a leggere con metodo scientifico i dati diluviali che ci sommergono quotidianamente. Sto parlando, si capisce, di Fondazione Gimbe (https://www.gimbe.org/) e di Fondazione Hume (https://www.fondazionehume.it/).
Non provo nemmeno a dire loro le tre cose che mi stanno a cuore, ai fini di un ragionamento strutturale sull’epidemia che ci impedisca di essere qui, nel gennaio del 2023, a raccontarci le sequenze demenziali di cui ci riempiamo oggi la testa. Le dico invece ai lettori, perché ci facciano un pensiero.
La prima ha a che fare con la cura del Covid. Siamo terribilmente indietro, considerando la medicina vaccinale. Di più, quei pochi e modesti farmaci innovanti, vengono immessi nel tritacarne delle nostre istituzioni, trasformate in micidiali macchine burocratiche. Parecchio istruttivo è l’esempio della pillola antivirale Merck (molnupiravir), approvata qualche giorno fa dall’AIFA, la nostra agenzia regolatoria, e insieme reso burocraticamente inoperante dalla stessa AIFA.
La seconda ha a che fare con la produzione del vaccino. Il mondo contemporaneo ha memoria corta e vacillante, si sa. Ma come è possibile dimenticare così in fretta quel che è successo con i rifornimenti di vaccini lo scorso anno? Come è possibile dimenticare che le logiche accumulative del capitale non guardano in faccia a nessuno: non perché sono cattive in modo deliberato, si capisce, ma perché sono così come sono, è la loro natura, se possiamo dire. O le prendi, o le molli, o le aggiri, neutralizzandone gli effetti devastanti sulle società umane. Come dimenticare, infine, che sui presidi farmacologici e le tecnologie sanitarie si giocano partite geopolitiche di primaria grandezza? Cina, India, Russia, Stati Uniti: in quale balletto vogliamo rimanere intrappolati? E dunque: qualcuno sente ancora parlare di produzione nazionale di vaccini, di garanzie europee per la produzione europea di vaccini?
La terza infine, e per fermarci qui, ha a che fare con la “medicina territoriale”. Che fine ha fatto quella riforma, che nella primavera scorsa sembrava indispensabile proprio in vista della tenuta ospedaliera del SSN. Il “dottore” è veramente scomparso, come dice il grande storico e filosofo della medicina Giorgio Cosmacini (La scomparsa del dottore, Cortina, Milano, 2013), e nessuno è più in grado di trovarlo nell’oscura faccia lunare in cui vagola?
Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.
“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.
Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.
“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.
Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).
Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.
Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.